Clausura e dialogo interreligioso
Un carisma monastico come quello di Benedetto ed uno laico moderno come quello di Chiara Lubich
Lunedì sera, al rientro da Coimbatore in India, ho avuto un’esperienza, programma certo, ma ricca di sorprese. Vado con ordine.
Circa un anno fa mi aveva contattato Madre Geltrude Airoli, benedettina dell’adorazione perpetua dell’Eucarestia. Il monastero è situato in Via Bellotti nel centro di Milano, non lontano da Porta Venezia. Ci si arriva a piedi dalla stazione della metro.
Madre Geltrude è l’ideatrice e animatrice di una serie di interessantissime iniziative culturali, fra le quali la Scuola di Cultura Monastica che per il 2011-2012 ha seguito la tematica: Il dialogo interreligioso: implicazioni ecclesiali e monastiche.
Dopo i Vespri mi sono trovato di fronte una trentina di persone: tutto il monastero, suore anziane soprattutto con alcune più giovani ed una davvero giovane di grande vivacità e luminosità, insieme ad un gruppo di laici. Mi avevano chiesto di parlare per circa un’ora di Chiara Lubich e il dialogo interreligioso: sintonia tra carisma dei Focolari e carisma monastico.
In un clima di grande ascolto e di incredibile vivacità di spirito ho iniziato la mia conversazione con un parallelo fra due realtà che ad uno sguardo superficiale parrebbero non avere nulla in comune: un carisma monastico come quello di Benedetto ed uno laico moderno come quello di Chiara Lubich.
Ecco quanto ho detto.
La lezione che propongo stasera ha un titolo, mi pare, stimolante. Coniuga, infatti, l’aspetto carismatico della Chiesa cattolica ed orientale, più antico – quello monastico – con uno di recente apparizione, che fa parte delle nuove realtà ecclesiali, che hanno arricchito il giardino della Chiesa dal periodo immediatamente precedente al Concilio Vaticano II ad oggi.
Le due dimensioni carismatiche presentano aspetti che potrebbero apparire quasi opposti se non contrastanti. La dimensione monastica, infatti, si fonda tradizionalmente su una scelta personale di vita ascetica, caratterizzata da elementi esterni forti, come l’abito ed il chiostro, che separano almeno materialmente dal mondo, ed è scandita dal silenzio, con momenti di preghiera ed ascesi. Sono questi aspetti chiaramente personali, che si accompagnano a manifestazioni di carattere comunitario come il coro, l’Eucarestia ed i pasti. Sono, quelli monastici, carismi che gridano quanto i discepoli di Cristo siano del mondo senza essere del mondo. La Chiesa si fonda su secoli di vita eroica ed esemplare di testimoni monaci e monache.
Il carisma che Dio ha dato a Chiara Lubich è quello che Giovanni Paolo II ha definito una ‘robusta spiritualità di comunione’, che vede la maggioranza dei suoi seguaci restare nel mondo, spesso all’interno di professioni e stati di vita laicali, anche se non solo: ci sono sacerdoti diocesani e consacrati e consacrate che seguono questa spiritualità insieme a laici. Inoltre, essere nel mondo significa non avere un segno di distinzione materiale se non lo sforzo di vivere il Vangelo e di risultarne una testimonianza viva. La comunione, oltre a momenti necessari di silenzio, richiede anche la parola e l’ascolto.
Ho, poi, svolto il mio intervento.
Al termine dentro di me e nei presenti ho avvertito una grande comunanza di ideali, di spiritualità ed una profonda gioia di poter continuare insieme. Le monache nel loro monastero perfettamente inserito in una metropoli come Milano e noi, per il mondo, che necessitiamo del silenzio di cui sono capaci loro.
È proprio vero che i carismi non solo non si contraddicono, ma si arricchiscono l’uno con l’altro.
(dal blog di Roberto Catalano)