Fa’ a me ciò che vorrei fosse fatto a me

Non sempre nella vita di coppia vale la cosiddetta "regola d'oro": è fondamentale prendere coscienza di ciò che ciascuno dei due desidera che venga fatto a sé stesso
(Foto: Pixabay)

La regola aurea: “Fa’ all’altro ciò che vorresti fosse fatto a te” non è sempre efficace nelle relazioni di coppia. È più opportuno invece provare a comprendere qual è il linguaggio dell’amore dell’altro che magari è molto diverso dal nostro. Altrimenti si incorre nel rischio di ritrovarsi in spirali di incomprensione e di conflitto o distanza o di ritrovarsi “a bocca asciutta”: ognuno dei due partner aspetta una certa reazione che non arriva e si continua imperterriti ad adottare un comportamento che non suscita la reazione desiderata.

A questo riguardo è utile ricordare la teoria dei 5 linguaggi dell’amore di Chapman che aiuta a comprendere che è necessario amare il partner con le modalità con cui lui si sente amato e non con le nostre.

G. per esempio diceva: «Io ho bisogno di sentire che mi dici delle parole di apprezzamento, che mi fai capire quanto mi stimi e sono preziosa ai tuoi occhi».
E M. di rimando «Ma io faccio fatica a fare complimenti, per me passare del tempo insieme, andare a fare una passeggiata è il mio modo di dirti senza parlare ciò che mi chiedi».

E molto probabile che il linguaggio dell’amore preferito di G. sia quello delle “parole di apprezzamento”. Chi predilige questo linguaggio ha bisogno di sentire il partner pronunciare parole d’amore, di leggere messaggi che esprimano parole di riconoscimento e di cura.

Allo stesso modo è probabile che il linguaggio d’amore di M. sia invece quello del “tempo di qualità”: le persone che parlano questo linguaggio hanno bisogno di momenti specifici dedicati alla coppia. Ricercano del tempo, fuori dalla routine, dedicato solo alla coppia, uno spazio riservato e programmato in cui poter riconnettersi, appuntamenti privilegiati per ritrovarsi.

Il partner di un’altra coppia così si esprimeva: «Quando torno a casa e non trovo la cena pronta mi sento invisibile, credo che mia moglie non si prenda cura di me». E lei di rimando: «Quando lui torna a casa, io lo accolgo con un bacio e un abbraccio ma lui pensa che è un modo per farmi perdonare il fatto che la cena non sia pronta».

È molto probabile che il partner che non si sente amato perché non trova la cena pronta ha la peculiarità del linguaggio dell’amore degli “atti di servizio”. Chi predilige questo linguaggio ritiene che per esprimere l’amore sia importante fare il tagliando all’auto del partner, mettere a letto i figli, preparare la cena sollevando il partner dalle incombenze quotidiane.

D’altro canto è molto probabile che il partner che accoglie con un bacio il rientro a casa dell’altro partner parla il linguaggio dell’amore del “contatto fisico”, cioè comunica l’amore attraverso coccole, baci, abbracci, intimità sessuale. E se queste componenti mancano il partner non si sente amato.

«Il mio compagno non mi fa mai un regalo, una volta a Natale mi ha portato una presina e uno strofinaccio in una busta riciclata». Per le persone che parlano questo linguaggio, quello del “ricevere regali”, i regali sono più che semplici oggetti: un regalo rappresenta il tempo, la creatività e l’amore che una persona mette in un oggetto fisico.

Come fare allora quando inevitabilmente in una coppia i partner parlano linguaggi diversi? Forse il primo passo è riconoscere che ognuno di questi 5 linguaggi ha una sua preziosità e trova radici nella storia di ciascuno. Magari se si è vissuti in una famiglia in cui il contatto fisico non era così frequente si potrebbe far fatica a usare questo linguaggio o, al contrario, lo si ricerca molto essendo mancato nella propria storia. Ma se il partner non ha questo linguaggio così sviluppato è importante usare la regola aurea del “fai all’altro ciò che vorresti fosse fatto a te” con questa accezione: io vorrei essere amato nel senso di conosciuto profondamente in ciò che mi piace e mi fa star bene. Quindi amare l’altro vuol dire provare a capire ciò che l’altro ama e lo fa star bene e che, magari, è completamente diverso da ciò che io amo e fa star bene me.

Un’incomprensione classica nelle coppie nasce per esempio rispetto al linguaggio dell’amore che è il contatto fisico: alcuni partner fanno fatica a trovare la connessione in uno scambio di coccole o nell’intimità sessuale se, prima, tutto questo, non è stato preceduto da “parole di apprezzamento “o da “ricevere regali” o da un “tempo di qualità “trascorso insieme. Per altri partner invece dedicarsi uno spazio per il contatto fisico è un modo privilegiato per comunicare l’amore: la direttissima per ritrovare la connessione emotiva.

Tale diversa modalità può generare un circolo vizioso all’interno della coppia: «Non riesco ad avere un’intimità fisica con te se prima non sono emotivamente connessa con te», dice lei. «Avere un’intimità fisica con te mi permette di sentirmi emotivamente connesso a te», dice lui.

Trovare le ragioni dell’altro, pur se così diverse dalle proprie, è una strada maestra per uscire fuori da questo impasse.

Un’altra incomprensione può nascere dalla semantica di un dato linguaggio, cioè dal significato che ogni partner attribuisce a ogni linguaggio dell’amore e al peso specifico di esso a partire dalla propria storia.

Potrebbe essere un linguaggio dell’amore su cui posso sorvolare o un bisogno ineludibile? Tale risposta dipende strettamente dalla storia di ogni partner, dal rapporto con le sue figure d’attaccamento, dalle consuetudini della propria famiglia d’origine e dal lavoro di rielaborazione che ogni partner ha fatto di tutto questo.

Per esempio per M. non ricevere parole di apprezzamento dal partner era qualcosa a cui non poteva proprio rinunciare in quanto quel particolare linguaggio costituiva per lei un pattern di cui aveva molto sofferto per la sua mancanza nella famiglia d’origine e pertanto ne era particolarmente “affamata”. Già rendersi consapevole di questo è stato per lei stabilire una gerarchia di priorità dei suoi linguaggi d’amore, comprendere a quali di essi poteva anche rinunciare, se non presenti nello stile affettivo del partner e a quali no. Ma anche fare i conti con la non differibilità e l’urgenza legata ad un particolare linguaggio è servito a M. a comprendere che, a volte, ci si fossilizza in particolare su un linguaggio perché è quello di cui si avverte maggiormente la carenza o il più familiare, ma che ci si può aprire alla possibilità di conoscere altri linguaggi, magari meno congeniali ma che, una volta scoperti, allargano gli orizzonti e permettono di sperimentare possibilità totalmente nuove di comunicare l’amore.

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