Cipro,l’ultimo approdo
Una luce intensa ci avvolge quando l’aereo atterra sulla pista del piccolo aeroporto della Repubblica di Cipro. Colori, clima, spiagge stupende e vegetazione mediterranea si coniugano piacevolmente con quanto la storia ha lasciato nell’isola e nel suo popolo. La guida delle automobili a sinistra è il primo segno visibile dell’ultima dominazione britannica, come l’inglese fluentemente parlato, ed altri piccoli particolari nelle usanze e nelle abitudini. Ma al primo impatto percepisci che la gente appartiene a un popolo dalle radici profondamente greche: cultura, tradizioni, lingua, gusti, atteggiamenti e l’impronta generale tutto parla di Grecia. Poi scopri, giorno dopo giorno, quanto il passaggio di altri popoli, la vicinanza di culture diverse, il fatto che l’isola si trovi in un luogo privilegiato, crocevia del Mediterraneo, abbiano lasciato impronte durature. Non sarà difficile, entrando in un locale per un pasto, credersi in Libano e gustare kebe a tabuli, squisitezze di questa terra, e poi al pasto successivo gustare ancora tsatsiki e moussakà, tipici sapori greci. Mescolanza di popoli che si riflette in tanti aspetti della vita cipriota, mescolanza che ha reso questo popolo ricco e variegato, legato alla propria terra della quale, con un certo orgoglio, conosce ed elogia bellezze naturali e passato ricco di storia (una storia che inizia molto indietro nel tempo, le prime tracce addirittura al 7000 a.C.), ma soprattutto fiero del suo esser greco. Se poi vi capita di essere invitati ad un matrimonio tradizionale cipriota, allora avrete l’opportunità di entrare a contatto con tradizioni e costumi, per qualcuno del tutto singolari, che testimoniano un passato lontano e vicino allo stesso tempo. La sposa accoglie, molte ore prima delle nozze, i parenti o amici nella casa paterna, dove si susseguono momenti carichi di simbolismo. Al suono del violino si snoda una canzone che illustra passo dopo passo una serie di gesti compiuti ora dai genitori, ora dai fratelli o altri parenti, che accompagnano la vestizione della sposa, spiegandone ogni gesto. Insieme ci si reca nella chiesa ortodossa, ad un rito anch’esso intriso di simbologia. Per non parlare poi del ricevimento che segue. Tutto il paese da cui gli sposi provengono sa di essere invitato. Il senso di solidarietà è venuto a galla più volte lungo la storia cipriota, specie nei momenti più difficili. Come quando la popolazione della parte libera dell’isola ha devoluto parte degli stipendi e la tredicesima agli sfollati che in seguito al- l’invasione non avevano più né casa né lavoro. Girando tra le strade dell’isola danno un tocco occidentale i grandi magazzini dai nomi inglesi, i fastfood di catene mondialmente note, la moda seguita dai giovani; eppure quando entri nel cuore del popolo trovi l’oriente. La messa nella chiesa cattolica di rito maronita è suggestiva per i canti e le melodie che trasportano in una dimensione di grande raccoglimento. I cattolici di rito maronita, seguaci di san Marone (355-410 d.C.) e originari della città di Antiochia, seguono la tradizione aramaica. La loro presenza a Cipro risale al V-VI secolo d.C. L’accoglienza non tarda a farsi attendere. Due volti stranieri sono subito notati dalla piccola comunità di fedeli, una donna si avvicina porgendo gentilmente il libro con la traduzione di canti e preghiere in diverse lingue; cosa dire però della sua gioia nello scoprire poi che il greco lo parliamo anche noi? Al termine della celebrazione un uomo ci invita a prendere in un tipico Kafenìo una tazza di caffè greco che va lasciato sedimentare e sorseggiato lentamente. Tra l’altro ci dice che desidera da tanto venire ad Atene. Lo invitiamo, dandogli l’indirizzo… che conosce già: la moglie, infatti, da tempo riceve mensilmente il foglietto della parola di vita in greco! Il dialogo