Cinema tra Asia ed Africa

C’è folla all’Hotel Excelsior al Lido, dove, nello stand dell’Ente dello Spettacolo, mons. John P. Foley, presidente del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali, consegna il Premio Robert Bresson, giunto alla settima edizione, a Zhang Yuan. 37 anni, una zazzera nera e un volto simpatico, il regista cinese non si nega ad una conversazione. Che effetto le fa un premio, già ottenuto da autori come Bresson, Zanussi, De Oliveira…? Ne sono molto orgoglioso, perché restituisce speranza ai tanti cattolici del mio Paese. Sono certo che un segnale così forte da parte della Chiesa li aiuterà a percepire la considerazione e la vicinanza di Roma nei loro confronti. Mi farebbe molto felice sapere di aver contribuito, con il mio film (La guerra dei fiori rossi, in uscita a novembre, ndr), ad alimentare un dialogo che ha acceso tante speranze. Nel suo film precedente, Diciassette anni, ha indagato i cambiamenti sociali in una cornice melò. Ne La guerra dei fiori rossi, i protagonisti sono i bambini… È un racconto delicato, di formazione. Un ritratto dell’infanzia che inneggia alla rivoluzione in nome della libertà. Far recitare i bambini è stato più semplice di quanto credessi. La soluzione è stata quella di ricreare un vero asilo, con le maestre e le assistenti. Mi interessava esplorare un momento dell’infanzia in cui l’animo dei bambini è ancora integro. Ancor oggi esistono in Cina asili come quelli che si vedono nel mio film: dei collegi, dove i genitori lasciano a dormire i figli, cui non possono badare. A tanti anni dalla rivoluzione, disciplina e didattica non sono cambiate!. L’argomento del suo prossimo lavoro? Sarà un film durissimo, sulla disoccupazione giovanile in Cina. Il boom economico ci ha portato a una industrializzazione selvaggia e rapida, che divora spazi e luoghi all’agricoltura. Si paga un prezzo altissimo: mancato rispetto dei diritti umani, turni massacranti, terre rubate ai contadini, ora senza lavoro. Ho ultimato la sceneggiatura del film, che devo sottoporre alla censura. Non so che esiti possa avere. La censura è molto rigida e imprevedibile nei giudizi, come mi è già accaduto per i miei precedenti lavori. Ma se tutto va bene, entro l’anno il film dovrebbe essere pronto.

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