Come un diamante dalle mille facce
Era una spiritualità comunitaria quella che stava maturando, e che pareva far eco, già allora, con la vita, alla magnifica dottrina dell’enciclica Mistyci corporis di Pio XII, uscita proprio nell’anno in cui nasceva il movimento.
E avvenne che, mettendo a fondamento il testamento di Gesù, veramente – come le prime focolarine avevano intuito – tutto il Vangelo prendeva nuovo rilievo. Spesso nei rifugi, durante gli allarmi aerei, lo aprivano, ne leggevano un poco: non per interpretarlo (già esisteva l’interpretazione della Chiesa, che sapevano l’unica vera), ma per viverlo subito. E il Vangelo, letto con queste disposizioni d’animo, apparve carico di una luce piena, bella, sempre nuova, unica e affascinante e imparagonabile con qualunque altra cosa. Tanto da concluderne: «Sì, sì, magari domani si calmerà la guerra, torneranno i tempi normali, ma ormai nessuno caverà dal nostro cuore ciò che nel Vangelo abbiamo trovato».
Erano parole di vita: soprattutto parole che tutti potevano vivere; perché Gesù è luce per ogni uomo che viene su questa terra, sia esso bianco o nero, sposato o consacrato: chi poteva dire: «Io non sono fatto per questo?».
Era un riscoprire dal di dentro, vivendola, tutta la Buona Novella, come se apparisse nel suo splendore per la prima volta.
Presa dunque una frase completa del Vangelo, una “Parola di vita”, quelle prime focolarine subito cercavano, in mezzo alla tragedia imperversante del conflitto che entrava in tutte le case, di metterla in pratica senza por tempo in mezzo.
Nasceva quella pratica del movimento di scegliere periodicamente una parola del Vangelo, per aiutarsi tutti insieme a metterla in atto, a “rievangelizzare” la propria vita, sapendo che in ogni parola di Dio sta racchiusa la verità, come un diamante dalle mille facce, una più splendente dell’altra; per allenarsi a vivere la “divina avventura” che Dio propone ad ogni cristiano, varia e originale come son varie e originali le parole di Dio.
“Parole di vita” che appena il movimento si allargò oltre la città di Trento, si fecero arrivare ai lontani attraverso la stampa, e che ora Città Nuova, nelle varie lingue, fa giungere ogni mese, dovunque esso ha posto le tende.
Un modo, questo, di comunicarla, che ebbe la sua data d’inizio nel settembre del 1947, con la prima “Parola di vita” pubblicata a stampa che portava l’imprimatur dell’arcivescovo di Trento: «Se la vostra giustizia non avrà abbondato più di quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 5, 20).