Come risolvere la crisi Fincantieri?

La prospettata chiusura di due stabilimenti mobilita i lavoratori, e non solo. Le parole di mons. Bregantini
Come risolvere la crisi Fincantieri?

Il comune e la prefettura sono ancora nell’immaginario collettivo il luogo della pubblica amministrazione. Il palazzo del municipio di Castellammare di Stabia, nel sito storico di quella che fu la marina borbonica, è stato occupato e il sindaco trattenuto in sede. Raccontano le cronache locali che sono stati oggetto di assalto anche i simboli e le statue istituzionali. Indenni il ritratto del presidente Napolitano e il crocifisso, quasi un’ultima istanza a cui poter far riferimento in un mondo che cambia troppo velocemente, anche se i segnali di crisi della Fincantieri durano da troppo tempo ed era prevedibile la reazione immediata al taglio del 25 per cento della forza lavoro.

 

Si tratta ancora di un annuncio del piano industriale che sarà esposto il 6 giugno, ma il numero esatto dei licenziamenti annunciati (2551 su 8500 dipendenti) è preciso, così come la chiusura di due stabilimenti (Castellammare di Stabia e Sestri Ponente) su otto, mentre quello di Riva Trigoso (Genova) subirà un forte ridimensionato. La reazione dei lavoratori ha provocato scontri anche violenti tra il corteo e le forze dell’ordine. È stato strappato l’impegno del governo a farsi da mediatore con un incontro preventivo previsto a Roma per il 3 giugno, a cui hanno chiesto di partecipare anche gli enti locali.

 

Il sindaco di Genova, Marta Vincenzi, ha immediatamente minacciato addirittura il blocco della città. Ma è noto a tutti che l’interlocutore non è un grande capitale privato, tanto meno straniero, dato che Fincantieri è controllata al 99 per cento da Fintecna, che è una società finanziaria controllata, a sua volta, al 100 per cento dal ministero dell’Economia.

 

Gli ultimi comunicati stampa della società – che si autodefinisce uno dei «maggiori gruppi esistenti al mondo, attivo nella progettazione e costruzione di navi mercantili e militari» –, definiscono in maniera molto positiva i risultati di bilancio del 2010 «che confermano gestione ordinaria positiva e solidità finanziaria del gruppo». Fincantieri, assicurano i dirigenti, rimane tra i leader mondiali nella costruzione delle navi da crociera; ma gli ordini di nuove navi sono troppo bassi, mentre dall’altra parte del globo crescono gli ordini delle aziende coreane e cinesi che hanno diversificato la produzione, ad esempio verso imbarcazioni per piattaforme da trivellazione offshore. Nei primi quattro mesi del 2011 i campioni della cantieristica della Corea del Sud, come le “Heavy Industries” di Samsung e Hyundai e la Daewoo “Shipbuilding & Marine Engineering” hanno quasi raggiunto gli obiettivi dell’anno.

Il grande passo consisterebbe perciò, con tutta probabilità, nella definizione di una politica industriale con investimenti in ricerca e sviluppo per una riconversione e diversificazione della produzione.

 

Di fronte a quest’urgenza si comprende il senso dell’intervento del vescovo Giancarlo Bregantini, presidente della Commissione Cei per i problemi sociali e il lavoro, che in un’intervista alla Radio vaticana ha parlato di intervento ineludibile della politica chiamata a «purificarsi» di fonte ai «problemi reali» delle persone. La «realtà tragica» della chiusura dei cantieri obbliga a trovare «soluzioni concrete» perché «le fabbriche sono anche di una città, del sindacato, degli operai, di un intero popolo». Si è chiesto inoltre: «Se verrà toccato anche lo stabilimento di Ancona con che spirito potremmo svolgere il prossimo Congresso eucaristico nazionale che si terrà in quella città? Sarebbe come chiedere il pane e negarlo allo stesso tempo».

 

Dal mondo degli armatori giungono intanto dichiarazioni di apprezzamento sulla qualità della cantieristica italiana e si prevede la ripartenza del mercato tra 4 o 5 anni. La stessa Fincantieri si è dichiarata pronta al dialogo

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