Comunità musulmana e Focolari uniti nel no alla violenza
«Siamo qui perché proviamo rabbia davanti a quello che è accaduto a Parigi, e perché vogliamo urlare al mondo che il Dio nel cui nome quegli uomini hanno agito non è il nostro Dio». Riassume così Mohammed Hassani, uno dei membri del Gruppo Giovani Partecipazione Solidarietà Musulmana (Psm), le ragioni che hanno portato i membri della comunità musulmana di Udine a riunirsi per una manifestazione nel pomeriggio di sabato 10 gennaio.
Un'iniziativa organizzata all'ultimo momento, ma che è riuscita comunque a raccogliere un gruppo, se non molto numeroso, quantomeno molto variegato: mamme velate con i bambini nel passeggino, ragazzi e ragazze di seconda generazione, l'imam e il presidente del Centro Islamico della città, e alcuni membri del Movimento dei Focolari, che hanno accolto l'invito ad unirsi ai loro amici. Anche l'assessore alla cultura Federico Pirone e il sindaco Furio Honsell hanno voluto presenziare: «Un'iniziativa molto opportuna – ha sottolineato il primo cittadino – che dimostra la volontà di convivenza dei membri della comunità musulmana e soprattutto la loro maturità come cittadini a pieno titolo».
La voce dei manifestanti, raccolta in un messaggio distribuito ai passanti, è unanime: «Vogliamo dire che questo massacro non ha dignità nella nostra religione – ha affermato il presidente del Centro Islamico, Rachidi Abderrazak – e che tutta la comunità lo condanna. In Europa stanno male tutti a causa di queste tensioni, musulmani e non».
Ad essere presenti in forze sono stati soprattutto i giovani – spesso i più vulnerabili davanti alle campagne di istigazione all'odio – della Psm: «Nella nostra sezione del gruppo – ha spiegato il coordinatore, Karim – spieghiamo ai giovani che l'Islam significa pace, che è un dono di Dio. Ai miei coetanei che hanno scelto la strada della violenza voglio dire che è quella sbagliata, ed invitarli a tornare agli insegnamenti dei sapienti che capiscono bene la religione».
Come ha ribadito infatti Mohammed, «il Corano rifiuta la violenza. Chi fa del male non lo fa per la religione, lo fa per ignoranza». Anche questo male però, prosegue il giovane, non è venuto tutto per nuocere: «Nonostante tutto, in Italia c'è collaborazione, e la comunità musulmana è sempre più unita nell'opporsi a tutto questo. Per cui vogliamo che questo dolore sia l'occasione per esprimere il nostro rifiuto della violenza».
Al di là degli striscioni con frasi come «Non nel mio nome» e «Il terrorismo non ha religione né nazionalità», il messaggio migliore che questo pomeriggio ha lasciato è stato probabilmente il veder giocare insieme bambini italiani e non, approfittando dei palloncini tricolori portati per la manifestazione.
Del resto, lo stesso messaggio diffuso dalla comunità musulmana lancia un appello «a tutte le comunità religiose italiane, ai cristiani, ai musulmani, agli ebrei e a tutti i religiosi ad unire le nostre forze e le nostre ricchezze spirituali per isolare chiunque cerchi di strumentalizzarle. Le nostre religioni sono messaggi di pace e non di violenza, di misericordia e non di terrore».