Chris come Kurt? Un altro triste mistero rock

A soli 52 anni ci ha lasciato improvvisamente Chris Cornell, uno dei personaggi e delle voci più intense di questi ultimi decenni. Era stato il leader carismatico dei Soundgarden, band fondamentale del “grunge” degli anni Novanta

Impossibile, quando ieri  la notizia ha fatto il giro del mondo, non pensare a Kurt Cobain, l’iconografico frontman dei Nirvana scomparso suicida nel 1994. A differenza del collega, Chris Cornell ha avuto un’esistenza meno travagliata (per quanto venisse da una famiglia difficile), più lunga e più movimentata. Non era mai stato l’icona di una generazione, almeno non quanto il collega, per quanto moltissimi giovani dell’epoca d’oro del grunge s’identificassero nelle sue canzoni.

Chris Cornell

Chris non era un vero e proprio maudit, ma se n’è andato in modo altrettanto tragico e misterioso: non in gioventù come il suo alter-ego Kurt (scomparso a soli 27 anni), ma nella mezza età. E dopo le esaltanti avventure con i Soundgarden aveva dato vita ad altri progetti rockettari quasi altrettanto significativi come i Rage Against The Machine e gli Audioslave, intervallando qua e là la carriera con episodi da solista: cinque album in tutto, l’ultimo dei quali Higher Truth, uscito un paio d’anni fa.

Con i Soundgarden aveva scritto pagine fondamentali in quella ruvida e rustica reincarnazione del rock che esplose nel mondo a cavallo tra gli Ottanta e i Novanta. In particolare con l’album Superunknown, un best-seller da nove milioni di copie pubblicato nel ’94. Con i Nirvana di Cobain e i Pearl Jam di Eddie Vedder, il “giardino del suono” completava quella laicissima trinità rockettara che da Seattle lasciò un marchio indelebile in quella stagione musicale che si lasciava alle spalle il manierismo cotonato dei new-romantics per far spazio alle inquietudini dell’imminente nuovo millennio: suoni veraci, chitarre al vento, e camicie di flanella.  

Kim Thayil, Matt Cameron, Chris Cornell, Ben Shepherd

Ora se n’è andato anche lui, vassapere esattamente come e perché. In ogni caso si tratta dell’ennesimo shock per un ambiente che agli shock è abituato da sempre. L’epilogo in un albergo di Detroit, mentre era in tour con la sua mitica band, riformatasi nel 2010. Subito dopo la fine di un ennesimo concerto: “probabile suicidio” si sussurra in queste ore. Seguiranno chissà quante altre illazioni, ipotesi e speculazioni, perché anche di questo è spesso fatta la vita – e ancor più la morte – delle grandi stelle del rock.

 

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