Comunione, parola chiave

Presentata oggi in Vaticano la ‘relatio post disceptationem’, che fa il punto delle discussioni emerse fino ad oggi tra i 185 vescovi presenti
Papa incontra armeni

Confermare e rafforzare i cristiani del Medio Oriente nella loro identità, rinnovare la comunione tra di loro per essere – in terre dove sono minoranza – testimoni di Cristo e quindi ponti di riconciliazione e operatori di pace. Una vocazione alla convivenza pacifica tra i diversi popoli che vivono in quella Regione, da condividere insieme ai fratelli delle Chiese cristiane, agli ebrei, ai musulmani. Queste le prime linee-guida che emergono dal Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente che dal 10 ottobre sta riunendo a Roma 185 padri sinodali in rappresentanza dei 18 Paesi. A fare oggi il punto delle discussioni che da circa una decina di giorni si stanno svolgendo con grande vitalità e passione nell’aula sinodale, è stato il relatore generale del Sinodo, l’arcivescovo egiziano Antonios Naguib, patriarca di Alessandria dei Copti, che proprio questa mattina ha tenuto la ‘relatio post disceptationem’, termine tecnico utilizzato negli ambienti vaticani per indicare il “riassunto” di quanto emerso negli interventi la scorsa settimana.

 

Settimana importante, soprattutto sul fronte del dialogo con l’ebraismo e l’Islam, la religioni che con il cristianesimo hanno nel Medio Oriente il luogo geografico da cui è scaturita la loro origine. Ospiti di riguardo al Sinodo, la scorsa settimana hanno preso la parola il rabbino David Rosen, direttore del dipartimento per gli Affari interreligiosi dell’American Jewish Committee; nonchè due esponeti dell’islam sunnita e sciita. Sono intervenuti anche i delegati fraterni delle altre Chiese cristiane. Chi in un modo, chi in un altro, tutti hanno sottolineato il grave problema dell’emigrazione cristiana, del rischio cioè di un mondo arabo senza i cristiani che potrebbe influire negativamente su un già delicato equilibrio.

 

In aula, i vescovi hanno preso a cuore i conflitti politici che stanno devastando la Regione. Da qui la condanna di ogni violenza “da dovunque provenga” e l’invocazione di “una soluzione giusta e durevole del conflitto israelo-palestinese”. Speciale solidarietà è stata espressa al popolo palestinese. Parole cariche di sofferenza ma anche di una speranza che non si vuole assolutamente far morire. La speranza cioè di una via possibile di pace anche in questa terra. Sono quindi risuonate parole cariche di emozione anche per cristiani in Iraq chiedendo alle comunità cristiane d’Europa e “alla politica mondiale di tener sufficientemente conto della loro drammatica situazione”.  

 

Comunione. Questa la parole chiave che sta emergendo al Sinodo. Comunione innanzitutto tra vescovi, clero e fedeli. E Comunione sul piano ecumenico con le chiese sorelle ortodosse. E poi apertura al popolo ebreo rifiutando ogni forma di antisemitismo e antiebraismo e per essere “artefici di riconciliazione e di pace, basate sulla giustizia per entrambe le parti”. Infine l’Islam. La Relatio ricorda quanto affermato dal Benedetto XVI a Colonia nel 2005, e cioè che il dialogo interreligioso e interculturale tra cristiani e musulmani “è una necessità vitale, da cui dipende in gran parte il nostro futuro”.

 

Oltre 20 le pagine della relazione presentata questa mattina ai padri sinodali. Segno di quanto complesse siano le realtà vissute non solo dai cristiani, ma da tutti i popoli che abitano questa regione. Sfide, ricchezze, potenzialità sono state espresse dai rappresentanti delle Chiese. Per una volta il Medio Oriente ha potuto dare voce alle sue attese ma anche alle sue infinite bellezze. Il sinodo si concluderà con un messaggio finale che sarà edito in varie lingue. A redigerlo è una commissione. Il messaggio – spiegano alla segreteria generale del Sinodo – ha la finalità di incoraggiare il popolo di Dio a rispondere fedelmente alla sua speciale vocazione” ma anche “di lodarlo per gli sforzi già fatti”.

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