Con le mani nel piatto
Bambini, oggi faremo un viaggio indietro nel tempo alla scoperta di cosa mangiavano gli antichi romani. Questa attività si chiama Le mani nel piatto perché toccheremo, annuseremo e soprattutto mangeremo alcune cose… Ma secondo voi come siamo riusciti a sapere com’erano fatti questi cibi di duemila anni fa?. Pronta, si leva una vocina: L’abbiamo letto sui libri!. Bravissima! – approva Lucia -. Abbiamo preso le ricette tramandate da uno storico dell’antichità che si chiamava Plinio, uno che andava a curiosare nei ristoranti dell’antica Roma, e per sentire che gusto avevano ce le siamo fatte rifare tali e quali dai cuochi di oggi… (1). Ci troviamo nel sito archeologico di Ostia Antica, presso il laboratorio didattico adiacente al nuovo antiquarium, dove alcuni bambini e bambine delle prime classi elementari hanno appena visitato la mostra Le vie del cibo ad Ostia. Si sono avvicendate a illustrargliela l’archeologa Lucia Piastra, che gestisce il servizio educativo della Soprintendenza ostiense (funzionaria responsabile la dottoressa Margherita Bedello), e la restauratrice Fiorella Fazio. Fa caldo, ma i bambini non sembrano farci caso, via via accesi d’interesse sotto gli occhi dei genitori, discreti come angeli custodi: i protagonisti, oggi, sono infatti proprio loro, i più piccoli. Per praticità sono divisi in due gruppi, che poi si alterneranno per le spiegazioni… o meglio per i giochi. Perché di gioco si tratta, il modo più adatto alla loro età di accostarsi a quest’altro pianeta che è il mondo antico. Per non perderci la spiegazione di Lucia sbirciamo anche noi all’interno del locale di servizio trasformato in laboratorio didattico, dove occhieggia una serie di piatti, bicchieri, vasetti con vari generi alimentari e strane polverine. Alzi la mano a chi piace il kech up!… Ebbene, noi abbiamo trovato la ricetta del kech up degli antichi romani. Si chiama garum, ed era una salsa ricercatissima. Pensate che costava 100 sesterzi – la moneta del tempo – per un litro e mezzo, che equivale a 6000 euro: quindi tanti, eh? Vi dico come è fatto. Secondo Plinio, bisogna prendere le budella e altre parti dei pesci che altrimenti si butterebbero via, e lasciar fermentare il tutto sotto sale per 60 giorni…. Nonostante si siano sentite varie esclamazioni di disgusto, la maggioranza accetta coraggiosamente, se non di assaggiare il prelibato garum, almeno di annusarlo: rimanendo però impassibili – avverte Lucia -, per non far capire al compagno se è sgradevole o meno…. Si passa poi al vino. Attenzione: gli antichi romani non lo bevevano puro come noi, ma preferivano mescolarlo con acqua e miele. Il risultato era il mulsum: sentirete che bontà… Poi faremo un viaggio negli odori con le spezie. Cosa leggete sopra questo cartello? Laser. È il nome di una erbetta che si aggiungeva all’arrosto per insaporirlo… Pensate, gli antichi romani la facevano venire (e mostra una ampolla contenente un fondo di polvere gialla) addirittura dalla Persia. Tanto era preziosa che la conservavano nel tempio di Saturno, quasi fosse una banca. Oggi quell’erba si trova solo in Afghanistan, da dove appunto hanno potuto mandarcene solo un po’…. A turno i piccoli annusano le varie spezie: odori gradevoli, odori strani, altri decisamente disgustosi. Fantasiose certe risposte alla domanda cosa vi ricorda?: chi risponde matita temperata, chi casa di mia zia, e chi ancora ascelle… Andiamo a curiosare cosa succede sotto il vicino gazebo, dove il gruppo di Fiorella è alle prese con alcune cassette piene di cocci: Questi – sta spiegando la restauratrice – sono frammenti di anfore, i container dell’antichità: servivano a trasportare olio, vino, grano e altre merci sulle navi che arrivavano qui nel porto di Ostia da tutto il Mediterraneo… A proposito, lo sapevate che gli archeologi lavorano anche con l’olfatto? Seppure raramente e in determinate condizioni ambientali alcune anfore, infatti, hanno conservato l’odore delle cose che trasportavano… Adesso passiamo a questi utensili da cucina: pentole, coperchi, tegami e quant’altro… Qui invece abbiamo oggetti che servivano per apparecchiare la tavola; i più decorati, per quando c’erano ospiti…. Intanto, gli altri bambini si divertono a immergere le mani in due piatti con due diversi tipi di farina – di farro e di grano – per sentire la differenza. Si passa poi ad assaggiare una pagnotta di farro. Vero ch’è buona? – s’informa Lucia -. Ciò nonostante, da un certo momento in poi questo pane è passato di moda perché era considerato il pane dei poveri, degli schiavi, dei gladiatori…, però continuavano ad usarlo quando ci si sposava: durante la cerimonia che si chiamava confarreatio, appunto, gli sposi e la sposa ne mangiavano insieme un pezzetto… Ora facciamo merenda con la sapa, una salsina niente male fatta col vino cotto. Assaggiatene un po’ sul pane e poi ditemi a cosa somiglia. Chi risponde caramello, chi miele e chi marmellata… Per un po’ i bambini non si sentono tanto diversi dai loro coetanei dell’antica Roma. Un po’ meno successo ha l’equivalente del Philadelphia, ossia il moretum, sorta di formaggio alle erbe. E adesso – siamo ritornati da Fiorella e i suoi -, facciamo il lavoro dell’archeologo: ricostruire da tanti frammenti l’oggetto intero. È come fare un puzzle. Chi vuole provare? Francesco, il figlio, si fa avanti per primo: Eh no, non vale – scherza la restauratrice -: tu lo conosci già questo gioco…. Gli altri maneggiano i cocci, tentano di accostarli. Questo a cosa appartiene secondo te? Guardalo bene… qui c’è una curva, quindi vuol dire che continuava… Sì, aggiungi quest’altro pezzo: brava!. Trionfante la bambina mostra un mezzo piattino ricomposto. Oggi si conclude questa attività, che nell’arco di nove giorni ha visto impegnati circa cinquecento bambini: una iniziativa che non sarebbe stata possibile senza la dedizione di Lucia e Fiorella, che si sono rivelate una accoppiata formidabile. Tra l’altro – spiega la seconda – è risultata a costo zero grazie all’aiuto di sponsor. Siamo più che soddisfatte e ringraziamo il soprintendente, la dottoressa Anna Gallina Zevi, che ha accolto con entusiasmo la nostra idea. I bambini sono stati recettivi, e ci sembra che abbiano imparato ad accostare con un’attenzione diversa, rispetto e senso critico quanto ci è pervenuto dell’antichità. Fiorella dovrebbe occuparsi esclusivamente di restauro, ma volentieri ha aderito all’invito di Lucia a collaborare ad alcuni corsi: è il caso del laboratorio terra, dove facendo un gioco di ruolo i bambini sono giunti a scoprire le competenze di una équipe professionale all’interno di uno scavo archeologico. Sono esperienze-pilota che hanno riscosso grande interesse nelle varie scuole del Lazio in convenzione con la Soprintendenza ostiense, come anche nell’università di Pisa e nel servizio educativo della Soprintendenza delle Marche. E che si spera abbiano un seguito. Lo scopo – mi spiega Lucia – è di dar vita, nel territorio, a progetti didattico- culturali per educare alla cittadinanza, completamente gratuiti. La scuola elementare Fanelli Marini di Ostia Antica è stata la prima: già da qualche anno per le sue classi si organizzano visite guidate sia all’area archeologica che al vicino castello di Giulio II. A far da guida sono gli stessi ragazzi, alunni delle medie preparati da me col supporto degli insegnanti e il coinvolgimento anche dei genitori. Queste miniguide – precisa a sua volta Fiorella – lavorano in tandem: un alunno di prima media fornisce la spiegazione generale del monumento, poi subentra uno di terza, che lo affronta invece dal punto di vista conservativo: condizione necessaria, questa, per garantirne la fruizione anche per le generazioni future. Dopo essere riuscite ad appassionare i giovanissimi al patrimonio storico-artistico del territorio, facendo scoprire le affinità con un passato ricco di valori sui quali è stato edificato il mondo in cui viviamo, le due amiche hanno avviato contatti con gli adolescenti di un liceo scientifico di Maccarese per un progetto analogo. Il gioco continua. VALORIZZARE SENZA BANALIZZARE Il laboratorio didattico Le mani nel piatto (21-29 maggio) si è svolto nell’ambito della mostra Le vie del cibo ad Ostia (20 maggio-21 settembre), a sua volta inserita nella grande rassegna Cibi e sapori nell’Italia antica: tema, questo, scelto per tutti i musei e le aree archeologiche statali per il periodo novembre 2004-novembre 2005. Con tali grandi mostre tematiche, la Direzione generale per i Beni archeologici si propone non tanto di spettacolarizzare la cultura, bensì di avvicinarne i contenuti ad un pubblico più vasto, senza banalizzarli. L’interesse suscitato nei non specialisti dalle precedenti rassegne sull’agonismo (2002-2003) e sulla moda (2003- 2004) dimostra l’efficacia di questa politica di valorizzazione del nostro patrimonio antico.