Città libere e intelligenti
«L’aria delle città rende liberi», diceva un proverbio tedesco. Lo spazio urbano sottratto al potere feudale è la grande scoperta dei comuni italiani fin dal loro sorgere. Ma quale libertà resta per chi accetta di vivere in una città dove l’aria è un concentrato di polveri sottili che minaccia la salute di tutti? Sul nesso tra qualità dell’aria e gravi patologie esistono studi approfonditi dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Non ci vuole molto a capire che l’altezza del bambino, magari seduto sul passeggino, sia quella più in linea con le emissioni delle auto. Le direttive europee recepite in Italia pongono, in misura più tollerante dei parametri Oms, dei valori limite alla concentrazione di alcune polveri (PM10) nelle 24 ore. Resta folta la lista delle città che superano quel limite oltre 35 giorni all’anno, facendo scattare il diritto a chiedere l’intervento dell’ente locale.
Servono a poco i provvedimenti “una tantum”. In qualche modo e progressivamente va ripensata la città nel suo insieme: dal trasporto delle merci ai piani urbanistici. Approccio difficile ma non impossibile. Per esempio, l’associazione dei “genitori antismog”, a Milano, ha concorso alla vittoria del referendum cittadino del giugno 2011 che ha introdotto regole sulla mobilità sostenibile simili a quelle in vigore in casi esemplari come quello di Friburgo. Sono scelte che mostrano conflitti di interessi da affrontare con buon senso. Basterebbe leggere la bella corrispondenza tra il presidente di Confcommercio e alcune “mamme antismog” per cogliere lo sforzo di ragionare al di fuori dei ruoli e volersi considerare “prima di tutto” persone.
Esistono, poi, fondi europei destinati alla trasformazione dei luoghi del vivere in “città intelligenti” (smart cities). Soldi da saper spendere.