Ci sono un po’ di europei in questa strabordante Italia

Un dominio mai visto per l’atletica italiana ai campionati europei, chiusi con un record di 24 medaglie: per usare ironia, ci sono un po’ di europei in questa Italia incredibile che ha monopolizzato il campionato continentale.
Da sinistra, i medagliati d'oro italiani, Matteo Melluzzo, Lamont Marcell Jacobs, Lorenzo Patta, Filippo Tortu, Roberto Rigali e Lorenzo Ndele Simonelli durante la cerimonia di premiazione del Campionato Europeo di Atletica Leggera allo Stadio Olimpico di Roma, 12 giugno 2024. Foto: ANSA/FABIO FRUSTACI

Mai così forti, mai così sicuri, mai così tante medaglie per la nostra atletica che, da quel magnifico pomeriggio a Tokyo, non smette più di stupirci.

Un Italia da record, dal salto alla corsa, al lancio
Cala il sipario sugli Europei di atletica con la nostra bellissima capitale che fa da cornice al bottino più cospicuo di sempre. Sono 24 le medaglie dei nostri azzurri, mai così tante prima. 24 medaglie, ma non solo numeri: 24 storie da raccontare, 24 ragazze e ragazzi che hanno realizzato il loro sogno da bambini, 24 che hanno lottato, sperato, vinto e poi, chissà quanti, ispirato. Ci vorrebbe una prima pagina per ognuno di questi ragazzi, non per la medaglia, quella fa solo numero, ma per la storia che c’è dietro ma, ahimè, non è possibile. Ci accontenteremo di una carrellata veloce e rimandiamo le presentazioni.

Cominciamo dagli ori, le prime a regalarceli sono due donne già nella prima giornata di gare: Antonella Palmisano nei 20 km di marcia e Nadia Battocletti nei 5000 metri e poi, lunedì oro bis nei 10.000. Arrivano poi tre ori in meno di un’ora sabato sera quando Marcell Jacobs, Leonardo Fabbri e Lorenzo Simonelli si sono imposti rispettivamente nei 100 metri, nel lancio del peso e nei 110 ostacoli con il secondo miglior tempo al mondo del 2024. Arriviamo poi a domenica con l’oro di Yeman Crippa nella mezza maratona e quello di squadra sempre nella stessa disciplina. Lunedì sera poi quello straordinario di Sara Fantini nel lancio del martello. Poi è arrivato lui, il nostro capitano, partito dal bassissimo questa volta, ma arrivato poi in alto, dove solo lui sa arrivare, in una finale da cardiopalma e con uno scherzo che gli perdoniamo solo perché è Gimbo. E chiudiamo con gli ori nella 4×100 maschile con Melluzzo, Jacobs, Patta e un Tortu che doveva riprendersi dalla “delusione” per l’argento nei 200 metri.

E passiamo agli argenti: quello di Valentina Trapletti dietro la Palmisano, poi la staffetta mista della 4×400 con Luca Sito, Anna Polinari, Edoardo Scotti e Alice Mangione. Si continua con il salto in lungo di Matteo Furlani, con un fantastico 8.38. Poi gli argenti di Chituru Ali, secondo dietro Jacobs nei 100 metri e di Pietro Riva, secondo alle spalle di Crippa nella mezza maratona. Continuando con le corse, il già citato argento di Tortu, quello di Alessandro Sibilo nei 400 ostacoli e quello della staffetta 4×400 maschile. Chiude con gli argenti Larissa Iapichino nel salto in lungo.

E chiudiamo con il metallo più leggero, si fa per dire, conquistato da Francesco Fortunato nella 20 km di marcia, Catalin Tucuceanu negli 800 metri, Zaynab Dosso, a un passo dall’argento nei 100 metri e un fantastico Pietro Arese nei 1500 metri. Ma non ci fermiamo qui, prossimo obiettivo: Olimpiadi. Queste le parole del nostro simpatico capitano, Gimbo Tamberi: «Andremo a Parigi con la voglia di spaccare tutto. Questa sera avevo la bandiera sporca di sangue, significa che lotteremo fino all’ultimo, vi assicuro che lo faranno tutti gli atleti».

La miglior nazionale di sempre
E sì perché, arrivati a questo punto, alle Olimpiadi ormai anche noi abbiamo tanto da dimostrare. C’erano una volta i 100 metri di Bolt, c’erano una volta i salti di Owens e poi c’erano i nostri azzurri, con il ricordo di Mennea che guardavano ammirati i grandi campioni. Poi la musica è cambiata, poi il miracolo: quel salto, quell’oro condiviso con un amico, quella corsa, quella vittoria impossibile, quell’inno di Mameli sul podio giapponese. E ci sono oggi i 100 metri di Jacobs, i salti di Tamberi e quelli della Iapichino, le staffette con Tortu e la lista potrebbe continuare ancora a lungo. Perché sì, la musica è cambiata: l’Italia c’è e si vede, ed è oggi tutta l’Europa – e non solo – a vederla perché è la migliore nazionale di tutti i tempi quella che abbiamo avuto la fortuna di vedere nella nostra capitale.

Ma lasciamo parlare i numeri: 5 ori e 12 medaglie complessive, questo il record di medaglie azzurre nel campionato europeo di Spalato nel 1990. 12 medaglie complessive il record fino a ieri, da oggi si raddoppia: sono ben 24 le medaglie conquistate nella nostra Roma. 11 ori, 9 argenti e 4 bronzi, mai ci avremmo neanche sperato ed eccoci, invece, in testa al medagliere, sul tetto d’Europa dalla nostra bellissima Roma, da oggi, città eterna ancora più di prima. Numeri assurdi, non solo per la nostra Italia che vive un momento di forte crescita, ma anche per tutte le nazioni che stanno sotto di lei e che si ritrovano a dover superare un abisso per raggiungerci.

Anche qui, non è il cuore colmo di emozioni a parlare, ma la logica e la razionalità della matematica: Italia prima con 11 ori, 9 argenti e 4 bronzi, dopo di lei la Francia con 4 ori, 5 argenti e 7 bronzi, poi il Regno Unito con 4 ori, 4 argenti e 5 bronzi… una differenza abissale, quasi imbarazzante specie per chi, fino a qualche tempo fa, doveva guardare questi numeri dal basso e a stento sognava una finale, figuriamoci vincerla. Ma oggi la musica è cambiata, oggi abbiamo i migliori atleti d’Europa, oggi siamo noi a guardare dall’alto, da casa nostra. Oggi qui per ricordarci che anche noi ci siamo, come in quel 3 agosto che ha cambiato la storia della nostra atletica: quel salto, quella corsa velocissima, quegli ori che stanno lì a ricordarci che se loro ce l’hanno fatta, che se Gimbo e Marcell ci sono riusciti, allora tutti possiamo farcela. E se questo è un sogno, per favore, non svegliateci e non svegliatevi, sognate e fateci sognare ancora “più veloce, più in alto, più forte”, fino a Parigi ed oltre.

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