si approfondisce. Le esperienze si snodano giorno per giorno con la tipica improvvisazione mediterranea. Un monaco ortodosso conosciuto in passato, saputo della nostra presenza, organizza in tempo record una visita ad una delle sedi del monastero di cui fa parte, per poi riempirci di doni: vino tipico del famoso monastero di Kiko, icone, aperitivo nell’albergo più elegante dell’isola. Certamente non è sempre così, le antiche diffidenze tra Chiesa ortodossa e Chiesa cattolica sono uno stimolo affinché si dissolvano divisioni e contrasti, e possiamo un giorno riscoprirci fratelli. Ma i muri a Cipro si incontrano anche materialmente. E il dolore più grande, la piaga sempre aperta nel cuore dei greco-ciprioti è quella linea di divisione forzata, che non si riesce a cancellare soprattutto dai cuori. Non è semplice ripercorrere in breve le tappe che hanno portato alla divisione dell’isola. Una storia condotta da chi aveva interessi su di essa per la sua innegabile posizione strategica. Per secoli greci-ciprioti e turchi-ciprioti avevano convissuto in clima di tolleranza reciproca, di accettazione delle differenze religiose e culturali. Sotto il dominio britannico si erano trovati uniti anche nei sindacati per la difesa dei diritti dei lavoratori. Ma il legittimo desiderio di libertà ha visto gli uni e gli altri intraprendere dure lotte, propugnando i primi come soluzione l’unione alla Grecia, ed essendo i secondi fomentati dal regime coloniale (che sperava così di scongiurare la cessione alla Grecia e mantenere il potere) e sostenuti dal governo turco, che ben conosceva l’importanza di mantenere il potere nell’isola. Come dirà nel 1964 lo stesso ministro degli Esteri turco Erkin: Cipro è vitale per la Turchia, non per i turchi che lì vivono, ma per la sua posizione geografica. È l’inizio di lotte e contrasti interminabili. Il 16 agosto 1960, dopo anni di lunghissime trattative, rivolte, rivendicazioni, nasce la Repubblica indipendente di Cipro, caratterizzata da un predominio greco-cipriota, ma con ampie garanzie per la minoranza turco-cipriota e la sovranità inglese sulle basi militari. Alla popolazione turco-cipriota, che costituiva il 18 per cento del totale, vennero garantite l’autonomia culturale e una posizione privilegiata nella Costituzione. La carica di presidente e quella di vice- presidente toccarono, rispettiva- mente, ai greco-ciprioti e ai turco-ciprioti: mentre le cariche del governo centrale vennero divise secondo una proporzione del 70 per cento ai primi e del 30 per cento ai secondi. Impieghi nella polizia e nelle armi erano garantiti per il 40 per cento ai turco-ciprioti. In seguito il governo greco, continuando a sostenere l’annessione, si mise in contrasto con l’allora presidente Makarios, e sobillando un colpo di stato contro di lui, lasciò la porta aperta alla reazione immediata di Ankara. In breve tempo, il 20 luglio 1974, le forze armate turche sbarcarono nel nord dell’isola. Il crollo del regime dei colonnelli ad Atene tre giorni dopo e la simultanea caduta del presidente appena installatosi, scongiurarono l’imbarazzante conflitto fra due paesi Nato. La Turchia però arrestò la sua azione solo a metà agosto, dopo aver bombardato Nicosia, occupato il 34 per cento del paese e scacciato 200 mila greco-ciprioti con il pretesto di difendere la minoranza turca. Seguiranno anni difficili che hanno visto l’istituirsi di una economia rallentata nella parte turca rispetto all’altra metà del paese ove si è verificato un vero e proprio boom economico. È iniziata inoltre una forte immigrazione turca che ha visto all’inizio degli anni Novanta un aumento della popolazione con 40 mila coloni turchi, 35 mila soldati e 20 mila profughi. Tali flussi tendono a pareggiare la popolazione con quella greco-cipriota. Costretti ad abbandonare, nel giro di poche ore, le loro case con