Colori per l’anima
Incontrare l’opera di Kandinsky vuol dire sempre intraprendere un viaggio dove linee, forme e colori riflettono un paesaggio interiore. Non può essere che così per l’artista russo che, oltre ad essere universalmente riconosciuto come il padre dell’arte astratta, ha scritto un testo dal titolo: Lo spirituale dell’arte. Alla mostra in corso ad Aosta troviamo opere realizzate tra gli anni Trenta e Quaranta, mai esposte prima in Italia. Sono gli anni delle “Composizioni”, della pittura astratta dalle forme definite e dalle campiture di colore nette.
Vedendo solo i lavori in mostra è difficile immaginare che anche questo pittore abbia iniziato dipingendo case, paesaggi, soggetti chiaramente riconoscibili. Poi, un fatidico pomeriggio del 1910, la svolta: entrando nel proprio studio, l’artista si incanta davanti ad un dipinto capovolto; lo riconosce a fatica, il riferimento alla realtà esteriore viene meno. Da quel momento la sua pittura indagherà solo le forme della realtà interiore e nello stesso anno dipingerà il suo primo acquerello astratto.
Con l’amico pittore Franz Marc fonda un gruppo artistico: “Il Cavaliere Azzurro”. A Kandinsky piacevano i cavalieri, a Marc i cavalli, a entrambi il colore azzurro perché capace di «portare il pensiero verso l’infinito». Sarà proprio il pittore russo ad indagare il potere persuasivo dei colori, arrivando ad affermare che chi guarda un determinato colore prova una determinata sensazione, come quando si ascolta un suono. Naturalmente tali indagini nascono dalla sua spiccata sensibilità: ascoltando le note di una musica di Wagner, aveva percepito dei colori, non solo dei suoni. «Un suono musicale provoca un’associazione con un colore preciso (…). In altri termini: sentiamo il colore e vediamo il suono».
Le parole del pittore restituiscono una convinzione che presto si riversa anche nei dipinti, allorché inizia ad utilizzare i colori secondo le loro capacità persuasive. Un colore può essere forte, piano, triste o allegro. Il giallo può essere acuto come un improvviso squillo di tromba, il blu invece è dolce come il suono di un flauto, il rosso forte e potente come un’intera fanfara, l’arancio sano come il tocco di una campana… Con questa consapevolezza dispone sulla tela forme e colori; la cura e l’ispirazione di tale atto sono degne di un compositore che scrive uno spartito musicale.
Le opere presenti in mostra testimoniano il periodo in cui il pensiero di Kandinsky vuole diventare un metodo rigoroso; tale rigore viene anche dal fatto che, nello stesso periodo, il pittore insegna al Bauhaus e deve trasmettere in maniera chiara il proprio pensiero agli studenti.
Se si vuol muovere nello spettatore una determinata sensazione si dovrà utilizzare quel colore e non quell’altro; un preciso accostamento di colori suscita certe sensazioni e non altre. Nulla a che vedere con l’approssimazione che accompagna spesso il termine “astratto”. E che scopo può esserci nel muovere determinate sensazioni nello spettatore? Ce lo spiega lo stesso artista parlando dell’arte: «L’arte è una forza che deve servire sensatamente alla creazione, all’affinamento dell’anima umana, che parla di cose che ad essa risultano come il pane quotidiano e che essa può cogliere solo in quella forma». L’arte appare come il nutrimento primario dell’animo, insostituibile, che non può essere tradotto in parole o discorsi. E allora l’atteggiamento è quello di mettersi davanti ai suoi quadri disarmati per cogliere le “vibrazioni” che quelle forme e quei colori rivolgono all’anima.
Wassily Kandinsky. L’arte astratta tra Italia e Francia. Aosta, Museo archeologico, fino al 21/10 (cat. Mazzotta).