Come angeli nella notte

Due amici - Nicola, cristiano e Gozmir, musulmano- nelle periferie della metropoli egiziana, cercando la "bellezza nascosta".
Articolo

Di passaggio a Roma, proveniente dall’Egitto, Nicola mi racconta della sua amicizia con i piccoli e gli ultimi delle periferie del Cairo, dove lavora come operatore turistico. Un’esperienza, la sua, che può richiamare quella di tanti missionari che dedicano la propria esistenza agli emarginati di quella immensa città, ma che si caratterizza per quel dialogo della vita tipico dei Focolari. Mi trovavo al Cairo da quasi un anno. Straniero e cristiano, ignaro della lingua, della religione e della cultura del popolo egiziano, se non per aver letto qualche romanzo di Nagib Mahfuz, chiedevo a Dio di farmi incontrare la persona giusta per avvicinare gli emarginati di quella metropoli e arrivare al loro cuore. Sempre più vivo infatti era in me il desiderio di condividere con chi soffre, insieme agli aiuti materiali, l’esperienza spirituale che dava senso alla mia vita. Senza alcuna intenzione di proselitismo, s’intende. È vero che talvolta, nei fine settimana, davo una mano alle Piccole sorelle di Charles de Foucauld, alla periferia del Cairo. Ma nei quartieri di baracche la gente aveva pur sempre un tetto; quanti invece ne avevo visti lungo le strade periferiche o le linee ferroviarie, privi pure di quello! Ma più di tutto, mi straziavano l’anima i bambini, quei bambini bellissimi e sorridenti che l’estrema indigenza non era riuscita ancora a sfigurare. Come farmi prossimo, abbattendo il diaframma che mi separava da quel mondo? Gozmir mi fu presentato da una Piccola sorella. In quel giovane musulmano di 23 anni riconobbi subito un puro di cuore: per coerenza ai suoi princìpi morali, aveva perso un ottimo posto e ora doveva arrangiarsi con lavori occasionali; malgrado tutto, però, a forza di sacrifici, era riuscito a portare avanti gli studi: un esempio che il riscatto sociale era possibile anche ad altri come lui, che era nato in una baracca. L’amicizia tra noi, di culture e religioni diverse, cominciò a stringersi quando, dovendo traslocare, Gozmir si rivelò un aiuto prezioso per fare acquisti a prezzi convenienti e contattare mano d’opera per le migliorie necessarie al mio nuovo alloggio. Solo allora, nel rapporto di fiducia così stabilito, venni invitato a pranzo a casa sua: un vero tugurio, a giudicarlo dall’esterno, ma lindo e ordinato dentro. Così conobbi sua madre. Del padre, invece, non si avevano più notizie da quando lui contava appena pochi mesi di vita. Un sabato pomeriggio, come al solito, Gozmir mi aiutò a riunire un gruppetto di bambini della baraccopoli per dar loro lezioni di chitarra e di canto: un modo come un altro per farceli amici. Quella volta, però, dopo la riunione, lo presi in disparte: era venuto il momento di comunicargli un mio progetto riguardante i bambini di strada. Cosa ne pensi?, volli tastare per non condizionarlo con le mie conclusioni. Fino a quel momento Gozmir mi aveva ascoltato attentamente. A me sembra – prese a dire – che una volta individuato il posto dove iniziare, dovremmo capire dai bambini stessi di cosa hanno bisogno, guadagnarci la fiducia delle famiglie per poi convincerle a mandarli a scuola. Solo così potranno ritrovare la loro dignità, riscattarsi da questa vita senza sbocco e sperare in un futuro migliore. Sorprendente! Mi aveva appena espresso nel modo più semplice e lineare le stesse idee che andavo rimuginando da mesi. Hai detto bene, bisogna calarci nelle loro esigenze concrete, senza far cadere niente dall’alto… Ma non è facile, almeno per uno straniero come me!. Gozmir mi fissò con i suoi occhi nerissimi e limpidi: Tu dici e io faccio, sentenziò. Mi commosse questa sua totale disponibilità e al tempo stesso mi rese consapevole di quale responsabilità sarebbe stata la mia qualora lo avessi coinvolto in qualche folle avventura. Ancora non ho le idee chiare – replicai -, ma Dio ci indicherà la strada. In Nicola, la passione per gli ultimi risale a un suo precedente soggiorno in Brasile, dove l’ha sconvolto quella megalopoli dei contrasti che è San Paolo, in bilico tra opulenza e miseria. Il suo impegno per contribuire pure lui all’unità della famiglia umana, chiesta da Gesù, ha ricevuto lì un’ulteriore conferma. Ma