tutto quanto contenevano tanti greco-ciprioti, hanno lasciato nell’altra parte dell’isola beni e ricordi. La scuola delle suore cattoliche è stata confiscata e ridotta in stato di abbandono totale, le chiese ridotte a stalle. Se si apre questo argomento i racconti non finiscono più. Racconti di fuga e di soprusi, ma anche racconti commoventi di gente che dopo anni è potuta tornare, anche se solo per pochi secondi, a vedere quanto aveva dovuto lasciare. E se tanti sono tornati con il cuore infranto per ciò che hanno visto, alcuni hanno pianto di gioia quando famiglie turco-cipriote hanno spalancato armadi mai aperti prima, per segno di rispetto, dal giorno dell’occupazione. Vestiti da sposa, gioielli, ricordi tornati intatti nelle mani di chi li aveva un tempo abbandonati forzatamente. Lacrime e segni di ringraziamento. Piccoli gesti che dicono che al di là di tutto, se cessano gli interessi dei potenti, ci si può riscoprire fratelli. Due popoli che erano abituati a vivere insieme ora non sembrano più capaci di farlo. È necessario interrogarsi e chiedersi come mai. Nel ’91 le Nazioni Unite riconobbero l’autorità dei governi di ambo le parti ma quasi contemporaneamente la Corte europea di giustizia ordinò misure di embargo nei confronti del governo turco. I negoziati sono continuati senza esito fino al recente piano Annan, che ha visto la totale adesione della parte turca ed il quasi totale scontento di quella greca. Tale schieramento senza sfumature di sorta potrebbe certamente fare riflettere. Ora è difficile, con un piano pensato lontano da chi vive certi drammi sulla propria pelle, cancellare il rancore che è stato seminato. Ma il popolo cipriota può trovare la strada della riconciliazione, grazie al suo coraggio, alle sue tradizioni cristiane che invitano al perdono, alla riconciliazione; occorrerà però lasciare al popolo stesso il tempo di maturare nuove soluzioni. Aiutare, sostenere va sempre bene, imporre da fuori progetti e decisioni può essere pericoloso. Fa riflettere l’iscrizione al check point che fissa il confine fra le case della capitale: Nicosia: ultima capitale del mondo divisa. È un muro che divide. Un muro di dolore che si può percepire soltanto camminandogli accanto, ascoltando la voce di chi ha vissuto la tragedia. Ma è un muro che, come altri, potrà crollare quando meno ce lo aspetteremo, grazie a fattori ora difficili da prevedere. Una speranza che non deve spegnersi e per la quale lottare e vivere ALCUNI DATI L’isola di Cipro è situata nel Mediterraneo orientale, a 70 chilometri dalla costa turca e a 90 da quella siriana. È la terza isola del Mediterraneo con una superficie di 9.251 chilometri quadrati. La popolazione cipriota conta 793.100 abitanti, dei quali 639.500 (80,7 per cento) appartengono alla comunità greco-cipriota e 87.600 (11,0 per cento) a quella turca mentre gli stranieri che vivono lì sono 66 mila (8,3 per cento). La capitale è Nicosia, sede del governo ed importante centro di affari, con 200 mila abitanti. Altre importanti città sono: Limasol, Larnaca, Paphos e poi Famagosta e Khyrenia, attualmente sotto il controllo dell’esercito turco, a seguito dell’invasione del 1974. Da allora l’isola è formalmente divisa in due comunità: quella greco-cipriota e quella turco-cipriota. L’unico stato internazionalmente riconosciuto è la Repubblica Cipriota formata dalla comunità g co-cipriota. Le lingue principali sono il greco ed il turco, ma anche l’inglese è abbastanza diffuso. I greco-ciprioti sono cristiani ed appartengono alla Chiesa greco-ortodossa autocefala di Cipro. I turco-ciprioti sono musulmani. Vi sono anche delle piccole minoranze di cristiani cattolici delle chiese maronite, armena e latina. Se paragonata ad altri paesi del bacino del Mediterraneo, Cipro ha un livello di vita molto alto con una discreta crescita economica negli ultimi anni.