Clemente Russo, un bisonte dal cuore d’oro
La pagina italiana di Wikipedia a lui dedicata lo definisce pugile, attore e personaggio televisivo. Ok, non stiamo parlando del Vangelo, ma in questo caso la celebre enciclopedia online ci ha preso. Anzi, forse ha avuto pure il braccino corto, perché Clemente Russo non è solo uno straordinario boxeur, bicampione del mondo dilettanti e due volte argento olimpico, ma molto, molto di più.
Innanzitutto è un affettuoso padre di famiglia, sposato con la judoka Laura Maddaloni, sorella – di sangue e d’arte – di quel Pino che nel 2000 commosse tutta Italia piangendo come un bambino sul gradino più alto del podio alle Olimpiadi di Sidney. Padre di famiglia, dicevamo: padre felice, di Rosy (nata nell’agosto 2011), e padre preoccupato per la salute di Janet e Jane, nate lo scorso giugno dopo appena sei mesi e mezzo di gravidanza e rimaste in incubatrice per 120 giorni. «Ho continuato ad allenarmi – racconta Clemente –, ma con la testa ero da un’altra parte. A darmi la forza è stata mia moglie».
La forza per credere in un obiettivo, il bis iridato a sei anni di distanza dal primo titolo, che pareva quasi impossibile da raggiungere per un atleta rimasto fermo sette mesi a causa di un problema al nervo brachiale. E invece quella di Russo ai Mondiali di Almaty (Kazakistan) è stata una cavalcata trionfale, culminata con una finale letteralmente dominata, nella quale non ha lasciato scampo all’altro russo – non di cognome, ma di nazionalità – Evgeny Tishchenko.
Del resto, Clemente è uno che non molla mai, che non si riposa mai, che non smette mai di lottare, sul ring come nella vita. Probabilmente non un campione di sobrietà, sicuramente un ragazzo umile, degno esponente di quella noble art che non attrae più sponsor come un tempo, ma che continua ad affascinare le giovani generazioni, specialmente in certe aree “difficili”. Come quella di Marcianise, cittadina del Casertano che ha dato i natali a tanti campioni di boxe, da Russo a Domenico Valentino (cinque medaglie iridate, una delle quali d’oro) passando per Vincenzo Mangiacapre (bronzo ai Mondiali 2011 e alle Olimpiadi 2012). Non un caso, anzi: qui i ragazzi salgono sul ring per non scendere a patti con la camorra, che in queste zone amministra quasi tutto ma non, fortunatamente, la boxe.
Il pugilato unica via di fuga, insomma, e Tatanka (così soprannominato per il suo modo di combattere, a testa bassa, come il bisonte maschio dei Lakhota Sioux) lo sa bene. «Sono entrato in palestra – ricorda – perché non ne potevo più di stare sempre fuori dai bar». La sua storia è stata raccontata da Roberto Saviano sulle pagine dell’Espresso (e inserita nell’opera La bellezza e l’inferno dell’autore napoletano), e da quello scritto è nata l’idea di un film – Tatanka, appunto – che ha visto Clemente Russo vestire i panni di sé stesso. Il peso massimo campano, poi, ha saputo affermarsi anche in tv, su Italia 1, come concorrente del reality show La Talpa e – soprattutto – come protagonista del format Fratello maggiore, nel quale aiuta adolescenti con problemi familiari e sociali ad avere un atteggiamento più costruttivo educandoli allo sport.
Insomma, un campione a 360 gradi che in tutto questo, però, non ha mai dimenticato il primo amore, la boxe, e l’ennesimo obiettivo, l’unico che ancora gli manca. «Questo titolo mondiale è il punto di partenza per i Giochi del 2016 a Rio de Janeiro», ha affermato Tatanka al ritorno dal Kazakistan. In Brasile darà la caccia a quell’oro finora solo sfiorato: ci vorrà la forza di un bisonte e il cuore di chi nella vita ne ha viste tante. Ci vorrà, in due parole, Clemente Russo.