Come aiutare la nazione più corrotta d’Europa?
«Se definiamo la crisi come solo tecnica, troveremo risposte solo tecniche. Per questo sono importanti le domande che ci facciamo». Scrive così Mauro Magatti nel suo ultimo libro La Grande Contrazione (Feltrinelli). E non potrebbe avere più ragione. Se continueremo a pensare a questa crisi solo all’interno della cornice dei modelli economici o delle categorie politologiche, non riusciremo a riconoscerne in maniera nitida i contorni, a chiarirne le cause e a individuare le soluzioni.
Uscire dalla cornice significa oggi, principalmente, rendersi conto che il declino che l’Italia sta vivendo ormai da anni, ha innanzitutto delle basi morali. Dare la colpa all’euro, al rigore della Germania, alla Banca centrale europea, non sono altro che sistemi per allontanare colpe che in realtà sono nella maggior parte dei casi solo nostre. Il vaso di Pandora degli scandali politici ed economici che sembra essersi aperto in questi ultimi mesi sta lì a mostrare quanto il nostro paese sia stato spolpato fino all’osso da una corruzione e da un malaffare dilaganti.
Avidi banchieri e manager senza scrupoli, truffatori internazionali, ma anche un’infinità di illeciti da ladri di polli, dal consigliere regionale che rendiconta come “spese per attività politica” l’acquisto dei feltrini della sua sedia (1 euro) al macellaio che la mattina presto sostituisce le date di scadenza sulla confezione dei petti di pollo. Situazioni diverse, certo, ma solo fino ad un certo punto. Queste pratiche diffuse, rappresentano infatti frammenti di una “cultura”, un insieme di regole tacitamente condivise che possono stabilirsi e diffondersi solo in un clima di presunta impunità. È questo clima di impunità che ci consegna il non invidiabile primato della nazione più corrotta d’Europa, assieme a Grecia e Bulgaria (dati Transparency International).
Sono questa cultura e questo clima d’impunità, dunque, che vanno combattuti e rimossi se si vuole sperare di poter invertire il cammino verso il declino che il nostro Paese ha intrapreso ormai da anni. E quale occasione migliore di queste elezioni? Quale occasione più propizia della campagna elettorale, per mandare agli elettori un forte segnale di discontinuità, di novità, di cambiamento? E invece ancora oggi tv e giornali riportano la proposta di un nuovo “condono”. Altro che discontinuità; qui pur di racimolare qualche voto in più si svende il Paese. Si ammicca ai furbetti, a quelli che si fanno ricchi alle spalle degli altri, a coloro che vogliono solo i benefici della vita in comune, ma non sono pronti a fare la loro parte, a quelli che ci mettono le mani nelle tasche dando poi la colpa ad uno Stato vorace, che diventa tale anche per colpa loro.
Scrivevo qualche tempo fa su questo giornale (Inspiegabile e ingiusto condono) come, in definitiva, «un condono altro non è che un inequivocabile segno di debolezza politica e una manifesta ammissione di incapacità a far rispettare la legge». Ma oggi riparlare di condono, in campagna elettorale, dopo anni di crisi durissima, è perfino più grave, imperdonabile: non è solo “incapacità” a far rispettare la legge, ma è una “manifesta volontà”, una promessa a non farla rispettare. Chi ha orecchie per intendere, intenderà benissimo questa promessa e si comporterà di conseguenza.
Già oggi la corruzione ci costa tra i 50 e 60 miliardi di euro all’anno; il sommerso tra i 255 e i 275 miliardi, il che equivale ad un mancato introito per l’erario di 100-120 miliardi. L’evasione di Iva e Irap arriva a 46,5 miliardi. A fronte di questi dati, è utile ricordarsi che la manovra “lacrime e sangue” dell’Imu, vale 20 miliardi, solo quattro se si considera la prima casa; un quindicesimo del costo della corruzione. Cosa ci vuole per farci invertire la rotta? Cosa aspettiamo a dare un segnale chiaro e inequivocabile che le regole si rispettano? Gli italiani vinceranno la sfida della crisi solo se abbandoneranno l’ambiguità delle furbizie individuali e la doppia morale del “così fan tutti”. Oggi constatiamo che certa politica non è in grado di prendere posizioni nette al riguardo, di far propria una scelta morale intransigente, orientata principalmente al bene comune. Che allora siano i cittadini a pretenderla questa scelta, mandando questo chiaro segnale, con il loro voto,