Città Buona per un dolce Natale
Sono impiegato in un ufficio tecnico e non mi ritengo un esperto, perché dovrei lavorare nel settore, ma quando Città Nuova, di cui sono abbonato e lettore, mi ha proposto di scegliere i vini per “Città Buona”, ho aderito con entusiasmo perché sono convinto che cibo e bevande esprimano la cultura di un popolo. Avevo 21 anni quando mi sono affacciato, dopo un anno di militare negli alpini, al mondo dell’enologia; prima come consumatore ignaro, poi pian piano, affinando gusti e scelte ben precise, sono stato spinto da un amico sommelier a seguire i tre corsi dell’AIS (associazione italiana sommelier), con tanto di diploma finale. Qualcuno potrebbe chiedersi il motivo della scelta di certi vini e perché insisto su certe regioni. Ci sono diversi motivi, il primo dei quali è legato ovviamente al gusto personale. Per esempio, l’Alto Adige ha una percentuale di produzione di vini di qualità che supera il 95%! Con un ottimo rapporto qualità prezzo, forse perché fuori dal “mercato globale”, cosa che non guasta. Altro motivo è il “come” certi vini vengono prodotti, come viene curata la coltivazioni delle vigne. Per esempio la cantina Laimburg non ha una superficie enorme rispetto ad altre cantina, ma ha appezzamenti coltivati sia a vite che a frutta, sparsi in diversi punti dell’Alto Adige che si differenziano per altitudine, esposizione, tipi di terreno e condizioni climatiche, sviluppando e ricercando metodi nuovi e nuovi cloni, tutto nel rispetto dell’ambiente e alla costante ricerca della difesa delle piante in base al comportamento dei parassiti e degli organismi utili.
E poi, sono stato in vacanza in Sicilia e ho scoperto i vini bianchi del posto. Negli anni il meridione, la Sicilia in particolare, ha colto l’opportunità di aumentare la qualità dei propri vini, investendo in enologia, portando quelli che erano i vini “da taglio” a vini eccelsi, sfruttando, oltre al terreno, l’arma che, in molti paesi del nord Europa, manca: il sole che, abbinato ad una attenta e accurata vinificazione, ha portato ottimi risultati.
Ci sarebbero da elencare tantissime regioni e i loro vitigni autoctoni, che non sono conosciuti per via della limitata produzione, ma che possono dire senz’altro la loro nel complesso mondo di Bacco. Cito per esempio una piccolissima cantina nel Levante ligure, Pino Gino, che produce il Missanto Bianco, un uvaggio di Vermentino e Bianchetta. Nelle annate giuste, risulta un vino estremamente gradevole e complesso che si abbina perfettamente ai piatti tipici liguri.
Comunque ho assaggiato tutti i vini proposti in Città Buona con l’occhio al portafoglio, cosa che qui a Genova ho imparato ad apprezzare: le mie sono solo indicazioni ma hanno la pretesa di abbracciare i confini del nostro Stivale perché questa è l’Italia dove gli estremi si toccano.
Una parola per Mastri Birrai Umbri: fanno ottime birre! Sceglierle ci consente di sostenere le aziende colpite dal terremoto. Allora…buon appetito e alla salute!