Comunità ucraina in Italia, sostegno ai profughi

La testimonianza di Oles Horodetskyy, presidente dell’Associazione cristiana degli ucraini in Italia, sulle reti di sostegno alla popolazione civile che fugge dalle zone di conflitto. Il rapporto con governo e istituzioni italiane  
Ucraina, rifugiati (AP Photo/Markus Schreiber)

Cupe notizie dall’Ucraina e non potrebbe essere altrimenti. L’invasione russa ha trascinato il mondo intero di fronte al dramma ucraino, una tragedia in più atti avviata già da otto anni e volutamente ignorata dall’Occidente fino a qualche giorno fa.

Non possiamo sapere oggi quali scenari geopolitici si profilano all’orizzonte, le uniche certezze rappresentano gli effetti sulla popolazione ucraina, martoriata dalle bombe russe. La reazione di Kiev non si limita all’attesa, ovviamente.

L’esodo ucraino è iniziato sin da subito, centinaia di migliaia di persone stanno abbandonando il proprio Paese. Abbandonano le auto, incolonnate per chilometri ai confini con Polonia e Romania, e procedono a piedi, marciando nel gelo.

Il rischio è che si venga a profilare un nuovo effetto Siria, con lo svuotamento massivo della popolazione residente.

L’Unicef stima che i profughi ucraini saranno tra i 4 e i 7,5 milioni nei prossimi mesi, mentre per UNHCR sono già mezzo milione gli sfollati nei Paesi limitrofi. Sembra che per loro l’Unione Europea potrebbe applicare la direttiva per la protezione temporanea degli sfollati.

La nutrita comunità ucraina in Italia è sempre stata attiva nel supportare i connazionali rimasti in patria, ma in questi giorni la mole di lavoro si è decuplicata.

La punta dell’iceberg sono i sit-in in piazza: partecipati e pacifici, degli ucraini d’Italia. A Roma, il 27 febbraio scorso, c’erano ottomila persone in strada. La proiezione del giallo e del blu della bandiera ucraina sul Colosseo e sul Campidoglio non esauriscono il corposo flusso di attività realizzate dalla rete ucraina in Italia.

Tra loro Oles Horodetskyy, presidente dell’Associazione cristiana degli ucraini in Italia. Horodetskyy svolge da anni un lavoro di coordinamento tra gli ucraini presenti in Italia, in questo momento le priorità – ci dice – sono due: «dobbiamo mandare beni di prima necessità, medicinali, cibo e vestiti, in Ucraina e favorire la protezione degli sfollati più fragili».

Vi state preparando ad accogliere i vostri connazionali?
Assolutamente sì, ma ci sono dei problemi tecnici. Abbiamo a disposizione autisti e autobus per portare aiuti umanitari in Ucraina e portare via anziani e bambini, ma con la legge marziale ci sono delle difficoltà burocratiche, che stiamo risolvendo. Gli autisti ucraini, a causa della legge marziale, non possono abbandonare l’Ucraina.

Fino ad ora siete riusciti a fare qualcosa?
Sono già partiti i primi carichi di medicinali. Abbiamo anche accolto i primi sfollati, siamo pronti.

State coinvolgendo le istituzioni italiane?
Vogliamo realizzare un tavolo tecnico di confronto con il Governo italiano – il referente è l’onorevole Della Vedova, sottosegretario di Stato per gli Affari Esteri e la Cooperazione Internazionale nel Governo Draghi – con i partiti più sensibili alla questione (PD, Italia Viva e +Europa), con la Chiesa Cattolica, la Caritas e con le associazioni caritatevoli. L’accoglienza mirata dei profughi è l’obiettivo primario.

Ci sono episodi complicati?
Ci sono situazioni ibride che stiamo seguendo. Una donna è venuta in Italia per una visita di controllo del figlio, presso l’ospedale Bambino Gesù. Attualmente è bloccata qui e la stiamo supportando. Ci sono altre situazioni come questa, come una ragazza che è venuta per un concorso e non è potuta tornare in Patria.

Qual è la reazione dei civili in patria?
Sono moltissimi i civili che vogliono arruolarsi nell’esercito regolare ucraino. Fanno 3, 4 ore di fila per consegnare i documenti e ricevere un kalashnikov. In molti stanno partendo anche dall’Italia, c’è voglia di resistere all’invasione.

 

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