Cipro, per togliere qualche pietra ai muri
Papa Ratzinger a Nicosia e in altre città dell’isola mediterranea. Prospettive ecumeniche (e ovviamente politiche) dietro il viaggio, che sarà accompagnato dall’ombra della morte del vicario apostolico dell’Anatolia.
Non si può non parlare della visita del papa a Cipro, che sta cominciando proprio in queste ore, senza prendere in conto l’assassinio di mons. Padovese, avvenuto in Turchia, a Iskenderun, qualche ora fa, in circostanze che con tutta probabilità non sono “politiche” ma “personali”. In Turchia la notizia ha scioccato non poco. Uno dei più accreditati editorialisti turchi, Mustafa Akyol, da noi contattato si è detto «terribilmente colpito per tale orribile crimine».
Certo, precisa, «bisogna capire l’origine del crimine prima di esprimere giudizi», non dimenticando di ricordare che «prega per l’anima del vescovo Padovese, perché riposi in pace». Dello stesso tono i commenti degli uomini politici e della stampa, a testimonianza del desiderio di non aprire nuovi fronti di conflittualità, dopo la vicenda della flottiglia della pace intercettata dai militari israeliani prima di attraccare a Gaza.
Si dovrà tener conto di quest’assassinio, dicevamo, nella visita del papa a Cipro, non solo perché mons. Padovese, in qualità di presidente della Conferenza episcopale turca, avrebbe giocato un ruolo importante, ma anche perché la visita pontificia sarà limitata alla parte greca di un’isola che è divisa in due, nei fatti, dalla lunga barriera di separazione tra turco-ciprioti al nord e greco-ciprioti al sud. Nelle ultime ore pare comunque che vi sarà un incontro con una rappresentanza delle autorità politiche della parte turco-cipriota dell’isola. Sarebbe un segnale positivo.
Ho avuto l’occasione di visitare una decina di giorni l’isola di Cipro, sia nella sua parte filo-greca che in quella filo-turca. Qualche manifesto a Nicosia annunciava la visita di Benedetto XVI, nulla più: la gente sapeva assai vagamente che il capo dei cattolici sarebbe sbarcato nella loro isola. Ma la benevolenza per il papa tedesco la si riscontrava già, come espressione della tradizionale accoglienza dei mediterranei. Incontrando esponenti della Chiesa ortodossa così come del mondo politico ed imprenditoriale, ho avuto occasione di scontrarmi con le divisioni di Cipro, quelle religiose e quelle politiche.
Mi sono pure imbattuto nelle perversioni a cui porta l’odio se viene coltivato invece di essere combattuto. Ho fatto ad esempio una visita ad un luogo di per sé minore, ma che mi sembra altamente simbolico in questi frangenti. Si tratta di una piccola chiesa sulla costa settentrionale dell’isola mediterranea, Panagia Kanokaria, vicina a Lythragkomi (nella foto).
Profanata al tempo della divisione, si era nel 1974, è stata ora restaurata da qualche cristiano generoso, che ha salvato quel che resta degli affreschi del XIV secolo che in massima parte sono stati divelti e rivenduti chissà dove. La chiesa è ancora isolata e abbandonata, non lontana da altre chiese trasformate in moschee o in ovili, o semplicemente distrutte; ma almeno i turco-ciprioti hanno accettato che fosse rimessa in sesto. Un piccolo segno di speranza in un quadro estremamente complicato, politicamente, etnicamente e religiosamente.
Che cosa porterà il papa a Paphos e Nicosia? Certamente un messaggio ecumenico, in quanto sarà ospite della Chiesa ortodossa e del suo arcivescovo Chrysostomos II, che negli ultimi tempi ha dimostrato grande apertura nei confronti di Roma e del Vaticano, in particolare in una sua recente visita a Roma. Non a caso l’ultima sessione della commissione mista ortodosso-cattolica ha avuto luogo proprio a Cipro. Il papa guarda ad Oriente, da sempre, e questa visita sarà certamente un altro tassello nella sua paziente opera di ricucitura con le Chiese dell’Oriente cristiano.
