ColoriAMO la città

Solo un gioco, si potrebbe pensare. Ed invece quei progetti, nati come un gioco, non sono rimasti sulla carta né relegati nella categoria dei sogni, ma sono divenuti il loro programma: in migliaia hanno iniziato a dargli forma e vita per le strade ed i quartieri di molte città del mondo. È nata così ColoriAMO la città, una delle più recenti iniziative dei Ragazzi per l’unità con lo scopo di riportare l’amore tra le persone delle nostre città. Insieme per migliorare Hanno tra le mani tubi e cartoni e nella testa l’idea di una città da costruire. Sono i centottanta ragazzi che qualche tempo fa, provenienti da dieci paesi dell’Europa e del Medio Oriente, si sono dati appuntamento a Loppiano, sulle colline toscane, per vivere insieme un’esperienza di fraternità. Convinti che quando il mondo sarà unito anche i luoghi nei quali viviamo cambieranno aspetto, hanno provato a realizzare in piccolo edifici, strade e strutture delle nostre future città. Così hanno trasformato un prato in un grande cantiere nel quale, divisi in gruppi, hanno lavorato insieme, nessuno escluso, alacremente ed in armonia. E della nuova città non hanno tirato su solo pareti di cartone. Con l’aiuto di adulti ed esperti hanno provato a stendere alcune norme e scrivere i regolamenti dei diversi settori. Fulcro della vita e legge tra tutti la Regola d’oro: Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te. Al centro della città hanno voluto la chiesa, con un grande rosone che ricorda di essere tutti pietre vive. Accanto ad essa il municipio con pareti interamente in vetro, perché tutto, nell’attività politica, dovrà essere trasparente. Nuova architettura, con sbarre colorate alle finestre, per l’Istituto penale minorile indicato sempre con la sigla Ipm divenuta, però, abbreviazione di Insieme per migliorare. I colori hanno invaso anche la stazione ferroviaria nella quale si dà il benvenuto in modo allegro con l’altoparlante, mentre il personale accoglie i viaggiatori e sulle pareti sono scritti motti da vivere. E quando in viaggio si mette in pratica la Regola d’oro, i passeggeri non metto- no i piedi sui sedili dei vagoni che rimangono in ordine, con cartelloni e scritte per festeggiare i compleanni dei passeggeri. Poco distante dai binari numerosi vasi di fiori abbelliscono invece la Casa del sole, nella quale il personale di servizio agli anziani della città, aiutato da ragazzi ed adulti, trova nel proprio lavoro la forma più bella dell’amore scambievole. Passeggiando per questa originale città si incontrano anche le aziende che rispettano le leggi dello stato e dell’ambiente, danno importanza alle persone prima che alla produzione e nelle quali c’è stima e collaborazione anche con i concorrenti. Guardarsi intorno Riflessioni, discussioni ed approfondimenti sul tema della città si sono da allora moltiplicati e ripetuti in varie parti dei cinque continenti. Per i Ragazzi per l’unità l’occasione per idee e proposte da tradurre poi in impegno concreto. La prima fase è stata quella di ritrovarsi, per città o per quartiere, coinvolgendo amici e compagni di scuola e stringere insieme un patto: l’amore reciproco doveva essere la legge dei rapporti tra loro e con tutti. Poi si è passati all’azione prendendo, per così dire, le misure della città alla ricerca di chi aveva più bisogno di aiuto. Hanno iniziato dagli emarginati, dalle persone che soffrono, da chi ha difficoltà economiche scoprendo nelle città, magari nascosti, tanti tipi di povertà, materiale e spirituale. A Torino l’occasione per andare a trovare i più soli è stata la festa di capodanno. All’inizio non era facile invitare gli amici – raccontano i Ragazzi per l’unità del capoluogo piemontese -. Ad alcuni di noi è successo di sentirsi dire: Ma siete matti? Cosa c’entra col Capodanno andare nelle case di riposo?. Alla fine, però, eravamo in centocinquanta . Divisi in quattro