Colpi di scena all’Unione africana
A Nouakchott, capitale mauritana, si parla innanzitutto di soldi. I 420 milioni di euro promessi dall’Unione europea lo scorso febbraio per l’Unione africana arrivano solo col contagocce. Parallelamente alle questioni di sicurezza relative alle crisi nel continente, i leader africani stanno nuovamente discutendo sull’Area di libero scambio continentale (Cfta). La sua creazione, lanciata il 21 marzo scorso a Kigali, potrebbe rappresentare un mercato di oltre 1,2 miliardi di persone in Africa. Secondo il presidente del Niger, «questo è un grande passo per l’Africa, verso l’integrazione del continente, lo sviluppo economico e sociale. Il Cfta unificherà il mercato africano che è attualmente un mercato frammentato».
Si parla anche in questo vertice dell’Ua anche dell’Organizzazione internazionale della francofonia (Oif). Il presidente ruandese Paul Kagame ha detto che cercherà di ottenere l’appoggio dei suoi pari per la candidatura del suo ministro degli Esteri, Louise Mushikiwabo, a dirigere l’Oif in ottobre. Il ministro ruandese ha già ottenuto il sostegno di gran parte degli Stati africani. Conta anche sul sostegno del presidente francese, Emmanuel Macron.
Macron, appunto. Di continuo sbarca in Africa. È preso da un attivismo che fa pensare. È onnipresente e non vuole cedere di un pelo sulla zona di influenza della Francia nell’Africa francofona. Ha detto a Nouakchott: «Riaffermo l’impegno della Francia e di tutti i Paesi membri del G5 Sahel a lottare contro l’oscurantismo e la vigliaccheria, le cui prime vittime sono gli stessi africani». In particolare Macron è preoccupato dalla politica statunitense in Africa, anche nel Sahel, che non vuole creare o sostenere organizzazioni transnazionali, ma vuole accordi bilaterali, come ad esempio ha fatto col Niger.
Non a caso, quindi, il presidente francese ha incontrato a porte chiuse per una cena di lavoro i capi di Stato africani presenti al XXXI vertice dell’Unione africana, incontrando poi i cinque presidenti dei Paesi che fanno parte del G5 Sahel (Mauritania, Niger, Burkina Faso, Ciad e Mali), oltre che il presidente della Ua.
In effetti, gli ultimi due attacchi terroristici in Mali, venerdì a Sévaré e domenica a Gao, danno a questo incontro un tono di speciale urgenza. In quest’ultimo attacco i soldati francesi dell’operazione Barkhane sono stati presi di mira da un’operazione “terroristica” a Gao nel Nord del Paese, facendo quattro morti e circa 20 civili feriti, secondo le autorità maliane. E domenica dieci soldati nigeriani sono stati uccisi e quattro sono stati dispersi in un attacco attribuito al gruppo islamista nigeriano Boko Haram su una posizione militare nel Sud-Est del Niger, ha comunicato il ministero della Difesa nigerino.
«Se il personale del G5 Sahel è stato attaccato, è che ci sono molti difetti nell’organizzazione», ha detto il capo di Stato mauritano, Mohamed Ould Abdel Aziz. Ufficialmente, la forza comune del G5 Sahel, voluta fortemente da Parigi per lottare contro il jihadismo sahariano, è operativa; ma l’attacco omicida di Sévaré lo scorso venerdì al momento della preghiera, dimostra che questa forza congiunta non è nemmeno in grado di istituire un perimetro di sicurezza intorno alla sua sede.