intanto quel Gesù che muore oggi continua ad interpellarlo anche dopo essersi trasferito, per motivi di lavoro, nella terra irrigata dal Nilo. Lì, anzi, la visione degli ultimi che trascinano la loro esistenza nella sporcizia diventerà assillo quotidiano. Il Cairo come San Paolo… Cambiava lo scenario, ma il Personaggio che mi aveva preso il cuore rimaneva lo stesso. Era lui, Gesù crocifisso e abbandonato, che si presentava a me nei miseri, negli emarginati, nei privi di salute, di dignità, di conforto. Lui la bellezza nascosta dietro ogni apparente bruttura fisica e morale, il vero perché del mio amore per l’Egitto. Forse per questo, nonostante tutto, non mi sentivo schiacciato dagli immani problemi sociali di quel Paese, nei quali mi imbattevo ad ogni piè sospinto. Era fin troppo evidente l’impossibilità da parte mia di risolverne qualcuno. Per me non esisteva tanto il problema, esisteva Gesù da amare: e questa consapevolezza mi permetteva di affrontare senza affanno, anzi con gioia, le situazioni così come si presentavano, momento per momento. Per tornare a quel colloquio con Gozmir, va detto che il primo posto in cui mettemmo in atto il nostro progetto fu una discarica presso cui erano accampate una trentina di famiglie. Non ci proponevamo tanto di svolgere una attività sociale quanto piuttosto di essere una presenza d’amore fra quella gente. Avevamo portato caramelle per i più piccoli. Bastò un richiamo di una delle loro mamme e frotte di bambini si affollarono festosamente attorno a noi. Alcuni erano piccolissimi, a piedi nudi, ma camminavano con naturalezza sui ciottoli aguzzi. Dopo aver distribuito i nostri doni, ci intrattenemmo con loro a cantare e parlare, in un clima di semplicità e di gioia che ci fece letteralmente dimenticare lo scorrere del tempo e lo squallore del luogo. Con l’esperienza, la strategia dei due amici si sa perfezionando: fra l’altro scoprono che è preferibile muoversi col buio, in modo da dare meno nell’occhio (tanto più che c’è di mezzo uno straniero); e di volta in volta in posti diversi per evitare che malintenzionati, venendo a sapere degli aiuti alimentari distribuiti, cerchino di appropriarsene. Più danno e più si mette in moto anche la solidarietà altrui. Man mano infatti che la notizia di queste spedizioni notturne comincia a diffondersi nella cerchia dei loro amici e conoscenti, c’è chi mette mano al portafogli per contribuire in maniera concreta. Fra Nicola e Gozmir, intanto, l’intesa si fa sempre più profonda; spesso non serve neanche parlare perché si ritrovino ad agire concordi. Angeli nella notte, che passano silenziosi ricordando a chi soffre che non è dimenticato: così piace loro immaginarsi. In seguito non si tratterà solo di offrire aiuti sporadici, ma troveranno anche famiglie disposte ad adottare a distanza alcuni di quei bambini, assicurando loro in tal modo un futuro migliore. Tra le tante esperienze, una in particolare m’è rimasta impressa. Quel sabato notte, vagavamo per le periferie con le nostre borse cariche di cibarie, sfiniti per i chilometri percorsi senza aver visto l’ombra di un bambino povero. Sembra incredibile, al Cairo! Erano le 23 ed io pensavo: invece di andarmene in giro a quest’ora, avrei potuto trascorrere la serata in modo più piacevole. Chi me lo fa fare? Strada facendo, siamo tornati al punto da cui eravamo partiti, una stazione secondaria. E lì, finalmente, di bambini ne abbiamo trovati cinque, raggomitolati nei loro cenci. Facendo ritorno a casa, eravamo strafelici: non tanto perché la serata non era andata perduta, ma per una presenza di Dio che ci faceva sentire veri fratelli. Ripensandoci, prima di addormentarmi, mi rendevo conto che questa pienezza di gioia era dovuta proprio al rapporto con Gozmir. Anche prima di incontrarlo avevo cercato di dedicarmi agli ultimi. Ma ora era diverso. E lo era pure per lui, stando a una successiva sua confidenza: Ho sempre chiesto a Dio di poter aiutare gli altri, avendo io stesso ricevuto tanto. Adesso, assieme a te, posso realizzare questo desiderio. Cosa ci aspetta in futuro? Non lo so e non voglio pensarci. Una cosa è certa: quella goccia che Dio ci chiede di dare, va data. E finché avrò accanto uno come Gozmir, non sarò solo a cercare la bellezza nascosta.

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