Cinque motivi per una protesta
Tutto è iniziato ai primi di giugno, quando il governo di Hong Kong ha annunciato la volontà di presentare al Consiglio legislativo (LegCo) un emendamento all’attuale legge sull’estradizione. Questa attualmente consente ai tribunali di Hong Kong di trasferire indagati e criminali solo verso una lista di Paesi e regioni che hanno un “processo equo”, in conformità agli standard internazionali. Taiwan e Cina continentale non figurano in questo elenco.
L’emendamento voleva proprio includere in questa lista anche Taiwan e la Cina continentale. Ciò implica che chiunque ad Hong Kong, che sia un cittadino o un turista, può essere trasferito in Cina per essere processato, su richiesta dell’autorità continentale.
Inizialmente, questa proposta di legge non era stata notata da molti cittadini di Hong Kong, fino a quando il governo non ha dichiarato la propria volontà di portare a conclusione la modifica della legge entro fine giugno, cioè prima della pausa estiva del LegCo. A questo punto si è chiarita per molti la vera natura della proposta ed è iniziata la prima protesta, il 9 giugno.
Secondo gli organizzatori, quel giorno più di un milione di persone ha partecipato alla manifestazione. È stata la più grande protesta mai avvenuta ad Hong Kong. Tuttavia, già quella sera, mentre i manifestanti stavano ancora tornando a casa, la responsabile dell’amministrazione di Hong Kong ha rilasciato un comunicato stampa affermando di riconoscere pienamente la folla in marcia, ma che la prima lettura della proposta di legge si sarebbe comunque svolta come previsto al LegCo il 12 giugno seguente.
I manifestanti, in particolare i giovani, sono stati molto contrariati per la decisione del governo, per cui è stato indetto uno sciopero proprio in quel giorno.
Un’enorme quantità di poliziotti si è schierata davanti ai manifestanti, i quali sono rimasti in silenzio per tutta la mattinata. Poco dopo le 15, si è sparsa la voce che i consiglieri legislativi stavano entrando nell’edificio del LegCo, per cui i manifestanti hanno iniziato a spingersi in avanti per provare a raggiungere l’ingresso dell’edificio legislativo, usando ombrelli e indossando maschere facciali per non essere riconosciuti. La polizia ha reagito utilizzando bastoni, spray al peperoncino, lacrimogeni e proiettili di gomma. Sono seguiti violenti scontri con i manifestanti, molti dei quali sono stati feriti e arrestati. Quella sera il governo di Hong Kong e il capo della polizia hanno classificato la protesta come una “sommossa”, anche se in effetti la stragrande maggioranza dei manifestanti ha reagito senza usare la forza.
Molte proteste si sono susseguite nei giorni successivi, con l’obiettivo del ritiro del disegno di legge, senza che il governo desse ascolto alla popolazione. All’inizio di luglio, quattro giovani tra i 20 e i 30 anni si sono suicidati in varie località del Paese. La diocesi ha tenuto messe in diverse parrocchie e il vescovo ausiliare di Hong Kong ha accompagnato alcuni giovani manifestanti in una protesta pacifica davanti al Consiglio legislativo.
Il 1° luglio, l’annuale evento di commemorazione del passaggio di Hong Kong alla Cina nel 1997, si è trasformato in una giornata di violenza senza precedenti. I manifestanti hanno preso d’assalto il Consiglio legislativo: sono seguite ore di violenza e distruzioni, con la polizia che ha sparato gas lacrimogeni.
Poi, il 21 luglio, un gruppo di 80 uomini, armati e vestiti di bianco, ha attaccato indiscriminatamente i cittadini per le strade e i passeggeri nella stazione metro di Yuen Long, tra cui anziani, bambini, manifestanti che stavano tornando a casa, giornalisti e legislatori. Almeno 45 persone sono rimaste ferite nell’incidente, inclusa una donna incinta.
Nonostante migliaia di segnalazioni fatte al numero di emergenza del 999, la polizia non è arrivata prima di 30 minuti e comunque solo dopo che il gruppo di uomini armati aveva lasciato la stazione. Non sono stati compiuti arresti quella notte. Molti hanno accusato la polizia di non aver protetto i cittadini dagli attacchi, e alcuni hanno persino sostenuto che la polizia era d’accordo con gli assalitori.
Di conseguenza, il malcontento per la legge di estradizione si è trasformato in un più ampio movimento di forze anti-governative e anti-polizia. I manifestanti hanno ora cinque richieste fondamentali, tra cui il completo ritiro del disegno di legge e l’avvio di un’indagine indipendente sulla presunta brutalità della polizia. In particolare chiedono: (1) il ritiro del disegno di legge, (2) l’ammissione che le proteste del 12 giugno non sono una “sommossa”, (3) il rilascio incondizionato di tutti i manifestanti arrestati, (4) la formazione di una commissione indipendente di inchiesta sul comportamento della polizia, nonché (5) il suffragio universale.
Il 4 settembre, il governo di Hong Kong ha finalmente annunciato il ritiro del disegno di legge di estradizione, una decisione arrivata dopo che 1.183 manifestanti sono stati arrestati.
Negli ultimi tre mesi, gruppi di pressione composti da genitori, dipendenti pubblici, personale infermieristico, assistenti sociali, avvocati, analisti finanziari e anziani si sono riuniti in date diverse per dimostrare il loro sostegno ai giovani e alla società. Proteste sono state organizzate in diversi distretti di Hong Kong, tra cui un “ingorgo programmato” all’aeroporto. Alcuni dipendenti delle compagnie aeree, che hanno preso parte a manifestazioni pacifiche, sono stati costretti a dimettersi.
Con l’avvicinarsi delle celebrazioni per il 70 ° anniversario della Giornata Nazionale, il prossimo 1 ottobre, il governo cinese ha preso misure cautelari per controllare i social media: i viaggiatori che attraverseranno i confini cinesi potrebbero essere invitati, in modo casuale, a mostrare le foto e i messaggi contenuti nei loro telefoni cellulari.
Una questione iniziata con la protesta per la modifica della legge di estradizione, è diventata ora molto più complicata e di difficile soluzione.