Complessità e relazioni: nelle scienze e nella vita quotidiana
Intervista a Lamberto Rondoni autore di Complessità e relazionalità nelle scienze matematiche, fisiche e naturali, «Nuova Umanità» XXXIII (2011/4-5) 196-197.
Nel suo articolo individua nella “complessità” una chiave di lettura per la comprensione di una grande varietà di fenomeni, appartenenti alle più diverse aree scientifiche: fisica, biologia, meteorologia, neuroscienze, finanza, scienze sociali per citarne solo alcune. Può spiegarci cosa lei intenda con la parola complessità in questo contesto? Può farci qualche esempio di sistema complesso?
Con il termine "complesso" solitamente si intende qualcosa di scarsamente intelligibile, quasi la definizione di ciò che non si riesce a descrivere. Ad esempio, riguardo al lemma “complex”, il dizionario Webster della lingua inglese dice che indica qualcosa “che ha parti confusamente interrelate, senza presupporre una colpa: la cosa potrebbe essere inevitabile” e che complesso è qualcosa di talmente complicato e intricato, da renderne improbabile una eventuale soluzione o comprensione. L’idea del complesso come emergente dalla interrelazione fra sottosistemi, a loro volta dotati di una qualche struttura interna –semplice o articolata che sia– è recepita anche in ambito scientifico. Tuttavia, diversi sono i punti di vista adottati, perché diversi sono gli oggetti di studio delle diverse discipline. Pertanto, non c’è una definizione precisa di complessità, a cui tutti possano fare riferimento.
Nonostante ciò, frequentemente anche se un po’ vagamente, si dice che la complessità emerge quando un certo fenomeno non è riducibile alla mera somma delle sue parti. La complessità può dunque essere intesa come la scienza che studia gli effetti della cooperazione fra molti oggetti (o individui) e delle relazioni che si instaurano fra essi e con l’ambiente circostante. È questo il denominatore comune della complessità, che la rende di interesse in tutte le discipline menzionate e in molte altre ancora, perché qualunque fenomeno si voglia considerare è quasi sempre il risultato di interazioni e della cooperazione fra enti diversi. Come esempio, possiamo prendere il cervello, universalmente ritenuto un sistema complesso. Consiste di una collezione di neuroni che si inviano semplicissimi segnali sotto forma di successioni di impulsi elettrici. È un fatto mirabile che un organo basato su una struttura apparentemente così semplice sia in grado di fare tutto quello che fa: dal coordinare i movimenti più elementari al consentirci di ragionare sul mondo che ci circonda.
«La complessità emerge dalle interazioni» – così si legge già nelle prime righe del suo articolo – che possono esistere fra i diversi elementi che costituiscono un determinato sistema e tra il sistema e l’ambiente che lo circonda. Ci può fare qualche esempio di cosa vuol dire “interazione” nel caso di un sistema di interesse fisico, biologico o delle scienze sociali?
Probabilmente, la nozione più semplice di interazione riguarda l’ambito dei fenomeni fisici, dove tipicamente indica uno scambio di energia che può avvenire in modi molto elementari. Per esempio, lo scontro fra due atomi di un gas, come fra ideali biglie di un biliardo, rappresenta una interazione. Nel mondo subatomico, protoni e neutroni stanno insieme a formare il nucleo, legati da una forza di interazione che nasce dallo scambio di particelle ancora più piccole, come in una specie di partita di ping-pong, nella quale i giocatori siano così coinvolti da non riuscire a smettere di passarsi la pallina. Se si considerano fenomeni di livello superiore, come quelli biologici, la complessità delle interazioni cresce enormemente. In quel caso, tutte le funzioni vitali, per esempio, sono accompagnate da interazioni interne (come quando il sangue che cede ossigeno ai tessuti) ed esterne (come nell’alimentazione). Nonostante l’accresciuta complessità del fenomeno, si può ancora ricondurre agli scambi energetici il tratto caratteristico di una interazione. Se si sale di livello, per arrivare alle relazioni sociali, ad esempio, l’interazione non è soltanto ulteriormente complicata, ma si possono distinguere caratteristiche non più qualificabili in termini di energia spesa o condivisa. I sentimenti che legano due persone innamorate sono indubbiamente l’effetto di una interazione che coinvolge anche un certo bilancio energetico (le calorie spese nel corrersi incontro), ma che va ben oltre quel fatto quantitativo.
Il titolo del suo articolo è una vera e propria sfida: ci può aiutare a capire il passaggio concettuale tra “interazione” e “relazione” e quindi il legame tra complessità e “relazionalità” ?
Credo che ci possano essere molti modi di rispondere, a seconda della prospettiva o della disciplina che si voglia prendere in considerazione. In ogni caso, si tratta di una questione che interessa il rapporto fra le idee che veicolano i linguaggi tecnico-scientifici e il linguaggio comune. La fisica, ad esempio, parla di un quadro coerente delle osservazioni empiriche, ovvero delle misurazioni riguardanti il mondo materiale. Queste misurazioni si riferiscono a poche grandezze come massa, lunghezza, forza e tempo, che consentono una caratterizzazione quantitativa dei fenomeni naturali. Ovviamente, uno stesso oggetto o fenomeno può essere descritto da diversi punti di vista e apparire di volta in volta molto diverso, come un monte osservato da versanti diversi. In particolare, molte sue caratteristiche possono essere essenzialmente non quantificabili o non adeguatamente descritte da formule matematiche.
Le emozioni che prova un essere umano sono necessariamente compatibili con i moti delle cariche elettriche nei neuroni del cervello. Tuttavia, la conoscenza di dati numerici sulle loro interazioni non pare adatta a esprimere le emozioni. Analogamente, il termine “relazione” sembrerebbe più adatto a descrivere i rapporti umani, che le partite di ping-pong fra particelle subatomiche. Nell’associare “interazione” e “relazione” ho dunque delineato una analogia fra ambiti molto diversi del reale, quali possono essere gli scambi energetici nei fenomeni naturali e le relazioni sociali. In entrambi, qualche cosa viene condiviso fra enti diversi e la situazione che si instaura supera la natura del singolo ente. Un gas composto di tantissime molecole si comporta irreversibilmente, come se dovesse perseguire un certo fine (per esempio, invadere l’ambiente nel quale è stato rilasciato), mentre la singola molecola si muove disordinatamente senza alcuno scopo. Nei rapporti umani, il costituirsi di una società consente a tutti i membri di godere di benefici che singolarmente gli sarebbero preclusi. Gli esempi che si possono fare sono infiniti. L’articolo si conclude dunque così: “è interessante notare che questa scienza, che si occupa degli effetti delle interazioni fra enti diversi, abbia preso consapevolezza di sé nell’epoca della globalizzazione, epoca nella quale il mondo intero si è scoperto fortemente inter-relato. Sembrerebbe pertanto opportuno chiamarla anche ‘scienza delle relazioni’, per metterne in luce lo scopo e il lato esplicativo.” Quanto è pertinente questa analogia? Certamente, l’analogia è un modo molto comune e potente di conoscere la realtà, ma nasconde anche delle insidie. Credo che su questo si debba lasciare ai lettori la possibilità di formulare una loro risposta.