Colloqui con Darina
Poco tempo prima di morire Darina sognò il marito Ignazio Silone che le tendeva la mano: Vieni, e lei gli rispondeva: Aspetta, non sono ancora pronta. Questa è una fotografia bellissima del rapporto libero di due persone libere, che della libertà nella verità avevano fatto la loro religione morale e civile, centrata su Cristo ma al di fuori delle appartenenze confessionali. Non che il loro ménage fosse idilliaco, Darina mi disse, l’unica volta che l’ho incontrata, che lui era un uomo molto difficile, ma proprio perciò risalta la misura di amore che lei aveva trovato: Silone sotto certi aspetti è rimasto un mistero anche per me, ma è proprio questo mistero che voglio rispettare e credo di averlo fatto standogli accanto fino alla fine e oltre, dedicandomi alla sua opera. Lo scrittore grande e originalissimo, uno dei massimi del Novecento mondiale (lo dirò fino alla morte, anche se la critica italiana continua a non capire), oggi, e già qualche anno fa quando parlavo con Darina, diventava progressivamente sconosciuto al pubblico italiano che l’aveva molto amato (ma meno di quello europeo e mondiale), e si vendeva, disse Darina avvicinando pollice e indice, poco poco poco; ed è una sciagura ancor più che un peccato, che le nuove generazioni non si accostino ad una delle coscienze più alte e ad uno degli artisti più puri e universali del XX secolo. Lei, come risulta ampiamente dal bel libro di Dorigatti e Maghenzani, era da sempre predisposta – a sette anni teneva in camera una foto di Matteotti – all’incontro con l’esule antifascista malato e moralmente tormentato dopo la sua uscita di sicurezza dalla militanza comunista, lui aveva bisogno di chi lo amasse senza pretendere, come fecero prima Don Orione e poi Darina. Le due vite avventurose s’incontrarono in Svizzera, inseguite e pedinate dalle polizie che buon o malgrado li consideravano pericolosi sovversivi, o spie. Ma intanto in Silone era nato lo scrittore, che già Darina aveva letto, in lei l’intrepida appassionata partigiana della libertà e di nessun partito e di nessun odio. Capace di ogni tenacia di fedeltà, fino a questa della memoria (Come fa, Darina, a ricordare così bene? – Non è difficile, quando non si può dimenticare). Logica la loro unione, tra un uomo fondamentalmente solo e una donna fondamentalmente libera, e perciò non possessiva. E mentre in Italia Togliatti ordiva una miserabile trama denigratoria contro l’ex compagno di partito, Darina assisteva e accompagnava il marito nella sua opera di scrittore e organizzatore di libertà in tutto il mondo, senza pretendere né di proteggerlo né di lasciarlo più solo; custode di tutti i suoi documenti civili e letterari ma persuasa che il vero documento – per tutti – è l’intera vita, tanto più per Silone. Fin dopo la morte di lui (1978), quando Darina poté e volle, per volontà del marito e dei più cari amici, prendere in mano l’incompiuto Severina e dargli una logica sistemazione e conclusione; e poi continuare a curarne la giusta memoria. Ai suoi interlocutori che le domandano un pensiero sulla vita, Darina risponde: È un’avventura etica. È bello l’amore. Che altro dire di una gran donna? C’è tutto nel libro.