Come abbiamo armato Erdogan

La Turchia, quarta potenza Nato, si muove da una posizione di forza verso i Paesi occidentali. Le enormi forniture di armamenti non hanno condotto ad alcuna influenza sulla politica di Ankara
(AP Photo, File)

L’attacco turco ai curdi siriani sta mettendo in evidenza le contraddizioni politiche di governi che per anni hanno rifornito di armi e munizioni il governo di Erdogan, pensando che il suo autoritarismo potesse essere tenuto a bada con posizioni concilianti e morbide rispetto alla diffusa repressione dei diritti umani sia contro gli oppositori politici sia contro le minoranze interne.

I finanziamenti accordatigli per accogliere i profughi dalla crisi siriana e per non farli venire in Europa si sono mostrati ben poca cosa, al punto che “il sultano” li sta usando oggi come ulteriore minaccia verso il Vecchio Continente, che trema all’ipotesi dell’arrivo di milioni di profughi dall’ennesima guerra mediorientale.

Erdogan è cosciente della sua posizione di forza, data anche la collocazione geopoliticamente importante di Ankara, che controlla gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli e sul cui territorio transitano diverse pipeline, tra cui la nota TAP. Le proteste diplomatiche dell’UE, le minacce di azioni economiche da parte statunitense, il dissenso russo non sembrano scalfire per ora l’azione turca.

Le forze armate turche rappresentano la quarta potenza militare della NATO, con 700 mila uomini, con un migliaio di aerei, 3.200 carri da combattimento, 9.500 mezzi corazzati e 194 navi tra fregate, cacciatorpediniere e altre.

Le Türk Silahlı Kuvvetleri (forze armate turche) sono state abbondantemente rifornite nel corso dell’ultimo decennio per un valore di quasi 7 miliardi di dollari relativamente ai maggiori sistemi d’arma (aerei, navi, mezzi corazzati, artiglieria ecc.).

Gli USA hanno venduto alla Turchia interi arsenali, tra cui 100 caccia F-35A Lithening-2, 69 elicotteri multiruolo Sikorsky UH-60 Black Hawk, 125 RIM-116 Rolling Airframe Missile missili per la difesa aerea, 107  missili AIM-120 Advanced Medium-Range Air-to-Air Missile aria-aria a medio raggio e l’elenco potrebbe ancora continuare.

La Germania ha venduto, tra l’altro, ben 350 carri armati Leopard-2A4  e 6 sottomarini Type-214. La sola Italia ha rifornito Ankara, tra l’altro, di ben 68 elicotteri da combattimento A129 Mangusta (assemblati o prodotti su licenza direttamente in Turchia), 6 aerei ATR 72MP  per la lotta antisommergibile e per il pattugliamento marittimo, 8 cannoni navali Super Rapid 76mm, 16 cannoni navali Compact 40L70, 8 cannoni Oerlikon 25 mm (tutti sistemi d’arma della Leonardo ex-Finmeccanica, ad eccezione della privata Oerlikon).

Pertanto, le recenti dichiarazioni di alcuni governi europei (tra cui Francia, Germania, Italia, Olanda, Finlandia, Spagna, Austria e Belgio) in merito all’embargo di armi ad Ankara appaiono inadeguate, seppur necessarie. Inadeguate per tre motivi: il primo consiste nel fatto che gli arsenali di Ankara sono talmente riforniti che un blocco dell’invio di armi e di munizioni non scalfisce la potenza di fuoco delle sue forze armate, almeno nel medio periodo, garantendo piena libertà d’azione nella campagna “Fonte di pace”.

Il secondo è relativo ai tipi di embarghi dichiarati che, ad oggi, sembrano per lo più riguardare eventuali contratti futuri ancora da firmare, mentre verrebbero onorati quelli già in corso: in poche parole, le armi e le munizioni verrebbero ancora inviate fino a scadenza contrattuale. Il terzo emerge dal consueto ordine sparso con cui si muovono i partner europei: non un accordo comune chiaro e preciso, ma lasciato all’autonoma decisione nazionale, a rappresentare ancora una volta la fragilità e la lentezza politica dell’Unione.

In poche parole, gli si sta dicendo che per la prossima guerra (alcuni e forse) non gli daranno le armi e le relative munizioni. Per ora quelle contrattualizzate gli arriveranno.

Sono minacce che lasciano il tempo che trovano. Anche le sanzioni economiche ventilate dalla Casa Bianca, se applicate, avranno forse un effetto in un tempo certamente successivo alla guerra di conquista del Kurdistan siriano.

È il caso che, a parte queste dichiarazioni “minacciose” ad uso dell’opinione pubblica, ci si interroghi sui rapporti con il regime di Erdogan e sulla sua permanenza all’interno della NATO, avendo il coraggio di rischiare anche che Ankara approfondisca l’attuale, esile feeling con Putin, a cui già si è rivolta da tempo, ma con esiti alterni (va ricordato l’abbattimento del  caccia Su-24 russo nel novembre 2015, a cui Mosca rispose accusando Erdogan e la sua famiglia di contrabbandare il petrolio dell’ISIS).

Oggi la Russia sembra addirittura volersi interporre militarmente tra le forze armate di Assad, ora alleate dei curdi, e quelle turche, a colmare un vuoto che invece la comunità internazionale avrebbe dovuto tempestivamente ricoprire.

Ancor più i cosiddetti governi democratici dovrebbero interrogarsi sulle disinvolte esportazioni di armi e di munizioni, nonché sugli accordi di cooperazione e di assistenza militare con regimi quali quelli di Erdogan, ma anche di Al Sisi in Egitto o della monarchia saudita, per volerci limitare alla sola area mediterranea.

Ancora una volta le forniture di armi e gli accordi di cooperazione militare non rappresentano alcuna forma di condizionamento di tali regimi, che anzi vedono nei governi democratici una grande disponibilità non solo a violare sistematicamente normative internazionali come la Posizione Comune 2008/944/PESC  dell’UE e il Trattato sul Commercio degli Armamenti  (2014), ma anche a chiudere più di un occhio in cambio di lucrosi commerci non solo di armamenti, ma anche di materie prime e quanto altro.

 

Forniture di maggiori sistemi d’arma alla Turchia 2010-2018 (milioni di $) (Fonte: SIPRI 2019)

  2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 Totale
Canada 3 12 9 4 28
Cina 35 35 35 105
Danimarca 9 9
Francia 15 8 23
Germania 126 40 28 13 50 14 2 26 30 328
Israele 69 22 9 17 15 132
Italia 5 13 168 35 69 32 139 89 181 731
Olanda 13 42 38 67 38 13 30 240
Norvegia 12 12
Russia 16 16
Arabia Saudita 62 62
Corea del Sud 181 206 198 165 6 6 6 6 6 778
Spagna 135 229 73 146 146 729
Gran Bretagna 25 25
USA 11 335 1.009 363 1.110 301 185 146 293 3.751
Totale 484 779 1.500 796 1.526 441 331 425 685 6.968

 

Export italiano di materiale d’armamento alla Turchia 2011-2018 (milioni di  €)

Fonte: elaborazione IRIAD su dati MAECI

  2018 2017 2016 2015 2014 2013 2012 2011
TURCHIA 362 266,1 133,4 128,8 52,5 11,4 43,4 171

 

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