Ciquant’anni di Movimento nonviolento in Italia
Nel 1962 la fondazione ad opera di Aldo Capitini. I bilanci e le nuove sfide dell'organizzazione da decenni simbolo dell'impegno e di voglia di pace
Cinquant’anni fa nasceva il Movimento nonviolento italiano, un luogo, come dichiarava il manifesto fondativo, dove trovavano un punto d’incontro «pacifisti integrali, che rifiutano in ogni caso la guerra, la distruzione degli avversari, l’impedimento del dialogo e della libertà di informazione e di critica». Il movimento intendeva favorire «iniziative per la difesa e lo sviluppo della pace e promuove la formazione di centri in ogni luogo». Negli anni Sessanta si costituirono così il centro del Movimento, una sezione del WRI (World Resisters’ International), il Movimento Internazionale della riconciliazione (Mir), sezione italiana della International fellowship of reconciliation, e infine il Centro studi di Partinico.
Anima a fondatore del Movimento nonviolento italiano è stato Aldo Capitini, filosofo e politico. Sua fu l’intuizione di quelle marce Perugia-Assisi, che, iniziate con uno gruppo di giovani nel 1961, sono diventate nel corso dei decenni un simbolo dell’impegno e della voglia di pace in Italia. Il Movimento non-violento venne fondato solo qualche mese più tardi della prima storica Marcia della pace e nel corso di questi decenni, ha vissuto momenti alterni.
Alle grandi battaglie degli anni ’60 e ‘70 per l’obiezione di coscienza al servizio militare, a quella per il riconoscimento del servizio civile come alternativo, è seguito, certamente più in sordina, l’impegno all’obiezione fiscale alle spese militari.Ma sono arrivati anche lunghi periodi di silenzio, dove, tuttavia, coloro che si sono via via impegnati nel movimento hanno studiato e diffuso la cultura della pace ed il metodo della non-violenza.
Capitini stesso, senza dubbio uomo contro corrente, è una figura che non ha mai ottenuto l’attenzione che avrebbe meritato ed ancora meriterebbe. Strano destino il suo, segnato probabilmente anche da un rapporto difficile con le istituzioni sia politiche che ecclesiali. Eppure Capitini fu amico di personaggi che sono rimasti ben più famosi, come don Lorenzo Milani e don Primo Mazzolari. In campo laico Norberto Bobbio fu la figura di maggior spicco fra coloro, che avevano aderito ed appoggiato, in ambito politico e culturale, le idee della non-violenza.
Dal 20 al 22 gennaio di quest’anno a Verona si sono tenute alcune manifestazioni per celebrare il mezzo secolo del movimento, un’occasione per riflettere sul cammino fatto ed anche per capire le prospettive future in un mondo profondamente cambiato, dove la non-violenza mantiene una sua valenza importante, sebbene in meccanismi profondamente diversi da quelli del mondo diviso nei due blocchi ideologici dei primi anni ’60. Mao Valpiana, il presidente del Movimento Nonviolento in Italia e direttore della rivista “Azione Nonviolenta” ha espresso la decisione di rilanciare la campagna sul disarmo come elemento comune d’impegno dal punto di vista economico con la riconversione in investimenti per l’ambiente, il sociale globale e la sicurezza, per depotenziare le forti tensioni e rilanciare i temi della cooperazione, l’accoglienza e il dialogo interculturale. Si vuole dare un contributo alla campagna in atto contro l’acquisto dei 131 cacciabombardieri F35. Il sito del movimento invita a non accontentarsi di ridurli di qualche decina, di fare un “taglio” simbolico. Tutti coloro che hanno a cuore la nonviolenza e la pace sono invitati a chiedere che l’intera spesa di 15 miliardi del programma “Joint Strike Fighter” sia annullata. «Sarà il migliore regalo per il cinquantesimo compleanno del Movimento Nonviolento».