Ciao Titì

Dopo 450 gol, Thierry Henry ha annunciato il suo ritiro dai campi di calcio. Dalle Piccole Antille ai quartieri difficili di Parigi, dal settore giovanile del Monaco alla Nazionale francese, dalla Juventus fino all’ Arsenal, di cui diverrà giocatore simbolo: una straordinaria carriera in cui non sono mancati gesti di solidarietà
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“Dopo 20 anni di gioco ho deciso di ritirarmi dal calcio professionistico. È stato un viaggio incredibile e vorrei ringraziare tutti: è arrivato il momento di intraprendere un altro percorso. Ho dei ricordi incredibili, ho vissuto un'esperienza meravigliosa”.

Così lo scorso 16 dicembre Thierry Henry ha annunciato sul proprio profilo Facebook il ritiro dal calcio, per diventare opinionista di Sky Sports: non è un ritiro qualunque, se si pensa che alla fine della sua carriera professionistica si contano 450 gol segnati per 994 presenze fra club e Nazionali.

Nato nelle Piccole Antille da padre guadalupense e madre martinicana, Thierry cresce a Les Ulis, quartiere difficile di banlieue di Parigi che, nonostante le ristrettezze economiche, lo ha visto intraprendere i primi decisivi passi verso la gloria sportiva. “Henry era un po’ irascibile. Per fortuna suo padre lo teneva in riga”, ricorda l’ex educatore Jean-Claude Giordanella, oggi vice-presidente del club di calcio locale.

Già a sette anni il suo potenziale convince Claude Chezelle a far vestire al ragazzino la casacca del CO Les Ulis e, dopo qualche altra società minore, nel 1990 il Monaco gli spalanca le porte: dietro l’obbligo di seguire i corsi dell'accademia di Clairefontaine, il giovane Thierry completa il corso ed entra a far parte del settore giovanile, allenato da Arsène Wenger, debuttando in prima squadra nel 1994.

Il suo passo tanto veloce quanto leggiadro e la sua innata abilità nel controllo di palla ne fanno un giocatore capace di folate offensive devastanti tra le retroguardie avversarie: per tutto il corso della carriera, Henry si distinguerà per una prorompente falcata abbinata ad una finissima tecnica di base.

Eletto Giovane calciatore francese dell'anno nel ‘96, Henry è tra i protagonisti, l’anno successivo, della vittoria del titolo francese, così da meritare nel ‘98 la convocazione nella Nazionale francese: farà parte della magnifica compagine di “invincibili” che trionferà del campionato del mondo di Francia ’98. Nel principato, Henry fa spesso coppia con un altro giovane astro nascente dell’attacco della nazionale, David Trezeguet, con il quale nel 2000 si laurea anche campione d’Europa battendo ai supplementari la nostra Italia in finale, con l’amaramente celebre “Golden Gol” dello stesso Trezeguet.

Nel gennaio ‘99, Luciano Moggi lo individua come sostituto per l’infortunato Del Piero alla Juventus: con un’operazione di circa 11,5 milioni di euro, cifra più alta mai pagata fino ad allora per un calciatore francese, Henry esordisce nella nostra Serie A in una delle stagioni meno fortunate della storia bianconera.

L'allenatore Carlo Ancelotti lo utilizza peraltro non da punta ma come ala e, nonostante alcune buone gare, il bilancio personale di 16 presenze e 3 reti sembra troppo poco a Moggi per confermarlo in maglia bianconera: rifiutato il prestito all’Udinese, Henry è ceduto all'Arsenal in meno di un anno per 10 milioni di sterline. Dopo un inizio difficoltoso, Londra segna la svolta della carriera: con il tecnico Arsène Wenger, già avuto a Monaco, Thierry si conferma negli anni come uno dei migliori giocatori al mondo.

«Henry potrebbe prendere palla in mezzo al campo e segnare un gol che nessun altro al mondo potrebbe segnare», dichiarò Wenger. Dell'Arsenal, Henry diventa presto il giocatore simbolo, come del resto della nazionale transalpina, insieme a Zinédine Zidane.

Nei pressi dell’Emirates stadium, sorge oggi una statua di bronzo, alle spalle del mitico Higbury, dedicata proprio dalla società londinese al bomber francese: “qualche volta, se giochi a calcio, la devi proprio buttare dentro”, soleva dire, in effetti a ragione, date le 228 reti su 377 presenze con la maglia dei “Gunners”. Sfiorato da trascinatore il bis in Coppa del Mondo con la Francia nel 2006, anno del trionfo azzurro in finale, nel 2007 Henry si accasa nel grande Barcellona, con il quale si laurea due volte campione di Spagna e sale insieme a Messi sul tetto dell’Europa dei club.

Se è vero che durante la partita di ritorno valida per i play-off di qualificazione al campionato del mondo 2010, contro l'Irlanda allenata dal nostro Trapattoni, il 18 novembre 2009 Henry si è macchiato di un doppio fallo di mano per propiziare il gol decisivo del compagno, scusandosi solo nei giorni successivi, è anche vero che il miglior marcatore della storia della nazionale francese (con 51 reti) non si è mai sottratto ad azioni di solidarietà.

In chiusura di carriera statunitense, ai Red Bulls, ha deciso di sostenere l’associazione “Grassroot Soccer”, che si batte contro la diffusione dell’Aids, devolvendo 5 mila dollari per ogni rete realizzata, mentre risultano molteplici le sue azioni di sostegno anche nel quartiere d’origine. Spesso vittima di cori razzisti negli stadi, balzò alle cronache per essersi reso primo testimonial della conseguente celebre campagna di sensibilizzazione sponsorizzata dalla Nike, “Stand Up Speak Up”. Au revoir “Titì”.

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