case di riposo hanno fatto scenette e cantato con gli anziani. Poi, su alcune tovaglie, ognuno ha disegnato l’impronta della propria mano: una decorazione che ricordava la nuova amicizia costruita. A Genova hanno invece realizzato una grande mappa della città nella quale hanno segnato i luoghi nei quali c’era più bisogno di portare l’amore. Ognuno si è impegnato anche ad andare incontro alle persone sole o messe da parte. Progetti nei quali hanno coinvolto tanti a diventare ragazzi multicolore, capaci cioè di colorare la città con pennellate d’amore. Insieme ad adulti e famiglie sono nate varie iniziative riunite sotto il nome di Genova La Lanterna in riferimento al faro simbolo della città. Come la lanterna – spiegano – guida le navi in porto, così l’amore tra noi deve trasformare e guidare Genova ad essere lanterna anche per altre città. A Chiara di Milano invece, guardarsi intorno per colorare la città, ha fatto ricordare gli anziani ed i malati psichici della casa di cura vicina alla sua abitazione. Iniziate le vacanze ha trascorso lì i suoi pomeriggi, perché il regalo più grande per quelle persone era avere qualcuno con cui parlare. Un giorno, incuriosita da una signora sempre in silenzio, ha scoperto che veniva dalla Romania. Ricordandomi della Regola d’oro – racconta Chiara – ho pensato che al suo posto mi sarei sentita sola. Sono corsa in biblioteca per prendere un vocabolario italiano-rumeno e su Internet ho cercato materiale che mi aiutasse a comunicare. Quando siamo riuscite a scambiare qualche parola ho visto il suo volto accendersi. Ogni giorno la conoscevo di più e sono anche riuscita ad invitarla a pranzo a casa mia. Partire dagli ultimi A volte le iniziative sono preparate ed altre improvvisate, come è accaduto ai ragazzi di Bergamo quando, una sera, per strada hanno incontrato un povero rannicchiato per il freddo. È bastato uno sguardo per accordarsi e tirare fuori i panini dei loro zaini. Quando si sono avvicinati per chiedere se era contento di ricevere qualcosa da mangiare, ha risposto commosso: In voi vedo l’amore di Dio. Le hospederias, luoghi di accoglienza per le persone senza fissa dimora, sono invece meta delle attività dei ragazzi cileni a Santiago, Villa Alemanna e Linares. Due anni fa hanno iniziato in pochi, oggi sono in 40. Una sera – racconta Pedro – ho avuto l’impressione che con le nostre visite non facessimo poi molto. Più che fermarmi dando retta a quello che sentivo, ho capito però che dovevo voler bene a quel barbone così triste che avevo accanto. L’ho ascoltato fino in fondo: mi ha confidato che desiderava morire. Ho condiviso con lui un panino, un caffè e tutto l’amore che avevo. Mentre stavo andando via mi ha abbracciato dicendo che quanto facevamo era molto bello per lui e per tutti. Ho capito che l’amore è incredibilmente forte. Sono partito pieno di gioia. In Brasile ColoriAMO la città ha visto invece 300 Ragazzi per l’unità di tutto il paese darsi appuntamento al Jardim Margarida, un quartiere povero non lontano da San Paolo. Hanno coinvolto i ragazzi del quartiere in un divertente orienteering che li ha portati a trovare la persona più anziana e quella più giovane, a festeggiare chi compiva gli anni, ad intervistare la famiglia più numerosa, ad improvvisare giochi. Un’occasione per conoscere le persone del quartiere e le diverse realtà nelle quali vivono. Un’esperienza che non è finita quel giorno, ma continua moltiplicandosi anche in altre città, dal nord al sud del Brasile. Da una città all’altra In Argentina sono stati oltre 4 mila gli adolescenti coinvolti nel progetto Aprendo strade di fraternità, l’azione dei ragazzi di Rosario, Salta, Mendoza, Tucumán, Cordoba, Entre Rios e Chaco. L’idea era preparare progetti che, con la partecipazione dei ragazzi, contribuissero a realizzare la fraternità nelle città. Ne sono nati trentadue ai quali si continua a lavorare. All’azione