Comunicazione è misericordia
La comunicazione sempre di più nell’immaginario viene associata agli strumenti attraverso cui si compie: computer, cellulari, Facebook, chat. Ma è bene ricordare che essa rappresenta qualcosa di molto più ampio e profondo, che ci investe in modo completo come persone. E che non si esaurisce nella capacità di trasmettere un messaggio, ma si esprime nell'essere noi stessi continuamente il messaggio.
Papa Francesco nel suo contributo per la 50esima giornata delle Comunicazioni Sociali sembra voler riportare la comunicazione a questa sua natura originaria, allargandola poi verso una vocazione ben precisa: essere scuola e ambiente dove vivere e sperimentare la misericordia, che “tutto connette” (Laudato Sii, 16).
Sono tre le parole chiavi attraverso cui possiamo provare a leggere il messaggio di Francesco, che sembra richiamare il nostro agire comunicativo in un moto sempre verso l’altro per creare ponti e favorire l’inclusione e l’incontro.
Linguaggio. Papa Francesco suggerisce di scegliere con cura le parole da usare, in modo che anche il linguaggio che usiamo contribuisca sempre più ad una comunicazione che possa «far crescere la comunione e, anche quando deve condannare con fermezza il male, cerca di non spezzare mai la relazione e la comunicazione». Il richiamo più forte è per la politica e la diplomazia, perché vigilino «sul modo di esprimersi nei riguardi di chi pensa o agisce diversamente, e anche di chi può avere sbagliato. È facile cedere alla tentazione di sfruttare simili situazioni e alimentare così le fiamme della sfiducia, della paura, dell’odio – afferma Papa Francesco –. Ci vuole invece coraggio per orientare le persone verso processi di riconciliazione, ed è proprio tale audacia positiva e creativa che offre vere soluzioni ad antichi conflitti e l’opportunità di realizzare una pace duratura». A volte forse pensiamo che usare una parola valga l’altra, ma questo richiamo può farci riscoprire l’importanza dei significati, a riconoscere cioècomeuna parola può costruire, ma allo stesso tempo può essere strumento di distruzione o di divisione, a volte anche senza volerlo.
Ascolto. Elemento imprescindibile è l’ascolto: «Comunicare significa condividere, e la condivisione richiede l’ascolto, l’accoglienza. Ascoltare è molto più che udire. L’udire riguarda l’ambito dell’informazione; ascoltare, invece, rimanda a quello della comunicazione, e richiede la vicinanza». Francesco descrive l'ascolto come una sorta di martirio, da cui a volte fuggiamo fingendoci sordi: «Ascoltare significa prestare attenzione, avere desiderio di comprendere, di dare valore, rispettare, custodire la parola altrui». L’ascolto per Francesco è anche la chiave per una condivisione profonda e per smarcarsi dalla tentazione di sentirsi onnipotenti: «Ascoltare significa anche essere capaci di condividere domande e dubbi, di percorrere un cammino fianco a fianco, di affrancarsi da qualsiasi presunzione di onnipotenza e mettere umilmente le proprie capacità e i propri doni al servizio del bene comune».
Prossimità. Francesco, come già Benedetto XVI, affronta il tema dei nuovi ambienti digitali elevandoli a veri luoghi di incontro, «dove si può accarezzare o ferire, avere una discussione proficua o un linciaggio morale». Riconoscere e legittimare queste nuove modalità di comunicazione evidenzia come «non è la tecnologia che determina se la comunicazione è autentica o meno, ma il cuore dell’uomo e la sua capacità di usare bene i mezzi a sua disposizione. Le reti sociali sono capaci di favorire le relazioni e di promuovere il bene della società ma possono anche condurre ad un’ulteriore polarizzazione e divisione tra le persone e i gruppi». Si esce così dal dualismo digitale in cui spesso i nuovi ambienti sono ingabbiati, ponendo invece attenzione sulla necessità di sentirsi responsabili dell’altro anche laddove, pur non vedendolo, il nostro interlocutore è comunque reale e portatore di una dignità da rispettare.
Non manca poi nelle parole di Francesco anche un richiamo anche alla comunicazione propria della Chiesa, con l’invito pressante affinché «lo stile della nostra comunicazione sia tale da superare la logica che separa nettamente i peccatori dai giusti. Noi possiamo e dobbiamo giudicare situazioni di peccato – violenza, corruzione, sfruttamento –, ma non possiamo giudicare le persone, perché solo Dio può leggere in profondità nel loro cuore». Un richiamo forte a non utilizzare la comunicazione come strumento attraverso cui affermare una vittoria, ma come qualcosa cheinclude.
Linguaggio, ascolto, prossimità. Tre spunti che tutti possono far propri. Per scoprire, per mezzo di una rinnovata capacità di usare nuovi modi di comunicare, come attraverso di noi l’altro possa sperimentare un vero e fecondo incontro con la misericordia, riducendo e ricucendo distanze e creando una nuova “insiemità” nella diversità. Cosa di cui abbiamo tutti un gran bisogno.