«Come una guerra»: l’urgenza umanitaria in Grecia
La grave crisi che attanaglia la Grecia è «come una guerra». Lo afferma un dossier puntuale, ricco di dati e testimonianze, elaborato dalla Caritas italiana in prossimità delle elezioni politiche avvenute il 25 gennaio 2015 e che hanno visto la vittoria della la coalizione di sinistra radicale Syriza. La lettura del testo di approfondimento permette di comprendere la situazione di emergenza umanitaria che sostiene le ragioni dei ministri ellenici che, il giorno dopo le elezioni, hanno cominciato a girare le sedi europee che contano per cercare di strappare condizioni di ripianamento del debito e trovare una via di uscita dalla povertà che aggredisce gran parte dei dodici milioni di abitanti di un Paese considerato fratello per molti italiani (“una faccia, una razza”). Ovviamente il dramma non riguarda le classi sociali più levate, quali i grandi armatori greci, che, come sempre avviene nelle crisi, consolidano i capitali investiti anche tramite trasferimenti sulle piazze finanziarie accoglienti come la City di Londra.
Il documento della Caritas italiana, oltre a testimoniare le esperienze di gemellaggi tra famiglie greche e italiane, nate dopo l’invito lanciato da papa Benedetto XVI durante l’incontro mondiale delle famiglie svoltosi a Milano nel 2012, riporta dati “scioccanti” come quelli dell’indagine dei medici democratici tedeschi avvenuta nel 2013 sulle conseguenze della crisi sul sistema sanitario: il 27 per cento della popolazione non accede più ai servizi sanitari e migliaia di genitori rinunciano alla vaccinazione obbligatoria dei figli. Secondo l’autorevole rivista medica britannica The Lancet, la mortalità infantile è aumentata del 43 per cento dall’inizio della crisi mentre un’indagine del Washington Post del febbraio 2014, sui dati del Ministero della Sanità greco, parla dell’aumento del 336 per cento del numero di bambini abbandonati in 5 anni. La metà dei nuovi poveri che vanno alla Caritas per chiedere aiuti alimentari non sono disoccupati ma hanno un lavoro che tuttavia non produce reddito necessario neanche per mangiare.
Secondo la Caritas andrebbe considerata l’origine del debito e la radici finanziarie di una crisi globale che si abbatte sul destino delle persone in maniera insostenibile mentre le migliaia di euro pompate nel sistema bancario hanno, di fatto, protetto gli interessi degli investitori stranieri. Le direttive imposte dalla Troika all’economia greca non possono funzionare perché «la contrazione della spesa pubblica, accompagnata dal calo dei consumi privati, provoca un’ulteriore spinta recessiva, a sua volta causa di una crisi nella produzione e alla base di un successivo crollo dei consumi: un circolo vizioso senza uscita». Circa l’incapacità delle misure adottate finora Grecia per far ripartire un Paese sotto assedio, il documento Caritas riporta i dati pubblicati sul sito di analisi indipendente “Macropolis” a proposito dei 230 miliardi di euro concessi in prestito al Paese ellenico da parte delle istituzioni europee e dal Fmi: solo l’11 per cento di tale importo è stato destinato alla casse pubbliche mentre il resto è andato nei bilanci delle banche greche e nelle tasche dei creditori privati che detengono il debito pubblico greco.
La tesi dello studio offerto dall’organizzazione caritativa della Chiesa italiana è quindi a favore di un cambio di paradigma necessario per affrontare il dramma della Grecia perché «la coesione e l’inclusione sociale devono assumere un ruolo altrettanto significativo al pari della dimensione economica» avendo ben presente che sono stati «i meccanismi messi in moto da pochi speculatori sena scrupoli che hanno messo in pericolo le condizioni minime di vita dignitosa per milioni di persone fino a minacciare le basi stesse della convivenza democratica».