hanno partecipato anche insegnati, presidi ed autorità tra le quali Roberto Martinez Zavalia, sindaco di Tucumán, ed il governatore di Salta, Juan Carlos Romero. Le proposte dei ragazzi, elaborate durante alcuni forum e raccolte in un manifesto, sono state il contributo dei ragazzi all’incontro dei sindaci latino-americani tenutosi a Rosario il 2 ed il 3 giugno 2005. È stata molto, molto bella questa esperienza – ha detto una ragazza di Cordoba – poter esprimerci ed esser ascoltati. Ci sentiamo parte di un cambiamento possibile. Noi non siamo solo il futuro, ma il presente – si legge nelle conclusioni di uno dei gruppi di lavoro dei forum – È necessario che i politici sperimentino, come noi, quello che oggi abbiamo vissuto: la fraternità, il dialogo, nella piena accettazione della diversità. Un augurio a queste città che i Ragazzi per l’unità stanno colorando è arrivato recentemente da Chiara Lubich che ha detto tra l’altro: Con l’amore scambievole acceso su tanti punti d’Italia e di altre città d’Europa e del mondo arriveremo al mondo unito, dove anche le città si ameranno tra loro. RANCHES DE VIE Elemosina vera o falsa La vita in una grande città di un cristiano qualunque. Fra difficoltà e qualche (lieve) successo. Stimo gli immigrati, che sono tantissimi. Almeno in teoria: sarei infatti un cristiano, no? Eppure, a vederli elemosinare a cento metri l’uno dall’altro, per strada, a sentirli suonare musiche improponibili nella metro affollata, sfruttando per di più i bambini, un giudizio negativo mi sale in testa più che spontaneo e frequente. Davanti alle chiese poi, il fenomeno del mestiere del povero, a livello familiare, è consueto. Il Comune sembra far poco o niente. Io brontolo sovente con me stesso, salvo poi ricordarmi che – secondo il vangelo – Cristo sarebbe presente nei poveri… Ma quella famiglia o quell’anziana zingara che ogni giorno lavora davanti alle chiese, non mi va giù. Arriva in taxi e in taxi riparte… Così più di una volta mi sono fermato davanti alla famiglia, specie al giovane marito che fa far un figlio dopo l’altro alla sua moglie ragazzina, trattandola a pesci in faccia. Gli ho chiesto come mai non lavorasse e lui ha dato la colpa a chi non l’aiuta… Ho dato l’elemosina, ma senza cuore. Una mattina, della famiglia è rimasto solo il nonno. Un anziano rugoso e gioioso, gentilissimo nel salutare e nell’augurare buona giornata. Mi ha sorpreso. Gli ho dato l’elemosina. Qualche giorno dopo mi sono trovato senza soldi: ero imbarazzato, pensavo si aspettasse il mio contributo. Se n’è accorto e m’ha detto: Non si preoccupi, i soldi vanno e vengono, le auguro una bella giornata . Mi sono preso un colpo. Il nonno mi ha dato una lezione. Che è continuata, perché – guarda caso – anche il giorno dopo, per un disguido, non avevo spiccioli. E lui, tranquillo: Oggi fa caldo, non lavori troppo, buona giornata. E poi, con solennità: Dio la benedica . C’è da imparare, se uno fa attenzione. Così, la zingara anziana davanti all’università che da anni mi vede, sorride quando le do qualcosa per il figlio malato (sarà vero? sto pensando di sì), si preoccupa per me perché il temporale mi ha sorpreso senza ombrello e sono fradicio dalla testa ai piedi: non avrò il tempo di andare a casa a cambiarmi… Mi ferma e mi racconta le sue pene. Io friggo un po’, perché ho un appuntamento; ma, questa volta davvero, mi ricordo il vangelo, lascio la fretta e ascolto. Mi chiede, per la prima volta, che faccio all’università. Le rispondo che sto andando appunto a dare un esame. Allora prego per te, andrà meglio di quel che ti aspetti, dice con sicurezza tranquilla. Io la guardo incredulo. L’esame in effetti è da trenta e lode. Ma il merito, più che mio, credo sia dell’anziana alla quale, guarda un po’, mi ero dimenticato di dare il contributo. Insomma, le sorprese della vita.

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