Ci si può fidare dei segnali non verbali?
Recenti studi ritengono che i segnali non verbali siano un ottima presentazione della persona, anche se secondo gli esperti ci vogliono almeno 3 segnali per avere una prova. E della prima impressione ci si può fidare? In genere si ritiene di no, e si cerca di approfondire quanto più possibile la conoscenza prima di esprimere giudizi.
Tuttavia la nostra mente e il nostro corpo sono molto più abili di quanto crediamo nel riconoscere l’affidabilità delle persone nei primi trenta secondi di approccio interpersonale. Infatti, sono sempre più numerose le pubblicazioni su questo tema, tra i quali uno dei più conosciuti è “Perché mentiamo con gli occhi e ci vergogniamo con i piedi” scritto dai coniugi Allan Pease e Barbara Pease, psicoterapeuti australiani esperti di comunicazione e linguaggio del corpo, utilizzate da chi cerca di acquisire strumenti per orientarsi nella difficile arte della fiducia tra amici e conoscenti.
La sincerità e la menzogna, infatti sono inconsapevolmente accompagnate da segnali non verbali che vengono espressi sia con gesti fisici manifesti, sia con micromovimenti dei muscoli del viso, che pur essendo talvolta impercettibili a vista, sono nel complesso in grado di influenzare l’interlocutore che riesce nel complesso a captarli e decodificarli. Uno di questi è, ad esempio il sorriso, che può coinvolgere gli occhi con la formazione delle rughe attorno ad essi, indicando la sincerità del sentimento, oppure essere comunicato solo le labbra indicando distacco e freddezza. Un altro è il gesto di porre un indice sulle labbra durante una conversazione, come per fare silenzio, che indica l’intenzione di non voler o poter parlare, mentre passare le dita sulle labbra, indica un gradimento verso quello a cui si sta pensando. E si potrebbe continuare a lungo con i segnali spaziali, di allontanamento e avvicinamento, di orientazione e postura, fino ai segnali di rifiuto o gradimento e di tensione.
Uno studio della Northeastern University, pubblicato in questi giorni dalla rivista Mente e Cervello, ha dimostrato che in effetti quando abbiamo una “certa sensazione rispetto a qualcuno, potremmo essere nel giusto.” Lo studio ha adottato un sistema di sperimentazione in base al quale due persone volontarie, dovevano conoscersi per qualche minuto e successivamente iniziare un gioco economico in cui se avessero collaborato avrebbero guadagnato di meno individualmente, ma con un guadagno maggiore collettivo e viceversa.
I giocatori per capire se avrebbero potuto fidarsi l’uno dell’altro avrebbero fatto riferimento all’esperienza di conoscenza precedente? Se si, quanto avrebbero influito i segnali non verbali nella comprensione reciproca? Dai risultati è emerso che i soggetti che avevano interagito di persona erano molto più capaci di prevedere i comportamenti del giocatore avversario e che i segnali non verbali influivano nella comprensione di questi schemi per il 37%. Tuttavia, per i ricercatori il dato non può essere esaustivo se si considera l’accidentalità di alcune forma di comunicazione non verbale. Per questo è stato fatto un secondo esperimento con un robot programmato per agire come un uomo, capace di riprodurre i gesti del linguaggio del corpo durante l’interazione con le persone. Il risultato del test è stato lo stesso anche in questo caso. Infatti quando il robot ripeteva gli stessi gesti non verbali che erano risultati caratterizzare il comportamento egoista e non collaborativo, i giocatori volontari mostravano scarsa fiducia in lui.
Qual è allora il limite del linguaggio del corpo se, pur essendo così efficace, le persone sembrano non averlo ancora decifrato e adottato in modo da usarlo con maggiore considerazione? Il limite sta nel fatto che i giocatori volontari agivano in un contesto surreale e quindi erano in buona fede. In un contesto reale, invece, è facile trovare anche persone abili a mentire efficacemente proprio perché esperte di linguaggio del corpo.
Quindi, i segreti del linguaggio del corpo sono utili per migliorare la propria comunicazione e per comprendere gli altri, ma non consentono sempre di decodificare il comportamento di coloro che se ne servono per interessi personali. Eppure c’è un modo quasi sempre valido per comprendere e per gestire efficacemente i rapporti, quello della congruenza tra ciò che si dice e ciò che si fa, ossia l’etica, la teoria del comportamento, che ritroviamo nell’arte oratoria dell’antica Grecia. L’Ethos (etica), è il primo elemento della comunicazione accanto al Logos (comunicazione verbale) e al Pathos (comunicazione non verbale), altrimenti anche il nostro corpo prima o poi sarà la causa del nostro smascheramento, anche se allenati nell’arte della comunicazione non verbale.