I colpi di scena di Trump
L’ultimo ordine esecutivo del presidente Donald Trump torna a prendere di mira l’immigrazione e segna il ritorno a uno dei suoi più popolari cavalli di battaglia durante la passata e la presente campagna elettorale. Il Covid-19 ha cancellato i suoi comizi, sostituiti da quotidiane conferenze stampa che più che attirare e confermare elettori, stanno creando nuovi eroi, come il virologo Anthony Fauci e la coordinatrice della task force sull’emergenza, Deborah Birx, che oscurano di non poco la scena e la popolarità presidenziale.
Il twitter di mercoledì scorso con l’annuncio di una nuova restrizione sugli arrivi negli Usa da un lato ha costretto i funzionari a tour de force notturni sul decreto, dall’altro ha riacceso i riflettori sul presidente e la sua retorica al vetriolo. L’impatto di questa ultima norma non sarà così dirompente come annunciato dal cinguettio dei suoi 150 caratteri, mentre lo è e continuerà ad esserlo la criminalizzazione dei migranti, ancora una volta accusati di sottrarre lavoro agli statunitensi mentre si tenta di riaprire l’economia.
Anche il sito della Casa Bianca insiste sulla narrativa citando persino discorsi del passato di economisti e leader democratici, tra cui lo stesso Obama, contro l’immigrazione di massa. Stavolta però l’ordine esecutivo non limiterà l’ingresso di masse, ma di circa 50mila persone che possiedono permessi di lavoro e soggiorno temporanei. Numeri irrisori se paragonati a quelli della disoccupazione a seguito della pandemia, 701 mila solo in marzo, secondo i dati diffusi dal dipartimento del lavoro proprio venerdì della scorsa settimana, mentre le domande di disoccupazione si attestano sui 10 milioni per lo stesso mese. La previsione degli economisti si attesta sui 20 milioni in tutto, ma bisognerà aspettare le riaperture degli Stati per avere in mano dati e non solo previsioni.
Sul fronte migratorio ciò che allarma maggiormente sono i sistematici cambiamenti, ben 12, apportati dall’amministrazione Trump approfittando proprio della pandemia. Si sono posticipate le audizioni nei tribunali, bloccato il sistema dei visti, rimossi rapidamente i migranti arrestati alla frontiera, sospesa l’ammissione dei rifugiati, impedito agli avvocati di visitare i centri di detenzione al confine, sospesi i voli di espulsione verso alcuni Paesi. L’ultimo ordine avrà effetto anche sui visti religiosi e, pur restando in vigore 60 giorni, il testo lascia aperta la possibilità di un’estensione.
Tutti questi dettagli vengono minimizzati dai costanti colpi di scena presidenziali che calamitano l’attenzione pubblica. L’ultimo riguarda il commento sui disinfettanti da iniettare nei corpi dei contagiati per uccidere il virus, smentito immediatamente dai medici e dallo stesso presidente che venerdì ha accusato la stampa di non aver colto l’ironia. Intanto consigli simili su farmaci antimalarici e di altra natura dettati durante le conferenze stampa contano già due vittime in Texas e un silurato: il dott. Rick Bright, dell’autorità di ricerca e sviluppo biomedica avanzata, è stato licenziato bruscamente perché ha fatto resistenza all’ampio uso di clorochina e idrossiclorochina spinte dal presidente Trump per trattare il coronavirus. Bright presenterà una denuncia perché si indaghi «sulle pressioni ricevute da lui ed altri scienziati coscienziosi affinché finanziassero aziende con connessioni politiche e sforzi che non hanno merito scientifico».
Ancora distratti dal sostegno presidenziale alle proteste contro la chiusura di alcuni Stati a guida democratica, e dalle critica alla repubblicana Georgia per voler riaprire in maniera autonoma, in pochi si sono accorti del decreto del ministero dell’Interno che rimuove la protezione del governo sui 129 ettari di terra dei Mashpee Wampanoag, una riserva del Massachusset che apparteneva ai nativi americani. La terra, non più considerata riserva protetta con i suoi boschi e le montagne diventa boccone appetibile di speculatori. A lanciare l’allarme è stata Karenna Gore, direttore del Centro per l’Etica della terra che ha aperto una petizione a supporto dei popoli indigeni e un’azione legislativa perché si garantisca scudo perenne a queste proprietà. Questi sono temi che non rientrano nell’agenda elettorale del presidente, ma sono riusciti a ritagliarsi la scena assieme a medici, infermieri, lavoratori senza protezione sociale e impiegati in attività utili, le comunità afro-americane, e tutti quei governatori che in questa battaglia contro il Covid-19 sono più preoccupati di salvare vite e non di rincorrere voti.