Coerenza eucaristica
Contiene molto più di ciò che ha attirato l’attenzione di diversi giornali. Gli informatori di casa nostra – ma anche di altri Paesi – hanno subito cercato di applicare qualche pezzo del nuovo documento del papa Benedetto XVI a questo o quel problema del governo o del parlamento. In realtà l’esortazione apostolica Sacramentum caritatis raccoglie i frutti del Sinodo dei vescovi dell’ottobre 2005, dedicato all’Eucaristia: un mese di lavori dell’episcopato della Chiesa universale che sarebbe come minimo poco serio usare – chiunque lo faccia – per beghe politiche locali. Vero è, certamente, che dal punto di vista dell’impegno sociale e politico dei laici è un documento di straordinaria importanza. Cerchiamo di comprenderlo da questo punto di vista, tentando di correggere, se possibile, alcune interpretazioni faziose, poco rispettose degli importanti contenuti dottrinali – mi riferisco a quelli in materia sociale – presenti in talune parti dell’esortazione. Guardiamo a questi, pur consapevoli che essa contiene molto di più. L’Eucaristia nel mondo Ciò che l’esortazione propone ai cristiani è di vivere secondo la domenica, che è l’esatto contrario del vivere (da cristiani) solo la domenica, quasi che nel culto domenicale si esaurisse la vita di fede. Vivere secondo la domenica significa avere passato – non solo nella Settimana santa, ma nella propria vita – la prova della passione che si consuma nel venerdì santo, e quella dell’attesa che si distende lungo il sabato: la domenica è il tempo e l’esperienza dell’in contro con Cristo risorto, che trasforma l’intera esistenza. Vivere secondo la domenica significa condurre una vita di Risurrezione, anche in mezzo a un mondo che vive ancora troppo nel buio. Significa vivere secondo il Risorto, in lui e nella sua luce. Questa è la condizione esistenziale del cristiano, che non si limita a venire celebrata nella liturgia, ma dall’Eucaristia parte per divenire forza dinamica per la trasformazione del mondo: Vuol dire – spiega l’esortazione – vivere nella consapevolezza della liberazione portata da Cristo e svolgere la propria esistenza come offerta di sé stessi a Dio, perché la sua vittoria si manifesti pienamente a tutti gli uomini attraverso una condotta intimamente rinnovata (n° 72). Il culto cristiano non è un culto di separazione, di elezione nel senso di creare una casta di adepti separata dal resto dell’umanità; al contrario, abbraccia ogni aspetto dell’esistenza, trasfigurandola (…) In ogni atto della vita il cristiano è chiamato ad esprimere il vero culto a Dio (n° 71). Il cristianesimo introduce dunque un nuovo culto che trasforma la famiglia, i luoghi di lavoro e di studio, le strade e i parlamenti, in altrettanti luoghi che chiedono al cristiano la testimonianza della sua coerenza e si nutrono di quell’amore che egli attinge nell’Eucaristia e nell’unità della comunità ecclesiale proprio per poterlo donare all’umanità. Valori non negoziabili La vita cristiana si manifesta dunque nelle situazioni e negli stati di vita in cui ognuno si trova: vivere la propria vocazione è il culto gradito a Dio (n° 79). I Padri sinodali hanno parlato di coerenza eucaristica proprio sottolineando che tale culto non è mai atto meramente privato, senza conseguenze sulle nostre relazioni sociali: esso richiede la pubblica testimonianza della propria fede. Lo richiede a tutti i battezzati, ma si impone con particolare urgenza nei confronti di coloro che, per la posizione sociale o politica che occupano, devono prendere decisioni a proposito di valori fondamentali (n° 83). E nell’elencare tali valori, il documento pone fine (o almeno dovrebbe) a molte sterili discussioni che abbiamo ascoltato in questi ultimi tempi, intorno a valori che sarebbero negoziabili ed altri no; discussioni nelle quali gli interlocutori sembrano talvolta non avere altro scopo se non quello di dichiarare non negoziabili esclusivamente i valori sottolineati dalla propria parte politica. Ecco i valori non negoziabili nelle parole di Benedetto XVI: Il rispetto e la difesa della vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale, la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, la libertà di educazione dei figli e la promozione del bene comune in tutte le sue forme. Tali valori non sono negoziabili (n° 83). Come si vede, la promozione del bene comune è un valore non negoziabile esattamente come gli altri esplicitamente menzionati. Ma questo valore indica l’essenza stessa della politica, quello scopo – il bene comune, appunto – che da sempre la definisce e che riguarda tutti gli aspetti dell’impegno politico. In altre parole – questa è la mia interpretazione -, nessun valore, in sé, è negoziabile. Ciò che cambia, nelle situazioni concrete, è la maggiore o minore chiarezza con la quale la difesa di un valore si presenta. È chiarissimo, ad esempio, che una legge che consente l’aborto come quella italiana è omicida, e infatti i cattolici italiani, a suo tempo, l’hanno contrastata. Ma anche la legge