Ciao, Samuelle

Famiglia, scuola, lavoro, cambio di sesso, suicidio. I genitori, Leonia e Mario Daves, e il fratello Bruno, di Riva del Garda, aprono lo scrigno dei ricordi  
Samuele, a destra, col fratello Bruno

«Bruno aveva 3 anni quando sono nati i gemelli: Samuele e Simone. Samuele è sempre stato inquieto, dormiva pochissimo. Allo stesso tempo era un bambino con una capacità speciale di vivere ed esplorare l’ambiente. Fin da piccolo è stato un entusiasta, non vedeva i pericoli, mentre il gemello era il suo angelo custode.

A 4 anni la pediatra mi ha detto: “Questo è un bambino sfortunato”. Al mio stupore, ha ripreso: “Lo scoprirà nel tempo. Rispetti le sue tendenze nel gioco e nelle relazioni”. All’asilo era amico di tutti, ma giocava soprattutto con le bambine. Aveva una vera passione per le bambole. A livello sportivo era molto competitivo, specie nel gioco del pallone.

A scuola, poi, Samuele ha iniziato a percepire di essere diverso, perché i compagni lo chiamavano donnetta. Come reazione cercava di essere eccellente, perché nessuno lo potesse accusare di valere meno degli altri. Da grande ripeteva che nella vita aveva “dovuto” essere il migliore. Alle superiori ha avuto amiche e amici carissimi, anche se col tempo la problematica si è accentuata. Lui non ne parlava molto con noi, forse perché non sapevamo niente di queste cose, nella nostra cultura non se ne parlava, solo sussurri. Sembravano cose lontane.
Durante il secondo anno di università (20 anni) un giorno mi ha detto, piangendo: “Mamma, sono omosessuale. Te lo devo dire perché mi hai insegnato che bisogna essere fedeli alla verità. Mi emoziono per un ragazzo, non per una donna”. Allora ho pianto tutte le mie lacrime e litigato col Padre Eterno, pregandolo: “Non farmi questo, si dice che siano peccatori incorreggibili, la rovina del mondo”. Ma poi ho trovato le parole del Vangelo: “Vi sono eunuchi che nacquero così dal seno della madre” (Matteo 19, 12) e ho riletto negli Atti degli Apostoli il battesimo dell’eunuco da parte dell’apostolo Filippo (Atti 8, 26-40). Allora, mi sono detta, Dio li ha creati e li ama così, per cui ho accettato: “Signore, tu me l’hai dato, insegnami ad accompagnarlo”.

Samuele con i genitori Leonia e Mario
Samuele con i genitori Leonia e Mario

La nonna, invece, ha subito riunito parenti, zii e nipoti, e ha ammonito: “Guai a voi se qualcuno si permette di prenderlo in giro”. Nelle feste Samuele era sempre il protagonista, il più allegro e spigliato. Con i cugini c’erano una complicità e un affetto assoluti. A volte mi diceva: “Quanto mi piacciono i bambini e pensa che non ne avrò mai”».

Sono a Riva del Garda, a casa della famiglia Daves. Intorno al tavolo di cucina, la mamma Leonia, il padre Mario e il fratello maggiore Bruno mi raccontano qualcosa di Samuele, morto suicida il 14 settembre 2015. Al di là di lustrini e chiacchiere, sono qui per capire qualcosa della sofferenza che c’è stata dietro la sua vita.

Milano
Riprende Mario: «Un giorno mi ha detto: “Papà, qui nel Trentino non riesco più a vivere, portami a Milano”. Soffriva dentro, ma non giudicava chi lo emarginava. Siamo partiti, nonostante avesse 38 di febbre. Ha fatto un colloquio di lavoro dal quale è uscito contentissimo, perché l’avevano preso nel mondo della moda. A 25 anni è dunque andato via di casa».

Samuele con il fratello Bruno
Samuele con il fratello Bruno

Bruno spiega: «Sono cresciuto con i soliti luoghi comuni per cui l’omosessuale è una persona debole, fragile. Eppure il pregiudizio non coincideva col fratello reale che avevo davanti. Simpatico e brillante, sapeva sempre tenere la scena: le persone che hanno avuto rapporti con lui, in 20 anni di lavoro, hanno sempre colto forza, entusiasmo, passione per la vita. Dietro certi modi di fare, intuivo però il dolore perché non si sentiva accettato. Doveva per forza buttarsi in certi mondi, era la sola strada per eccellere. Nel mondo della moda milanese la sua diversità era un punto di forza.

Anche l’approccio al femminile risultava facile: ha avuto amiche che l’hanno accolto, sostenuto, accompagnato, valorizzato. Scherzando mi diceva: “Vorrei un compagno come te, ma non lo trovo”. Ha avuto tante conoscenze, ma mai una relazione stabile. Non trovando un rapporto vero, a volte scivolava nella sessualità fine a sé stessa. Amava la bellezza. Ha viaggiato molto, sempre in nome della creatività, animando una scuola di moda; quando l’hanno chiusa, per lui è stata una devastazione psicologica. Ha avuto molte sofferenze professionali. Sono stati 20 anni di vita intensa, in ambienti lussuosi dove giravano i soldi. Solo quando tornava a casa a volte cadeva la maschera».

