Coloriage, mascherine solidali
“Su la maschera” è il nuovo progetto realizzato all’interno della sartoria sociale Coloriage, che dal 2019 si occupa di promozione dell’artigianato, coinvolgendo migranti e giovani italiani senza lavoro. «In Italia l’artigianato ha una tradizione antica e preziosa che però stiamo perdendo – ci racconta Valeria Kone, fondatrice di Coloriage –, i ragazzi che lavorano nel nostro atelier vengono invece da Paesi dove la tradizione artigianale è ancora viva e ricchissima, in Africa ad esempio è molto più comune farsi realizzare un vestito da un sarto piuttosto che comprarlo in un negozio».
L’idea nasce dall’incontro tra Valeria, che già aveva avviato un progetto di promozione e salvaguardia della creazione artigianale aprendo una scuola di tessitura e tintura del cotone in Mali, e Sandrine Flament, che si occupava della produzione di accessori e complementi di arredo con artigiani della Costa d’Avorio. A loro si è aggiunto Khassim Diagne, sarto senegalese, che da oltre 20 anni lavora in Italia. «L’idea – continua Valeria – è di creare un ponte tra l’artigianato italiano e quello dei migranti per ridare un impulso anche alla nostra tradizione sartoriale». Coloriage ha infatti una doppia natura: è un laboratorio di produzione e una scuola di moda gratuita, solidale e multiculturale, aperta ai migranti presenti nel nostro territorio e ai giovani italiani disoccupati che cercano un’alternativa rispetto al mercato del lavoro di oggi.
L’ultimo progetto, portato avanti con entusiasmo e che ad oggi coinvolge 10 persone, è “Su la maschera”. Con la pandemia i sarti di Coloriage hanno deciso di andare incontro alle persone in difficoltà economica iniziando la produzione di mascherine ad offerta libera. «Grazie a una convenzione con il Municipio I di Roma, ad aprile, abbiamo fatto una prima donazione e le mascherine sono state distribuite con il servizio di Spesa sospesa in tutta la città. Il successo è stato enorme, ogni giorno produciamo 100 mascherine, ogni partecipante dona quanto può, alcune persone per sostenere il progetto hanno preso 2 mascherine lasciandoci 100 euro, permettendoci di spedire gratuitamente a chi non è in grado di acquistarle».
I tessuti utilizzati vengono comprati principalmente in Senegal e in Costa D’avorio, si tratta del cotone wax, che prende il nome da una tecnica di stampa con la cera che permette un assorbimento ottimale del colore, da qui nascono quei colori brillanti tipici dei tessuti africani. «Le nostre mascherine hanno due misure, per adulti e per bambini e sono composte da tre strati: uno in cotone wax fantasia, uno intermedio in spunbond, un tessuto impermeabile in 100% polipropilene che ne aumenta la sicurezza, e uno di cotone leggero a tinta unita». Si possono indossare sia dal lato fantasia che da quello tinta unita a seconda dell’umore o delle circostanze. Non solo una mascherina bella e sicura ma che combatte l’inquinamento ambientale, infatti le mascherine possono essere lavate regolarmente a 60 gradi, e dunque igienizzate e riutilizzate. «Con l’inizio del nuovo anno scolastico abbiamo ricevuto richieste anche da molte scuole che hanno deciso di adottare la mascherina “comunità”. Una richiesta per noi molto importante, basta pensare che per la scuola sono state promesse 11 milioni di mascherine chirurgiche monouso al giorno che avrebbero portato alla produzione quotidiana di 44 tonnellate di rifiuti, in questo modo si rimane in sicurezza rispettando l’ambiente».
Ma la produzione di accessori non si è fermata nell’ultimo periodo, a giugno 2020, proprio grazie alla produzione delle mascherine, è stata aperta una “boutique solidale” a Termini, che riaprirà il 6 ottobre dopo una breve pausa. Nel negozio sarà possibile trovare una nuova linea di accessori: borse, zaini, pochette, astucci, tovaglie, runner e molto altro. Il tutto prodotto in chiave ecologica: «Nell’atelier utilizziamo solo tessuti 100% naturali, inoltre chi vuole può portare un capo di abbigliamento vecchio e noi lo sistemiamo dandogli nuova vita grazie al riuso creativo».
Grazie al laboratorio Coloriage vengono sostenuti anche diversi progetti in Africa: in Mali ad esempio l’associazione Terià, fondata da Valeria con alcuni migranti del Mali, sta portando avanti dei progetti per promuovere una cultura biologica del cotone con una scuola di tessitura e di tintura naturale del tessuto sostenendo i lavoratori del cotone locali messi in crisi dalle politiche delle grandi multinazionali.