Come reagirà il Sudamerica?
Come reagirà la regione sudamericana alla destituzione del presidente del Paraguay Fernando Lugo? Argentina, Venezuela, Brasile, Ecuador e altri Paesi sudamericani hanno già annunciato che non riconosceranno il nuovo governo presieduto da Federico Franco, ex vicepresidente. Il governo di Buenos Aires ha disposto il ritiro dell’ambasciatore e la riduzione del livello della rappresentazione diplomatica.
Sia l’Unasur (blocco dei Paesi dell’America del Sud) che il Mercosur stanno analizzando la situazione. Nel caso del Mercosur, mercato comune formato da Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay, la rottura dell’ordine democratico, in base a quanto sancito dalla clausola democratica dello statuto, può comportare anche l’espulsione di un Paese membro. Non a caso la presidente argentina Cristina Fernández de Kirchner ha usato precisamente l’espressione «rottura dell’ordine democratico» per descrivere quanto accaduto.
In sostanza, il Parlamento del Paraguay è accusato di aver rispettato la norma costituzionale del giudizio politico per la destituzione del presidente, ma non lo spirito. Il processo è stato estremamente sommario: in appena 24 ore è stato votato il giudizio politico, assegnando appena due ore a Fernando Lugo per presentare la propria difesa davanti a un Senato che, in realtà, già aveva deciso il suo voto prima ancora di ascoltare l’accusato. A questo difetto procedurale va aggiunta l’inconsistenza delle accuse e la pretesa di prescindere da prove concrete perché si tratta di «fatti pubblici e notori».
Il caso figurerà nell’agenda del prossimo summit del Mercosur che si svolgerà il 28 giugno presso la città argentina di Mendoza. Alla riunione assisteranno anche i ministri degli Esteri dell’Unasur. La reazione della regione punta a evitare una situazione che presenta analogie con l'illegittima destituzione del presidente dell’Honduras Manuel Zelaya, avvenuta nel 2009.
Fin qui le intenzioni dei governi sudamericani in difesa dell’ordine democratico. Ma si sa, la politica deve gestire la realtà, che è complessa, con il necessario realismo. Applicare oggi delle sanzioni al Paraguay danneggerebbe i responsabili di un giudizio politico in odore di golpe o piuttosto comprometterebbero ulteriormente una situazione economica che, dopo la crescita degli ultimi anni, registra problemi seri: la siccità si è portata via la metà del raccolto della soia di quest’anno, mentre un focolaio di afta epizoica ridurrà le esportazioni di carne. Un grande danno a due pilastri dell’economia di un Paese con scarsa attività manifatturiera e dove il 38 per cento della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà.
Sembra dunque difficile che si opti per penalizzare ulteriormente la popolazione, in un contesto di grandi disuguaglianze che la gestione di Lugo non è riuscita a modificare, nonostante le intenzioni.
Sembra piuttosto probabile che a Mendoza si riesca finalmente a ottenere la ratifica del Senato paraguayano dell’ingresso del Venezuela nel Mercosur, l’unica che manca dato che gli altri Parlamenti del blocco lo hanno fatto da tempo. È piuttosto probabile che si adotteranno sanzioni formali, come il ritiro degli ambasciatori e il non riconoscimento del governo di Asunción. Ma tale situazione verrà sanata con le elezioni presidenziali previste il prossimo mese di aprile, quando sarebbe scaduto il mandato di Lugo.