Donna

Samuelle Regina Daves
Samuelle Regina Daves

«Samuele ─ continua Bruno ─ era perfettamente consapevole che la dimensione dominante in lui era quella femminile. Durante tutta la sua vita c’è stata una graduale rielaborazione e comprensione di sé stesso, con fatica, fino alla decisione di declinare il suo nome al femminile: Samuelle. Per noi è sempre stato “il” fratello, ma ultimamente ci siamo trovati “la” sorella. Era giusto riconoscere questo passaggio, parlare a “lei” al femminile, perché sentivi che aveva trovato il suo essere e quindi chiamarla con quel nome significava accoglierla fino in fondo».

Interviene Leonia: «La decisione del cambio di sesso l’ha presa proprio perché pensava che in questo modo sarebbe stato accettato. Ma soprattutto lo faceva per gli altri. Mi diceva: “Pensa, mamma, a quelli che sono rifiutati, cacciati da casa perché i loro compagni non sono accettati, e vivono l’angoscia della solitudine. Io ho la forza di battermi per loro”. Ma nella mia cultura contadina il corpo è sacro, per cui ribattevo: “Dio ti ha fatto così, accettati, truccati e vestiti come vuoi, ma non farti operare”. Paventavo la possibile sofferenza e la devastazione del corpo.

Naturalmente intorno a lui c’erano altri personaggi che invece lo spingevano a farlo. Non c’è stato niente da fare. Lui mi spiegava: “Mi sento donna e voglio vivere come donna. Se non ho il seno come metto un abito femminile?”. A 40 anni ha fatto la cura ormonale e poi l’operazione per il seno. In parallelo ha iniziato la battaglia legale per il cambio del nome al femminile. Secondo l’avvocato le perizie psicologiche che aveva fatto erano state positive e avrebbe vinto la causa. L’operazione al seno è stata comunque per lui devastante, sia a livello psicologico che fisico. Aveva dolori continui».

L’ultimo anno
È ancora Mario che riprende il filo: «L’anno scorso mi ha telefonato: “Papà, vieni a prendermi, torno a casa, sto malissimo”. Era scoppiato dentro, non ce la faceva più. Abbiamo pianto insieme tutto il viaggio. Gli ho proposto di venire con me a Medjugorie: sono stati giorni bellissimi, gli altri del gruppo gli hanno fatto festa. Era generoso, aiutava chi era in difficoltà. Ha pagato anche per le persone emarginate come lui. Ha fatto colloqui con un frate francescano. A un amico morente di Aids, Samuele scriveva: “Dio è misericordioso. La Madonna ha braccia infinite e ci ama tutti. Ti voglio con me nel Paradiso”».
Bruno precisa: «A Milano stava per farla finita, ma poi ha pensato che prima doveva prepararsi e prepararci. Per questo è tornato a casa. La sua fatica di vivere gli faceva dire: “Non ce la faccio più, la faccio finita”, ma il rimpianto era sempre lo stesso: “Avrei voluto innamorarmi di qualcuno con cui condividere la vita puntando su ideali alti”.
Ha vissuto l’ultimo anno provando a rilanciare amicizie, lavoro, la causa in tribunale, un po’ di politica: essersi candidato alle elezioni ha fatto diventare di pubblico dominio il fatto che fosse transgender. Per il suo livello culturale è stato chiamato in tv come opinionista, da Chiambretti. Questo gli permetteva di impegnarsi per le persone come lui in difficoltà, e di rilanciare i valori che aveva condiviso in gioventù con i giovani dei Focolari, per esempio Omnia vincit amor.

La prima pagina del quotidiano del Trentino in occasione del funerale.
La prima pagina del quotidiano del Trentino in occasione del funerale.

Finito il programma tv, c’è stato l’ultimo crollo psicologico. Dentro era spento, non aveva più voglia. La mattina del suo compleanno, il 14 settembre, si è chiuso in camera e si è gettato dalla finestra. Ha lasciato una lettera: “Mamma e papà: solo grazie, ma sono più serena così. La vita mi è troppo grave, la fede vi sarà di conforto”».
Con gli occhi umidi, mamma Leonia ricorda che «è stata una creatura speciale, per sensibilità e amorevolezza. Dobbiamo ringraziare Dio di avercela donata, nella certezza che non può amarla meno di noi. Perciò ci ritroveremo nella Sua luce».
Per il funerale hanno concelebrato 12 sacerdoti. La chiesa era gremita di persone, credenti e no, alcune arrivate da Paesi lontani. Tutti l’hanno chiamata e ricordata al femminile. Come nome nuovo aveva scelto Samuelle Regina Daves. Regina, in onore della Madonna, Regina della pace.

“Il valore della persona deve prevalere sempre, a prescindere dalla sua sessualità”. Samuelle

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