Cina, Kenya e la trappola del debito

L’elezione in Kenia del presidente William Ruto, a settembre 2022, ha segnato la fine dell’idillio tra Pechino e Nairobi. Il Kenya ha deciso di uscire dalla trappola del debito cinese. Una spirale in cui si ritrovano impantanate molte economie africane dopo aver firmato grossi contratti con l’Impero di Mezzo
Cina Kenya
Il presidente del Kenya William Ruto, visto dietro i fuochi d'artificio della fontana, solleva una spada cerimoniale durante il suo giuramento allo stadio Kasarani di Nairobi, in Kenya, nel settembre 2022 (Foto AP/Brian Inganga)

Il Kenya sta inesorabilmente avvertendo le conseguenze degli anni di idillio con la Cina. In particolare, la Cina ha prestato 4,7 miliardi di euro per la costruzione di una linea ferroviaria che dal 2017 collega la città portuale di Mombasa a quella di Naivasha, nella Rift Valley, passando per Nairobi. Questa linea dovrebbe alla fine collegare Uganda, Rwanda, Burundi, Sud Sudan a Kenia ed Etiopia

«Il rimborso del prestito, che ha una scadenza tra 15 e 20 anni, alla China Exim Bank sta soffocando l’economia», ha dichiarato il ministro dei trasporti keniota Kipchumba Murkomen.

Il presidente Ruto ha evidenziato che il prestito iniziale era di 2 miliardi di dollari da parte della China Import and Export Bank, che ha finanziato la costruzione, realizzata da una società cinese, della Standard Gauge Railway (Sgr) tra il porto di Mombasa e Nairobi. Nel 2020, però, una sentenza della Corte d’Appello ha stabilito che l’intero progetto da 3,6 miliardi di dollari, il più grande progetto infrastrutturale in Kenya, era illegale perché le autorità non avevano considerato altre offerte competitive.

La recente decisione del presidente keniota William Ruto di rivelare aspetti cruciali di un importante prestito cinese mette in luce le condizioni svantaggiose che devono spesso accettare i paesi africani quando ottengono un prestito dalla Cina. Tra le condizioni imposte dal contratto con la China Road and Bridges Corporation (Crbc) vi erano l’impossibilità per il Kenya di indire gare relative alle Sgr, l’obbligo di rimborsare immediatamente il prestito in caso di violazione delle regole contrattuali e un tasso di interesse sul prestito superiore rispetto a quello normalmente stipulato in un accordo tra due governi.

In alcuni casi, questi prestiti possono mettere a rischio l’intera economia del Paese, quando questo si trova in difficoltà legate all’elevato indebitamento.

Negli ultimi due decenni, la Cina ha complessivamente prestato quasi 150 miliardi di dollari ai paesi africani, principalmente sotto forma di prestiti commerciali segreti. I prestiti segreti possono portare a ciò che l’analista della Banca mondiale Sebastian Horn chiama «mancati rimborsi nascosti», quando i Paesi non riescono più ad effettuare i pagamenti e sono costretti a rinegoziare il debito con i finanziatori cinesi, che in genere si rifiutano di fornire una tregua riducendo l’importo del prestito. Al contrario, i prestiti vengono spesso estesi nel tempo, aumentando così l’indebitamento nel tempo.

«La metà dei prestiti cinesi nell’Africa sub-sahariana non è registrata nei registri del debito sovrano», scrive la ricercatrice Kathleen Brown in un’analisi del sistema del debito Cina-Africa. Tuttavia, non registrare i prestiti ottenuti può aiutare i paesi debitori a rendere più “presentabili” i loro bilanci quando desiderano ottenere un altro prestito da istituzioni internazionali come la Banca mondiale, che impongono restrizioni ai Paesi a basso e medio reddito quando il loro indebitamento aumenta, aggiunge la Brown.

«I leader occidentali stanno incolpando la Cina per le crisi del debito in Africa, ma questo è un diversivo. La verità è che le loro stesse banche, asset manager e commercianti di petrolio sono anche più responsabili di produrre debiti, ma il G7 li sta tenendo fuori dai guai», ha detto Tim Jones, funzionario per le politiche pubbliche presso l’Ong britannica Debt Justice.

Lo scorso 11 gennaio, durante un incontro con il presidente della Commissione dell’Unione Africana (Ua) Moussa Faki, il ministro degli Esteri cinese Qin Gang ha sottolineato che l’essenza del problema del debito dell’Africa è un problema di sviluppo. La soluzione al problema del debito africano non sta solo nell’affrontare i sintomi attraverso il trattamento del debito in sè, ma anche nell’affrontare le cause che ne sono alla radice, e costruire la capacità dell’Africa di svilupparsi in modo indipendente e sostenibile.

«La questione della trappola del debito [cinese] è una calunnia politica», ha detto Charles Onunaiju, direttore del Center for Chinese Studies, con sede in Nigeria, aggiungendo che tali affermazioni sono solo un diversivo per assolvere l’Occidente dalle sue responsabilità.

Nicolas Lippolis e Harry Verhoeven, ricercatori delle università della Columbia e di Oxford contestano le narrazioni secondo cui la Cina starebbe intrappolando l’Africa nei debiti. Dati a supporto, mostrano che i creditori privati ​​occidentali sono stati il ​​principale motore dell’accumulo di stock di debito nel continente dal 2004. «L’aumento del debito africano dovuto ai prestiti cinesi è irrisorio rispetto all’onere del debito creato dai creditori privati ​​occidentali prima dell’ultimo decennio. Ciò che tiene svegli i leader africani non è la trappola del debito cinese, ma i capricci del mercato obbligazionario», concludono Lippolis e Verhoeven.

Il Kenya ha speso 117,7 miliardi di scellini (998 milioni di euro) per ripagare il proprio debito con la Cina nel 2021-2022, di cui circa 24,7 miliardi di scellini (209 milioni di euro) in pagamento di interessi, e quasi 93 miliardi di scellini (788 milioni di euro) come rimborso del debito.

La Cina è il secondo finanziatore del Kenya dopo la Banca mondiale. Anche il Camerun è tra i 7 Paesi africani che hanno accumulato più debiti con la Cina in questo decennio. Condivide questo primato con Gibuti, Angola, Congo, Etiopia, Kenia e Zambia, elenca la Banca africana di sviluppo (Afdb). Tuttavia l’Angola rimane il Paese africano maggiormente legato ai prestiti cinesi, con 42,8 miliardi di dollari accumulati in 17 anni.

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