“Compro oro” senza legge

Negozi in forte crescita, spia della crisi economica, ed esposti al riciclaggio del denaro sporco. Una proposta in Parlamento che giace da troppo tempo
Compro oro

Una tonnellata di oro usato trattato ogni giorno da circa 20 mila operatori. Il valore trattato a livello annuale è stimato pari a 7 miliardi di euro. Un fenomeno sotto gli occhi di tutti. Conosciuto e diffuso in ogni città a testimonianza dell’impoverimento di una fascia della popolazione che, anche per le spese ordinarie, comincia a usare i gioielli preziosi di famiglia.
 
Nulla di nuovo sotto il sole. Quello che emerge, nella congiuntura attuale, è la dimensione del giro d’affari in netta crescita, mentre il settore tradizionale degli orafi è in crisi da tempo, con cadute delle vendite pari al 28 per cento.
 
Da oltre un anno giace in Parlamento una proposta di legge che non ha trovato posto nel calendario di discussioni dell’organo legislativo, eppure si tratta di gestire l’urgenza di porre delle regole certe a un commercio che si dimostra permeabile a infiltrazioni mafiose legate al riciclaggio e alla ricettazione. Secondo la relazione della proposta di legge della onorevole Mattesini e altri, solo il 20 per cento della gestione di questo flusso di denaro è gestito da «società trasparenti e fondate sulla serietà professionale».
 
Potrà sembrare strano, ma i negozi di “Compro oro” sono trattati dalla normativa vigente come la compravendita dell’usato, con regolamenti attuativi contenuti in regi decreti del 1940. Non rientrano, cioè, nell’ambito della legge numero 7 del 2000, che si applica agli “operatori professionali in oro”, ai quali è richiesta una precisa forma giuridica con un capitale sociale non inferiore a quello delle Spa e, soprattutto, i requisiti di onorabilità previsti dalle leggi bancarie per quanto riguarda le persone investite dai compiti direttivi. A queste condizioni deve sottostare, invece, la fonderia che riceve l’oro usato per rivenderlo dopo il trattamento e la trasformazione.
 
Il progetto di legge, rimasto finora nel dimenticatoio, non solo estende l’applicazione della disciplina del 2000 ai negozi e reti in franchising di “Compro oro”, ma interviene nel dettaglio per rendere possibile la tracciabilità dei flussi del metallo prezioso, la cui quotazione, sempre crescente, è anche all’origine della crisi lamentata dagli orafi professionali, che ripiegano nell’acquisto della materia prima dai cicli di trattamento dell’usato.
 
Sollecitazioni per accelerare l’iter della legge è giunta anche al presidente della Commissione parlamentare antimafia, senatore Giuseppe Pisanu, da parte dell’Anopo (Associazione degli operatori professionali in oro) assieme all’Aira, l’associazione che raccoglie i professionisti dell’intermediazione finanziaria interessati a contrastare il fenomeno del riciclaggio dei capitali sporchi.
 
Libera, rete associativa contro le mafie, ha più volte espresso lo stupore di fronte alla situazione di stallo e all’esigenza di procedere urgentemente, come previsto dall’articolato della legge proposta che prevede la creazione di un albo degli operatori di “Compro oro” presso le Camere di commercio, un borsino dell’oro usato e la vigilanza della Banca d’Italia che, come da nota del 2010, ha confermato che, al momento, su tale attività di “compravendita dell’usato” non può esercitare alcun tipo di controllo. Ovviamente non è previsto neppure alcun tipo di procedura particolare per l’inizio dell’esercizio commerciale.
 
Un buco nero che può essere colmato in fretta, con un consenso che non può che essere esteso. Ma la materia merita di essere tenuta sotto osservazione.

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