Come gira la vita? Risponde Mario Merz

Da ascoltare, da annusare, da guardarci dentro, da girarci attorno, da pensarci su; così è l’opera di Merz, un’opera… da vivere. Milanese di nascita e torinese di adozione, Mario Merz ha partecipato nel capoluogo piemontese alla nascita dell’Arte povera, ma sui materiali poveri, presi dal quotidiano o dal mondo organico, propone la sua personale poetica; tutta la sfera dei significati delle sue opere rimanda alla parabola della vita: origine, crescita, maturazione, morte, rinascita. Non a caso uno dei suoi motivi preferiti è la spirale, una forma che crescendo in modo esponenziale ritorna su sé stessa. È la forma del Tutto passa e tutto torna. Lo stesso concetto che ritroviamo nella serie numerica di Fibonacci, secondo la quale un numero si somma a quello che l’ha preceduto per generarne un terzo: 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13 e via dicendo… quasi un numero che progredisce su sé stesso nutrendosi del proprio passato. Merz riconosce questa progressione nella crescita di ogni forma organica, ad esempio nella ramificazione di un albero, prima un ramo, poi 2, poi 3, 5, 8, 13… nel guscio della chiocciola, nelle squame del coccodrillo, nella struttura della pigna… Riconosce questa progressione anche nei modi con cui l’uomo crea lo spazio, nella curvatura progressiva di una cupola, nel continuo allontanarsi e salire dei gradini di una scala… o nel modo in cui l’uomo occupa lo spazio, i tavoli di un ristorante… Merz accende la serie numerica su forme e corpi, e subito siamo portati a verificare come questa legge sia inscritta in ogni cosa. Tutto risponde a un ordine e a un’ armonia che sta prima di ogni cosa, prima del suo essere pensata, concepita, realizzata. Non resta deluso chi rimane legato alle qualità pittoriche dell’arte. Una tavolozza seducente si accende di colore: frutta e verdura su un tavolo di vetro e acciaio. Il forte contrasto fra i materiali provoca precise sollecitazioni sensoriali: il freddo e duro del metallo, il liscio del vetro, la varia casistica di morbido e ruvido che possiamo trovare sui vegetali, e poi le qualità olfattive della frutta. Sia la sequenza e il rapporto fra i colori, che la traiettoria della frutta sulla spirale del tavolo, riconducono ad un ordine superiore, alla stessa regola di vita che fa crescere la frutta, la fa maturare e poi marcire. Un ciclo ben visibile in questa natura morta che cambia nel tempo: cambiano gli odori, i colori, la consistenza dei materiali. Frutta e verdura sono destinate al deperimento e quindi si impone una sostituzione. Qui il ciclo della Vanitas non è più rappresentato ma presentato concretamente, con una variante: tutto passa… e tutto torna. E quel tavolo trasparente diventa presto una metafora della vita: come quella frutta siamo belli, vari, colorati, profumati, e poi? Marci, acidi, puzzolenti… e poi? Si cambia, si ricomincia. Io, sai, ricomincio tutto da capo. Ho fatto l’igloo perché è ricominciare da capo tutto; al mattino io posso stare dentro una specie di semisfera ideale o reale, per ricominciare, perché sento la necessità di ricominciare (Mario Merz). Di vetro o di pietra, di sacchi o di foglie, di catrame o di luce, l’igloo di Merz è sempre la casa ideale dove potersi rigenerare, raccogliere, pensare, essere. Dove poter crescere nell’armonia di quel naturale sviluppo organico, o dove poter ritornare quando si sente, appunto, la necessità di ricominciare. E finalmente la Fondazione Merz, sede espositiva, centro studi ma soprattutto raccolta del fondo delle opere dell’artista. Dopo Il volo dei numeri sulla Mole Antonelliana, il grande igloo sul passante Ferroviario, le grandi mostre alla Galleria d’Arte Moderna e al Castello di Rivoli, Torino vede l’apertura del nuovo spazio dedicato a Merz, ma, all’inaugurazione, è parso più un luogo che l’artista dedica a noi. Si è visto lo spazio attorno ai tavoli sempre più grandi saturare lentamente: una persona, poi 2, 3, 5, 8… Si sono viste le persone percorrere le traiettorie esterne dei tavoli a spirale, come un grande girotondo la cui fine procede nell’inizio. Si è visto un luogo dove c’è una legge inscritta ovunque, dove tutto passa, tutto scorre, tutto torna. Un ambiente dove si sente di ricominciare da capo.

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