attualmente in vigore sulla procreazione medicalmente assistita è omicida, perché i procedimenti di procreazione omologa – che la legge consente – portano con certezza alla morte di numerosi embrioni; ma i cattolici italiani – in maggioranza – l’hanno difesa perché, consapevoli che il Parlamento avrebbe comunque prodotto una legge sulla materia, si sono adoperati per far approvare e, poi, per difendere, la legge che costituiva il male minore. Come si vede, due situazioni diverse hanno portato – nella coscienza della maggior parte dei cattolici – a decisioni di comportamento politico opposte, nonostante il male che le due leggi consentono fosse molto chiaro (l’omicidio in entrambi i casi). In altre materie, invece, è possibile che non esista neppure una chiarezza sui fatti, che non ci sia una evidenza dalla quale partire; oppure che esistano diverse soluzioni possibili, tutte propugnate da persone in buona fede, concordi nella volontà di superare il problema e di realizzare concretamente il valore non negoziabile, ma divisi sulle scelte da mettere in atto. Chi può dire con certezza – in numerose situazioni di conflitto – quale sia la mossa giusta da fare? L’esortazione – soprattutto in riferimento al sacrificio di Cristo inteso come mistero di liberazione (n° 89) – propone degli esempi estremamente forti, nel senso che rappresentano certamente casi di valori non negoziabili, ma le cui soluzioni appaiono davvero complesse: Chi partecipa all’Eucaristia, infatti, deve impegnarsi a costruire la pace nel nostro mondo segnato da molte violenze e guerre, e oggi in modo particolare, dal terrorismo, dalla corruzione economica e dallo sfruttamento sessuale . L’esortazione si esprime con grande forza stabilendo legami diretti tra l’Eucaristia a l’impegno per l’umanità, anche utilizzando una terminologia eucaristica per descrivere le situazioni dell’umanità stessa: ad esempio, è il sangue versato da Cristo che direttamente dà valore ad ogni singola persona; ancora, è l’Eucaristia, chiamata cibo della verità, che spinge a denunciare le situazioni indegne dell’uomo, in cui si muore per mancanza di cibo a causa dell’ingiustizia e dello sfruttamento (n°90). Non possiamo – scrive il papa – rimanere inattivi di fronte a certi processi di globalizzazione che non di rado fanno crescere a dismisura lo scarto tra ricchi e poveri a livello mondiale. Dobbiamo denunciare chi dilapida le ricchezze della terra, provocando disuguaglianze che gridano verso il cielo (cf. Gc 5,4). Ad esempio, è impossibile tacere di fronte alle immagini sconvolgenti dei grandi campi di profughi o di rifugiati – in diverse parti del mondo – raccolti in condizioni di fortuna, per scampare a sorte peggiore, ma di tutto bisognosi. Non sono, questi esseri umani, nostri fratelli e sorelle? Non sono i loro bambini venuti al mondo con le stesse legittime attese di felicità degli altri?. Prendiamo sul serio quanto scrive Benedetto XVI: qualcuno ritiene forse che i diritti di quei bambini siano valori negoziabili? Non lo si può certamente ritenere stando alla logica di questa esortazione: un valore non è mai negoziabile! Spesso, nella situazione concreta, è discutibile – e va sottoposto ad attento discernimento – il modo con il quale difenderlo: è lì che la coscienza si interroga, e la sua domanda – come la sua risposta – va rispettata. E all’interno di tale rispetto per la coscienza l’esortazione ribadisce, per i laici particolarmente coinvolti nelle decisioni collettive, la dottrina di sempre: Pertanto, i politici e i legislatori cattolici, consapevoli della loro grave responsabilità sociale, devono sentirsi particolarmente interpellati dalla loro coscienza, rettamente formata, a presentare e sostenere leggi ispirate ai valori fondati nella natura umana (n° 83). Il metodo eucaristico L’Eucaristia, infine, insegna il metodo per agire tra gli uomini: comunicare ad essi l’amore di donazione ricevuto da Cristo. Nessuna imposizione dunque, nessuna arroganza, nessun parlare dall’alto deve accompagnare l’impegno dei cristiani: Cristo ancora oggi continua ad esortare i suoi discepoli ad impegnarsi in prima persona: Date loro voi stessi da mangiare (Mt 14,16). Davvero la vocazione di ciascuno di noi è quella di essere, insieme a Gesù, pane spezzato per la vita del mondo (n° 88). Ma pane spezzato, anzitutto, tra cristiani. L’esortazione sottolinea l’unità tra i membri della comunità come una condizione per il retto impegno sociale: è necessario esplicitare la relazione tra Mistero eucaristico e impegno sociale. L’Eucaristia è sacramento di comunione tra fratelli e sorelle che accettano di riconciliarsi in Cristo (…) Solo questa costante tensione alla riconciliazione consente di comunicare degnamente al Corpo e al Sangue di Cristo (n° 89). Per il papa, la riconciliazione e il perdono vanno insieme alla restaurazione della giustizia : solo da qui può nascere l’azione concorde per trasformare le strutture ingiuste, così che l’Eucaristia diventa nella vita ciò che essa significa nella celebrazione.