Cocente sconfitta politica di Cristina Kirchner

La Corte Suprema argentina ha dichiarato incostituzionale la parte della riforma della giustizia sulla quale aveva puntato l’esecutivo. I giudici hanno bocciato l’elezione per voto popolare dei rappresentanti del mondo del diritto del Consiglio della Magistratura e la riduzione del quorum necessario per promuovere la rimozione dei giudici. La riforma era fortemente osteggiata dall’opposizione e dai magistrati
Cristina Kirchner

Il governo di Cristina Fernández de Kirchner ha subito una dura sconfitta politica quando, nei giorni scorsi, la Corte suprema di giustizia ha dichiarato incostituzionale parte della riforma convertita in legge il mese scorso, su cui aveva puntato molto l’esecutivo. I giudici hanno infatti bocciato l’elezione per voto popolare dei rappresentanti del mondo del diritto del Consiglio della Magistratura e la riduzione del quorum necessario per promuovere la rimozione dei giudici. La riforma era fortemente osteggiata dall’opposizione e da gran parte dei magistrati del Paese, i quali consideravano tali modifica un attentato all’indipendenza della giustizia.

La riforma, denominata di “democratizzazione della giustizia”, intendeva portare il numero dei membri del Consiglio della magistratura da 13 a 19 e introduceva modifiche relative alla loro elezione. La riforma ha cercato di introdurre l’elezione mediante voto popolare, in coincidenza con le elezioni politiche, dei 12 rappresentanti di avvocati, magistrati e docenti di diritto invece della votazione all’interno di questi settori del mondo della giustizia.

Il governo aveva fatto leva sulla necessità di riformare la giustizia, mettendo questo provvedimento al centro della propria azione politica. I sei progetti di legge approvati dal Parlamento sono stati solo in minima parte modificati dall’opposizione, che ha denunciato l’iniziativa del governo ritenendo che violasse il principio di separazione dei poteri e fosse incostituzionale.

L’obiettivo del governo era quello confessato di ottenere la maggioranza all’interno dell’organismo di controllo della magistratura. Oggi, sebbene controlli 7 dei 13 membri, non può ottenere i voti necessari per la rimozione di giudici (occorrono i due terzi). La riforma, portando a 19 i membri dell’organismo e stabilendo l’elezione per voto popolare dei rappresentanti del mondo del diritto, avrebbe fatto coincidere la maggioranza all’interno dell’organo di governo della giustizia con la maggioranza uscita dalle elezioni politiche. Coerentemente con questo obiettivo, la riforma aveva anche disposto la modifica del quorum per promuovere la destituzione di un giudice, che da due terzi sarebbe passata alla maggioranza assoluta. In tal modo una maggioranza non qualificata sarebbe stata sufficiente per mettere sotto accusa un giudice scomodo. Un pericolo molto reale, se si considerano le pressioni permanenti contro i magistrati indipendenti realizzate dal governo.

La Corte Suprema ha dichiarato incostituzionali proprio le norme relative all’elezione popolare dei giudici e la modifica del quorum per la rimozione dei giudici.

La sconfitta è particolarmente cocente per la presidente, perché il governo aveva scommesso molto su questo strumento legislativo, forse senza aver analizzato a fondo la debolezza costituzionale della riforma varata. E non è la prima volta che accade, dato che lo scorso 7 dicembre si è rivelato un flop la legge sui media, che avrebbe dovuto costringere il gruppo multimediale Clarin, schiarato contro il governo dei Kirchner, a rinunciare a una buona parte delle sue frequenze radiotelevisive. Invece, anche in questo caso la giustizia ha rilevato la debolezza costituzionale della legge proposta. Un’altra dura sconfitta risale al 2008, quando lo scontro con i rappresentanti dei settori legati all’agricoltura ed all’allevamento riuscirono ad impedire l’aumento del prelievo fiscale su questo ramo della vita economica del Paese.

Inoltre, negli ultimi nove mesi si sono verificate massicce proteste popolari contro alcune linee della politica di governo, come la negazione dell’esistenza di una inflazione ormai superiore al 25 per cento annuo (l’Istituto nazionale di statistica afferma che è del 10 per cento) o come i casi di corruzione che non solo continuano a ripetersi, ma coinvolgono persone sempre più vicine alla famiglia Kirchner.

Quelle che si stanno verificando in Argentina sono manifestazioni abbastanza simili nella modalità e nell'organizzazione a quelle che si stanno verificando in Brasile, con la differenza che le autorità brasiliane osservano con attenzione il fenomeno, mentre nel Paese argentino la risposta delle istituzioni finora è stata molto critica.

Il fatto è che Cristina è abituata a raddoppiare la posta in gioco: è questa in genere la sua reazione, anche e soprattutto in caso di una sconfitta politica. Il Paese vive ormai da tempo in uno stato di polarizzazione che, finora, ha dato buoni risultati elettorali. Ma può anche finire per stancare una cittadinanza che, tra l’altro, subisce gli effetti di un deterioramente sensibile dell’economia, un dato importante in un anno elettorale: ad ottobre gli argentini andranno alle urne per eleggere la metà dei deputati ed un terzo dei senatori. La situazione del governo non è semplice. Nelle prossime ore sapremo quale sarà la nuova strategia della Kirchner.

 

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