Colombia: tra la pace imperfetta e la tragedia

A cinque anni dagli accordi con la guerriglia delle Farc, la Colombia non riesce a mettere fine ad un conflitto che si aggiunge alla lotta contro il Covid 19. Riappare la questione di bambini e adolescenti reclutati e quella della violazione dei diritti umani
Le Farc (AP Photo/Scott Dalton, File)

Sembra incredibile. Eppure, nonostante la pandemia in Colombia gli scontri armati continuano. Lo scorso 10 marzo due ragazze, tra i 15 ed i 16 anni, reclutate da un gruppo guerrigliero dissidente delle Farc (oggi trasformate in partito politico) sono morte durante il bombardamento della loro base. L’episodio mette nuovamente in luce la questione del reclutamento di bambini e adolescenti. Per il governo l’azione ha seguito gli standard del diritto umanitario, ma la legge dice anche che la presenza di minori dovrebbe indurre a utilizzare tattiche alternative. Nel 2019, otto tra bambini ed adolescenti morirono in un bombardamento di un’altra base di guerriglieri. L’allora ministro della Difesa dovette dimettersi quando si venne a sapere che aveva taciuto l’età delle vittime.

Ormai il conflitto colombiano ha perso da anni le motivazioni di giustizia sociale. La posta in gioco è il controllo di territori dove lo stato non arriva, nei quali si produce e si smercia la foglia di coca e la pasta base della cocaina, e dove si sfruttano miniere illegali. Lo scontro è tra cartelli della droga, criminali comuni, paramilitari, guerriglieri dissidenti ex Farc o altri gruppi (l’Eln non ha deposto le armi ed i negoziati di pace sono fermi) ed i militari, che non sono abituati a una strategia empatica con le popolazioni locali.

Lo scenario sono le zone rurali sperdute nelle montagne o nella foresta. Le due ragazze morte provenivano da Puerto Cachicamo, in riva di una delle tante anse del fiume Guayabero, all’inizio delle grandi pianure immerse nella foresta, a quattro ore di distanza dalla città più vicina, alla quale conduce una impervia strada sterrata che fa a pezzi qualsiasi veicolo a motore.

Giovane ribelle delle Farc (AP Photo/Rodrigo Abd, File)

La pandemia ha prodotto la fuga dell’unico infermiere del paese incaricato dell’ambulatorio. La scuola è gestita da una ong, ma non completa il ciclo superiore. L’elettricità è stabile solo in alcuni punti, non esistono telefoni cellulari. Si vive del fiume, di pochi prodotti agricoli o della foglia di coca come manovalanza dei cartelli, oppure si emigra. Lo stato è arrivato col contagocce. Eppure faceva parte degli accordi di pace promuovere queste aree depresse. E quando arriva sotto forma di esercito è uno stato che non sente ragioni, che si limita ad estirpare la coca, lasciando senza alternativa i contadini.

Le due ragazze, stanche di promesse incompiute e di tanta miseria e si erano arruolate credendo alle parole dei leaders guerriglieri, sedotte forse da qualche slogan di giustizia.

Opporsi a questo stato di cose può avere un prezzo elevatissimo. Lo ha pagato la famiglia di Álvaro Daza, leader della Giunta di azione comunale, che cinque anni fa aveva salutato gli accordi di pace come un’opportunità. Ma questa non era l’opinione del gruppo dissidente che nell’aprile scorso ha mandato due sicari ad assassinare Álvaro, sua moglie, suo figlio e la nipote. Nel dubbio, alcuni mesi dopo tornarono per trucidare sua sorella, suo cognato ed il loro figlio. La ong Indepaz denuncia che solo nel 2020 sono state uccise nella zona 375 persone in 89 massacri.

La questione assume un elevato grado di complessità quando si tiene conto che il governo colombiano del presidente Iván Duque, il cui partito si era opposto energicamente agli accordi di pace, ha fatto di tutto per boicottare il processo, preferendo la tradizionale mano pesante. Ma questa opposizione non ha solo una radice ideologica segnata dall’intransigenza. La giustizia di transizione inserita negli accordi prevede di fare luce sui crimini di guerra commessi dai paramilitari, ma questo, se attuato, rivelerebbe imbarazzanti collusioni.

La pace in Colombia ha un altro nemico: il business della droga. Quando finisse la guerra, lo stato tornerebbe a farsi presente nelle regioni dove imperano i cartelli della droga, che muovono oceani di denaro e inondano le piazze di mezzo mondo di polvere bianca. Se si vuole, la pace in Colombia comincia anche dalle nostre strade, dove la cocaina arriva spesso indisturbata. Ma questo non esime il governo colombiano dalla sua responsabilità nei confronti del bene comune.

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