Cina e Giappone: calo demografico e invecchiamento della società

L’immagine dell’Asia come continente delle masse e dei giovani sta rapidamente cambiando. Un aspetto che viene sempre più in evidenza è l’invecchiamento della popolazione in Cina e Giappone
Cina anziani
(Foto: Pixabay)

Resta vero che la maggior parte della popolazione mondiale vive in Asia, dove si gioca il primato assoluto a livello di nazioni più popolose del pianeta. Nel corso di quest’anno la popolazione dell’India dovrebbe superare in assoluto quella della Cina. Ma in quanto ad età, solo nel 2070 il numero degli anziani indiani potrebbe eguagliare quello dei cinesi.

Alcuni recenti articoli pubblicati da ricercatori dell’Ispi (Istituto per gli studi di politica internazionale) mettono in evidenza come sia la Cina che il Giappone stiano sperimentando un trend di invecchiamento della popolazione che porterà a non pochi problemi economici e amministrativi negli anni a venire. Negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, la Cina, con la sua esplosione demografia, poteva vantare una popolazione molto giovane. La nuova politica di family planning diventata, poi, a partire dagli anni Ottanta, la one-child-policy (la politica del figlio unico), ha impresso una virata decisa all’andamento demografico.

Ricordo qualche anno fa, durante alcune visite in varie megalopoli e provincie del gigante asiatico, fui colpito a vedere viaggiare gruppi familiari composti da sette persone, delle quali sei adulte o anziane e un bambino o giovane. Si trattava dei genitori e delle due coppie di nonni. Un’immagine efficace di come si era evoluta la demografia cinese. Ma ho incontrato anche coppie che, dopo il primo figlio, avevano provveduto a mandare i nati successivamente nelle provincie, a casa di parenti, per non incorrere nelle sanzioni o nella perdita di certi incentivi offerti a chi osservava la politica del figlio unico.

Sebbene recentemente interrotta, tale politica, rimasta attiva per alcuni decenni, ha trasformato completamente il panorama demografico – almeno per ora – ma è destinata nel giro di pochi anni ad avere delle conseguenze anche a livello di Pil e di spese interne. Il tutto finirà per creare problemi alla costante crescita del ‘dragone’ come leader dell’economia mondiale. L’attesa di vita, infatti, che nel 2000 era di 69,6 anni, nel 2010 era già cresciuta fino a 72,4 e nel 2020 ha toccato i 75,4. Nel 2050 si prevede che saranno circa 80-85 milioni i cinesi anziani con problemi di vario tipo a non essere più auto-sufficienti: una popolazione di almeno venti milioni superiore a quella dell’Italia attuale. I problemi assicurativi e di assistenza quotidiana e continuativa peseranno tremendamente sui servizi sociali del Paese.

Fino ad ora, infatti, il 90% della cura degli anziani – un po’ come in tutta l’Asia – è assicurata all’interno del cerchio familiare. Ma non sarà più gestibile a questo livello nel giro di pochi anni. Il governo cinese è al lavoro fin dal 2010 per affrontare un problema che si presentava già allora minaccioso. Ed ha, quindi, invertito la rotta del suo piano strategico familiare. Nel corso del decennio trascorso, si è passati dalla politica del figlio unico a quella dei due figli (nel 2015), per arrivare nel 2021 a incoraggiare anche quella dei tre figli, unitamente a incentivi promessi alle famiglie numerose. Inoltre, si è cominciato a pensare ad un sistema pensionistico e ad un servizio per gli anziani che coinvolgano i cittadini insieme alle imprese e al governo.

Proprio per ovviare ai pericoli e alle conseguenze socio-economiche dell’invecchiamento demografico, la Cina è ora seriamente impegnata a costruire un sistema di servizi inclusivo e diversificato per coloro che raggiungo una certa età. Quindi sfide interne importanti per il dragone cinese che non potranno essere disgiunte dalla corsa al primato mondiale e globale in quanto ad economia e finanza. Xi Jinping dovrà portare a regime un programma ben studiato che permetta al Paese di non perdere, a causa della escalation demografica, il ruolo acquisito a livello internazionale, non tanto per forza lavoro e produttiva ma per l’aumento di una classe – fatta di decine di milioni di persone – da assistere ed accudire, oltre che da mantenere, venendo meno anche la tradizionale coesione familiare che aveva provveduto fino ad oggi a questi servizi sociali.

Simile, ma anche assai diversa, la situazione del Sol Levante. In Giappone, infatti, l’attesa di vita è la più alta del mondo – pari a 87,7 anni per le donne e 81,6 per gli uomini. Il Paese ha poi uno dei numeri più alti di ultracentenari e la preoccupazione è soprattutto quella di assicurare una vita in salute anche agli ultrasettantenni. Il Ministero della Salute, per esempio, ha recentemente lanciato un programma per evitare il più a lungo possibile l’insorgere di malattie come il diabete facendo sì che le persone over 65 possano condurre uno stile di vita sano. Il Paese sta sviluppando un sistema che permetta anche coperture assicurative oltre che formazione per persone che abbiano superato una età limite, di come far uso di auto e di meccanismi domestici che garantiscano autosufficienza fino ad una età molto avanzata. Nel 2040, si prevede comunque che il Giappone arriverà al picco della sua popolazione ‘anziana’ e questo richiederà la messa a punto di strategie per affrontare due problemi: un sistema di servizio infermieristico ed assistenziale adeguato e, allo stesso tempo, la decisa diminuzione della forza lavoro.

L’Asia rappresenta, senza dubbio, il presente dell’umanità sotto molti punti di vista, ma alcuni suoi Paesi che hanno un ruolo trainante si trovano a dover affrontare problematiche non troppo distanti da quelle del mondo occidentale

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