Ma il messaggio di Benedetto XVI sarà anche politico. Non sappiamo quello che dirà, ma sicuramente cercherà di dare fiato a coloro che parlano di un’unica entità politica nell’isola di Cipro, di coloro che, malgrado le differenze indiscutibili tra le due popolazioni e la difficile convivenza – anche se da qualche tempo la circolazione è più facile tra le due parti dell’isola – continuano ma sperare nel miracolo della riunificazione.
Non si può non parlare della visita del papa a Cipro, che sta cominciando proprio in queste ore, senza prendere in conto l’assassinio di mons. Padovese, avvenuto in Turchia, a Iskenderun, qualche ora fa, in circostanze ancora tutte da chiarire, e che con tutta probabilità non sono “politiche” ma “personali”. In Turchia la notizia ha scioccato. Uno dei più accreditati editorialisti turchi, Mustafa Akyol, da noi contattato si è detto «terribilmente colpito per tale orribile crimine». Certo, precisa, «bisogna capire l’origine del crimine prima di esprimere giudizi», non dimenticando di ricordare che «prega per l’anima del vescovo Padovese, perché riposi in pace»:
Si dovrà tener conto di quest’assassinio, dicevamo, nella visita del papa a Cipro, anche perché ovviamente la visita sarà limitata alla parte greca di un’isola che è divisa in due, nei fatti, dalla lunga barriera di separazione tra turco-ciprioti al nord e greco-ciprioti al sud.
Ho avuto l’occasione di visitare una decina di giorni l’isola di Cipro, sia nella sua parte filo-greca che in quella filo-turca. Qualche manifesto a Nicosia annunciava la visita di Benedetto XVI, nulla più. La gente sapeva vagamente che il capo dei cattolici sarebbe sbarcato nella loro isola. Ma la benevolenza per il papa tedesco l’ho trovata, come espressione della tradizionale accoglienza dei mediterranei. Ho incontrato esponenti della Chiesa ortodossa così come del mondo politico ed imprenditoriale. Ho soprattutto avuto occasione di scontrarmi con le divisioni di Cipro, quelle religiose e quelle politiche, ed ho visto coi miei occhi le perversioni a cui porta l’odio se viene coltivato invece di essere combattuto.
Ho fatto ad esempio una visita ad un luogo minore, ma che mi sembra simbolica in questi frangenti. Si tratta di una piccola chiesa sulla costa settentrionale dell’isola mediterranea, Panagia Kanokaria, vicina a Lythragkomi (nella foto). Profanata al tempo della divisione, si era nel 1974, è stata ora restaurata da qualche cristiano generoso, che ha salvato quel che resta degli affreschi del XIV secolo che in massima parte sono stati divelti e rivenduti chissà dove.
La chiesa è ancora isolata a lato della strada, non lontana da altre chiese trasformate in moschee, o in ovili, o ancora semplicemente distrutte; ma almeno i turco-ciprioti hanno accettato che fosse rimessa in sesto. Un piccolo segno di speranza in un quadro estremamente complicato, politicamente, etnicamente e religiosamente.
Che cosa porterà il papa a Paphos e Nicosia? Certamente un messaggio ecumenico, in quanto sarà ospite della Chiesa ortodossa e del suo arcivescovo Chrysostomos II, che negli ultimi tempi ha dimostrato grande apertura nei confronti di Roma e del Vaticano. Non a caso l’ultima sessione della commissione mista ortodosso-cattolica ha avuto luogo proprio a Cipro.
Ma il messaggio di Benedetto XVI sarà anche politico. Non sappiamo quello che dirà, ma sicuramente cercherà di dare fiato a coloro che parlano di un’unica entità politica nell’isola di Cipro, di coloro che, malgrado le differenze indiscutibili tra le due popolazioni e la difficile convivenza – anche se da qualche tempo la circolazione è più facile tra le due parti dell’isola – continuano ma sperare nel miracolo della riunificazione. Lo stesso governo turco-cipriota nelle parole di suoi autorevoli esponenti vedrebbe di buon occhio una visita di Benedetto XVI anche nella parte turca di Cipro.