Cinema e pittura, un connubio vincente
Come vanno d’accordo arte pittorica e cinema. Il successo dei docufilm su Raffaello, Michelangelo, Caravaggio e van Gogh lo sta dimostrando. Il 6 settembre uscirà un film singolare, diretto da Justin Chadwick, La ragazza dei tulipani. Un classico mélo in costume. Ma questa volta non siamo in Inghilterra o in Francia, ma nell’Olanda del ‘600, terra di pittori come Vermeer e Rembrandt.
La bellezza del lavoro va oltre la storia passionale di due giovani ad Amsterdam nel 1636, perché le citazioni dai dipinti dei grandi artisti riempiono tutte le scene. Tanto che i richiami a Vermeer e a Rembrandt sono costanti. Negli interni c’è la luce adombrata di Rembrandt a cui assomiglia – da giovane – il pittore interpretato da Danel DeHaan, innamorato di Sophia, sposata ad uno più maturo di lei e rigidamente calvinista.
Ma ci sono pure le luci perlacee della Merlettaia di Vermeer a cui somiglia appunto Sophia (Alicia Vikander), come pure i vicoli e le piazze cittadine dipinte dai pittori olandesi dell’epoca, mentre le facce della gente richiamano i ritratti di Frans Hals. I due ragazzi di nascosto si amano, il marito non se ne accorge, ma la giovane cameriera – anche lei innamorata di un pescatore – invece sì. Quando la serva resta incinta e vorrebbe rivelare la tresca al marito, Sophia ordisce con lei un inganno – che non riveliamo – per salvare le reciproche situazioni. Ci riescono, fino ad un certo punto.
La storia si svolge nel bel mezzo di una città in pieno fermento economico, dove trionfa il mercato dei tulipani, fiori bellissimi e fragili che fanno guadagnare fortune, come ben sa la badessa Judi Dench che li coltiva e li vende, grintosa e astuta. Perciò il film, oltre al lato sentimentale, offre pure uno scorcio della vita sociale, cosa che dà equilibrio ad un prodotto di classe, raffinatissimo nelle luci e nei costumi, recitato da un cast prestigioso.
Il regista inglese segue con estrema cura ogni dettaglio. Ne esce un lavoro pregevole, soprattutto nel saper creare un racconto di atmosfere e non solo di amore o un affresco sociale, seguendo – non alla lettera – il romanzo best-seller Tulip Fever di Deborah Moggach. Alla lettera invece segue le tele di Rembrandt e Vermeer regalando momenti emozionanti, perché i personaggi sembrano balzare fuori dai quadri e risorgere vivi di fronte a noi. Che è poi quello che il cinema dovrebbe saper fare.