Come gestire i conflitti

I momenti di tensione possono essere interni, dunque rivolti verso sé stessi, o interpersonali, dunque generati da altri. Non possono essere eliminati, ma si può imparare a viverli più serenamente.

La nostra quotidianità è costellata da più o meno complessi momenti di conflitto intrapsichico o interpersonale. Quando diciamo: «non so quale sia la cosa migliore», «sento un contrasto tra più voci e non so quale sia quella da ascoltare», «non sono pienamente convinto che sia la scelta giusta», «mi sento bloccato e non riesco a capire cosa fare», «vorrei agire, ma non faccio», «in quella situazione mi sento schiacciato dagli altri»,  ecc…

Sono frasi che sicuramente abbiamo detto o ascoltato molte volte, quindi immaginiamo cosa può voler dire. Talvolta i conflitti interni possono determinare dei loop nel prendere delle decisioni o dei blocchi nella scelta di qualcosa, oppure delle fughe da certe situazioni da risolvere, e non solo. Momenti che possono essere faticosi da vivere e talvolta carichi di sofferenza.

La capacità di gestire il conflitto è connessa alla capacità fermarsi e comprendere a più livelli cosa sta accadendo, ed elaborare le diverse istanze interne, spesso rappresentate come più forze in contrasto tra loro. Per poter affrontare le situazioni conflittuali diventa necessario saper ascoltare le proprie emozioni e i propri desideri. Ogni persona ha un rapporto differente con questo aspetto, l’esperienza che ciascuno fa è influenzata dalla propria autobiografia; possono essere infatti molteplici i modi con cui si affronta la conflittualità. L’importante è lavorare sull’ascolto dei sentimenti e delle emozioni, “stare” sul vissuto a 360°, cogliere quali siano queste forze contrastanti dentro e cosa vogliono comunicare.

Quando il conflitto, invece, è di tipo interpersonale può essere accompagnato da un sentimento di inadeguatezza. Il sentimento di impotenza e vergogna che quindi ne può derivare è generato all’interno di relazioni interpersonali asimmetriche, cioè situazioni in cui si vorrebbe “trionfare” e non ci si riesce, si vorrebbe essere accettati e invece ci si sente esclusi, ci si vorrebbe sottrarre al potere degli altri e invece si è dominati.

Usando un concetto dell’analisi transazionale si ha la percezione: «Io non sono ok e tu sei ok». La vergogna che ne può derivare è un’emozione speciale, considerata un’emozione della consapevolezza perché comporta un autoriferimento (un senso di responsabilità). Lo psicologo Marco Battacchi la chiamava emozione interpersonale in quanto richiede un riferimento non solo a sé, ma anche al confronto con gli altri. Nel conflitto interpersonale dunque può essere utile utilizzare la filosofia “Okness”, per cui “Io sono ok e tu sei ok”, una posizione esistenziale sana, ha alla base di questo assunto il valore di ogni persona, quindi un’accettazione reale di sé e degli altri.

Tornando, invece, sulla conflittualità interna (intrapsichica), in ogni conflitto c’è un “vuoto” che vuole essere colmato. Spesso ci si muove tra emozioni e sentimenti per trovare comportamenti validi per contrastare questo vuoto. La sfida in questo caso è quella di soffermarsi sulla conflittualità, di starci dentro. Il conflitto attiva una serie di fattori che mobilitano necessariamente l’angoscia. Affrontarlo richiede la capacità di gestirla. Non si tratta di progettare il futuro, ma di stare nel presente e ricercare una buona soluzione, trovare delle risposte che permettano una sana elaborazione del conflitto. Stare nel presente prendendo consapevolezza delle emozioni, del vissuto, dei sentimenti, delle diverse istanze in opposizione per poi passare a un’azione congruente.

Il conflitto è qualcosa che non possiamo eliminare, ma possiamo imparare ad affrontarlo con sempre maggiore fluidità. Un allenamento da cui si può iniziare è ascoltare i propri bisogni e riconoscere le proprie emozioni!

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