CN+ I super-isolati di Barcellona
Non cambiare niente per cambiare tutto. Sotto la spinta della pandemia, Barcellona sta promuovendo una strategia di trasformazione urbana che, pur lasciando intatta la struttura della città, è destinata a sconvolgerne il funzionamento. Vista dall’alto, Barcellona è inconfondibile: una grande scacchiera di isolati ordinati, adagiati sulle sponde del Mediterraneo.
Ed è proprio l’isolato l’elemento chiave della trasformazione di Barcellona. Un piano visionario, ideato a metà Ottocento da Ildefonso Cerdá, utilizzò la scacchiera per ordinare lo sviluppo futuro della città e dotarla di case ben ventilate, spazi pubblici gradevoli e servizi di base disponibili in ogni quartiere. Oggi, Barcellona intende trasformarsi diventando una città di “super-isolati”.
L’idea alla base del super-isolato (superilla in catalano) è semplice: realizzare cellule urbane di 400 metri per 400, al cui interno siano i pedoni ad avere la priorità. La circolazione delle automobili è lasciata alle strade che delimitano i bordi dei superisolati, mentre all’interno della superilla la presenza delle auto – sia in circolazione che parcheggiate – è ridotta al minimo.
Si tratta di una trasformazione radicale, come dimostrano i dati dell’Agència d’Ecologia Urbana de Barcelona: oggi, l’85% della superficie delle strade della città è occupato da veicoli in transito o parcheggiati; con i superisolati, si libererebbe il 70% di questo spazio, regalando a Barcellona 150 nuove piazze di 2.000 m2 ciascuna. Si creerebbero nuovi spazi di incontro per abitanti e turisti, aumentando la qualità della vita in città e la coesione sociale nei quartieri. Tutto ciò, senza paralizzare Barcellona, dato che il numero di auto in circolazione diminuirebbe soltanto del 13%.
I superisolati non sono un’idea nuova. Salvador Rueda, direttore dell’Agència d’Ecologia Urbana e padre della superilla, aveva già introdotto il modello nella città basca di Vitoria-Gasteiz, mentre la sindaca di Barcellona Ada Colau aveva promosso la realizzazione del primo superisolato durante il suo primo mandato, nel 2016. Ad essere nuovo è invece l’orizzonte temporale su cui lavora il superisolato.
L’obiettivo infatti è realizzare isolati che siano sempre più cellule urbane autosufficienti, garantendo ad esempio lo stesso spazio per case e attività lavorative (circa un terzo della superficie di un super-isolato) e promuovendo l’autosufficienza energetica degli edifici. Secondo Rueda, con i super-isolati «non solo attacchiamo il problema della città post-pandemia, ma affrontiamo direttamente anche la sfida dell’emergenza climatica».
Non tutti credono che i super-isolati salveranno Barcellona. L’urbanista José María Ezquiaga spera che possano aiutare a restituire la città ai suoi abitanti: «È un buon momento per abilitare la città per i residenti. Se il centro non ha residenti non è sano e se, per di più, non ci sono bambini, quel che ha è una malattia ben grave».
Diverso è invece il parere dell’architetto Josep Parcerisa, secondo cui la pandemia ha messo in evidenza che a Barcellona circa una casa su cinque non rispetta gli standard minimi di abitabilità, mostrando la necessità di investire massicciamente in case e scuole.
Cittadini ed esperti concordano sulla necessità di ripensare Barcellona come la conosciamo. La pandemia sembra l’occasione giusta per farlo, restituendo agli abitanti una città che negli ultimi anni è stata la meta ambita da moltissimi giovani e da ancor più turisti, attratti dalla vitalità e dalla qualità della vita della capitale catalana. La stessa qualità della vita che i super-isolati sembrano poter garantire ad ogni quartiere di Barcellona.