Una comunità che si oppone alla “cupola”
Da due anni partecipo, una volta alla settimana, alle udienze del processo Gotha, che vede imputati, secondo l’impianto accusatorio, “la cupola” della ‘ndrangheta reggina, sopra la quale è stata individuata una “componente riservata“, che farebbe da cerniera tra l’ambito “visibile” e quello “occulto” dell’organizzazione criminale.
Da cosa nasce tale coinvolgimento di una realtà come la nostra che non ha nel suo statuto, come altre organizzazioni (ad esempio Libera), la specifica lotta alla criminalità? Nell’atto di costituzione come parte civile, abbiamo subito sottolineato che la Comunità di vita cristiana (Cvx), come vien descritto nei suoi principi generali, «partecipa, in un continuo impegno nella costruzione del Regno, alla missione evangelizzatrice della Chiesa e ricerca risposte concrete al bisogno urgente di lavorare per la giustizia, attraverso l’opzione preferenziale per i pover».
La Cvx italiana svolge un servizio di formazione, di azione e di attenzione alle emergenze territoriali, promuovendo e coordinando iniziative di solidarietà, come è scritto nel suo statuto, «proponendosi di dare risposta ai bisogni sociali, economici e politici del territorio».
La nostra comunità locale, ad esempio, porta avanti da 25 anni un “Centro servizi migranti” dove fornisce, gratuitamente e senza accedere ad alcun fondo pubblico: a) assistenza medica anche specializzata (odontoiatria, cardiologia, pediatria, radiologia di base); b) assistenza legale che cerca di risolvere questioni giuridico-amministrativo per aiutare i migranti a liberarsi dalle schiavitù che spesso subiscono nei Paesi di origine; c) doposcuola per i figli dei migranti, che spesso sono in difficoltà con l’italiano e le altre discipline scolastiche; d) uno sportello d’ascolto che mette al centro lo straniero perché venga accompagnato in un percorso di integrazione; e) una bottega alimentare per chi, soprattutto agli inizi, non ha alcun mezzo di sussistenza.
Le persone della comunità sono, inoltre, direttamente impegnate nel movimento Reggionontace, nato con l’obiettivo di risvegliare le coscienze e promuovere l’assunzione di responsabilità diretta contro la cultura della delega, o, peggio, dell’indifferenza.
Gli imputati del processo Gotha, attraverso le azioni indicate nel decreto che dispone il giudizio, sono accusati di commettere una serie di delitti contro i diritti fondamentali dell’uomo, minacciando la vita di tutti.
La ‘ndrangheta si rafforza e consolida “il suo particulare” infiltrando propri uomini in attività strategiche per lo sviluppo economico, sociale e culturale della nostra città. In tal modo condiziona, ostacola e orienta il diritto di voto dei cittadini. Il quadro descritto sembra deprimente, ma la costituzione come parte civile da parte di una comunità che soffre, lotta e spera è un atto concreto di un “laboratorio di partecipazione e martirio”.
Desideriamo e operiamo, perché la nostra città sia conosciuta per la vitalità della società civile: Reggio può diventare un modello anche per altre realtà italiane. Noi crediamo che questa terra possa qualificarsi come luogo in cui sia possibile sperare e in cui i nostri figli possano ritrovare il senso di appartenenza, ponendo le basi per la costruzione di una nuova umanità, portando dentro un grande desiderio di pace.
Il nostro ideale può sintetizzarsi nell’espressione Ubuntu, tanto cara al leader anti-apartheid Nelson Mandela: “io sono ciò che sono in virtù di ciò che tutti siamo“.
Giuseppe Licordari è il referente della Cvx-Lms (Comunità di vita cristiana-Lega missionaria studenti) di Reggio Calabria e partecipa al coordinamento di Reggionontace.
Per approfondire, vedi articolo “Se Reggio non tace” sul numero di luglio 2019 di Città Nuova