Come curare la depressione

Rispondiamo volentieri ad alcuni lettori che ci chiedono di sapere quali sono le possibilità di cura per questa malattia. Come è noto in medicina la diagnosi è il primo e più importante passo per un’efficace terapia. Per questo è bene tenere presente quanto detto nella precedente rubrica sul numero scorso. Da questa si capisce come ci si può trovare di fronte ad una depressione lieve o grave. Molto importante inoltre è l’epoca d’inizio. La forma giovanile può essere ignorata o sottovalutata, mentre la depressione dell’anziano è quasi sempre più seria e facilmente r icon o s c i b i l e . Nell’età adulta è possibile trovarsi di fronte a quella che è definita depressione mascherata, perché si nasconde dietro sintomi somatici prevalenti. In questi casi il paziente può negare o anche riconoscere la presenza di depressione o ansia, ma insiste sul fatto che esse sono secondarie a un disturbo fisico che sfugge alla diagnosi. La depressione reattiva ad eventi ambientali importanti (es. un lutto) non richiede farmaci ma un adeguato periodo di relativo riposo. Nell’anziano questa forma può durare più a lungo. Nella depressione seria, particolarmente se associata a disturbi vegetativi, come insonnia, inappetenza, che persistono per alcune settimane, è necessaria una terapia farmacologia, specialmente se si tratta di recidive o esiste un’analoga storia nella famiglia. Esiste una vasta gamma di farmaci antidepressivi che si è ampliata parallelamente all’aumentata diffusione di questa malattia nella popolazione. Essi possono essere schematicamente raggruppati e somministrati da soli o in associazione tra loro. I più recenti sono gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (Ssri) che, impedendo appunto la ricaptazione del neurotrasmettitore serotonina, portano a migliorare la sua funzione nella trasmissione degli stimoli tra le varie cellule cerebrali, rallentati dalla depressione. Meno recenti, ma ugualmente efficaci, cono gli inibitori delle m o n o a m i n o s s i d a s i (Imao) che hanno la funzione di bloccare altri neurotrasmettitori, come la noradrenalina, la dopamina e la stessa serotonina, in modo da facilitare, analogamente agli Ssri, la trasmissione degli stimoli tra le cellule cerebrali. Un’altra classe di psicofarmaci è quella degli eterociclici, sconsigliata negli anziani per gli effetti collaterali che possono produrre a livello cardiaco, prostatico, oculare. In casi accuratamente selezionati può essere di aiuto il trattamento elettroconvulsivante, nel passato sottoposto a due critiche. L’elettroschock, merito dell’italiano Cerletti, può invece risolvere i casi resistenti alle terapie farmacologiche, quando sia consistente il rischio di suicidio, anche in gravidanza. Le pratiche psicoterapeutiche trovano indicazione in ogni caso, sia da sole, nelle forme lievi e moderate, sia anche in quelle gravi, dove il trattamento farmacologico assume primaria importanza. In proposito va segnalata la terapia cognitivo-compor tamentale mediante programmi multimediali, la quale sarebbe ugualmente efficace, meno costosa ed in grado di ridurre i tempi necessari di questo tipo di cura. Fermo rimane tuttavia che tutti questi rimedi, necessariamente descritti in modo generico, data la natura stessa della rubrica, non possono prescindere dalla necessità di una terapia clinica, a diretto contatto del curante con il paziente, in alternativa ad una terapia soltanto farmacologia, forse più scientifica, ma sicuramente meno umana.

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