Come reagire al delitto di Taranto

Uno psicologo infantile esamina il dramma del bambino ucciso insieme ai genitori, davanti ai fratellini. Le responsabilità sociali e il ruolo degli adulti sono chiamati in causa nell'assumere comportamenti e modelli che sottraggano terreno alle strutture dell'odio e della criminalità. Da grandi si diventa ciò che si è appreso da piccoli
Volante dei carabinieri sul luogo di un agguato

Ancora una volta siamo costretti a leggere notizie devastanti riguardanti la brutalità umana, come nel delitto di Taranto, ove una madre, un uomo e un bambino sono stati uccisi dalla mano di sicari senza scrupoli e senza nessuna traccia dell’umano. E ad aggravare ulteriormente il dramma, ci sono i due fratellini di sei e sette anni, sopravvissuti alla strage, seduti sul sedile posteriore della macchina.

Vi confesso che come psicologo infantile rimango sbigottito e senza parole nel constatare quanto l’essere umano sia stupido, ignorante e bestiale quando compie certi gesti, che testimoniano quanto il grande filosofo Blaise Pascal diceva: «L'uomo molte volte è una bestia, altre è un angelo».

Ha ragione l’arcivescovo di Taranto, mons.Giuseppe Santoro, quando, commentando l’episodio, denuncia la brutalità ove sta andando la società, constatando sia l’aumento di simili delitti, sia la volgarità e l’odio che sempre più dilagano nel tessuto sociale.

E come adulti abbiamo il compito di tentare una interpretazione e soprattutto di strutturare alcune linee di comportamento e alcune luci che ci aiutino in simili circostanze. Ecco i miei suggerimenti:

1) Stiamo attenti alle “strutture dell’odio” che trovano terreno fertile ogniqualvolta si denigra l’altro, o si risponde con brutalità alle ingiustizie. Questa cultura dell’odio si alimenta anche in televisione, quando assistiamo a trasmissioni ove la volgarità, lo scherno e l’aggressione del pensiero altrui occupano tutto il tempo. Anche gli schiamazzi e le spettacolarizzazioni dei drammi che ormai ogni volta la tv ci pone sono benzina che alimenta questa cultura barbara. Per non parlare poi di alcune trasmissioni radiofoniche (come la “Zanzara” ) che, spacciandosi per programmi di intrattenimento, infangano di volgarità e strafottenza chi osa esprimere in modo civile un pensiero diverso.

2) Investiamo maggiormente sulla “giustizia”, che rende ragione alla vittima e condanna i gesti di inciviltà come espressione della barbarie che non può mai essere accettata, dando luce a quanti lottano per un Paese migliore e si sacrificano senza sosta, coinvolgendo anche i nostri figli giovani in esperienze di riscatto civile e sociale, come fa ad esempio l’associazione "Libera" di don Ciotti.

3)  Occorre inoltre che si diffonda una cultura della reciprocità e della solidarietà, ove l’altro non sia visto come un nemico o qualcuno da combattere, ma come co-essenziale alla mia esistenza. È necessario partire dalle scuole materne mediante programmi di formazione e di educazione alle emozioni per aiutare i bambini a gestire le emozioni negative e a sviluppare quelle positive. La Spagna, ad esempio, per combattere il fenomeno del bullismo nelle scuole, ha iniziato una campagna nazionale di promozione al benessere sin dalla scuola dell’infanzia. Solo partendo dai piccoli potremmo sperare di avere in futuro adulti che considerano l’altro come un interlocutore con la sua dignità. Aristotele diceva che una persona si abitua a tutto e così, abituando i nostri piccoli al positivo e alla solidarietà, avremo adulti abituati alla civiltà e al senso civico.

4)  Investiamo poi le nostre risorse nell’educazione dei ragazzi e dei giovani. Sembra che abbiamo perso l’arte dell’educare, imbambolati e instupiditi dalla facilità emozionale del sensazionale e dell’emozione negativa. In ogni epoca storica, di fronte alle crisi, si è sempre fatto appello all’educazione mediante l’attenzione alle giovani generazioni. È arrivato il tempo di strutturare un'università popolare educativa, ove tutti gli adulti vi possano partecipare mediante formazione, scambio di esperienze, riflessioni sul valore della persona e della vita. Anche i genitori potrebbero aumentare la loro capacità genitoriale con una maggior formazione sullo sviluppo dei figli e con una cultura dello scambio con la comunità. È la comunità il tessuto sociale ove l’educare si fa strada e storia… Riprendiamoci le nostre strade e le nostre comunità irrorandole di luce con cultura positiva e con incontri per "perdere tempo" parlando dei nostri figli, del nostro vivere, rinfrancandoci reciprocamente.

È infatti questo stare insieme, questo vivere fianco a fianco che ci può aiutare a combattere l’isolamento di molti. È così che possiamo combattere le ingiustizie, la mafia, la 'ndrangheta e la superficialità presupponente dell’ignoranza.

Non posso concludere senza fare un appello a Maria, la madre di Gesù, la grande pedagoga, che, come un piano inclinato, si è abbassata per educare il Figlio, porgendo il suo affetto e il suo sapere, con la pazienza della donna e dell’educatrice. Una pazienza e un amore di cui oggi c’è tanto bisogno.

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