Chiese sotto attacco
Un commando di terroristi è apparso domenica mattina durante la messa in una chiesa cattolica a Dablo, nel nord del Burkina Faso, sparando all’impazzata sui fedeli. Gli aggressori hanno ucciso sei persone, incluso il prete, prima di dare fuoco all’edificio. Secondo una fonte della sicurezza, l’attacco è stato condotto da un «gruppo di uomini armati stimato tra le venti e trenta unità» arrivato sul posto in motocicletta. Secondo testimoni, gli aggressori – dopo aver bruciato la chiesa -, se la sono presa con dei negozi e con un maquis, un ristorante-bar, prima di passare ad un ambulatorio medico dove hanno perquisito i locali e bruciato il veicolo della caposala.
Il Burkina Faso settentrionale è sottoposto alla violenza terroristica da quattro anni. Gli islamisti armati che vi si stabilirono all’epoca, hanno trasformato l’area in un campo di scontri intercomunitari. Gli attacchi sono sempre più frequenti e letali, attribuiti a gruppi jihadisti, tra cui l’Ansarul Islam, il gruppo di sostegno all’Islam e ai musulmani (Gsim) e lo Stato islamico del Grande Sahara (Eigs).
Quest’ultimo attacco è stato condannato all’unanimità in Burkina Faso dalle autorità, a cominciare dal capo dello Stato, Roch Marc Christian Kaboré, per il quale: «l’attentato è semplicemente inaccettabile», ha scritto. Parlando di un «attacco vigliacco e barbaro», il governo osserva che «dopo aver fallito nell’opporsi alle comunità con uccisioni mirate di capi locali e leader della comunità, i gruppi terroristici stanno ora attaccando la religione nel disegno perverso di dividerci».
Appena pochi giorni fa, degli uomini armati non identificati hanno attaccato anche la chiesa protestante di Silgadji, uccidendo quattro fedeli e il pastore anziano. Il 15 febbraio, invece, don César Fernández, un missionario salesiano di origine spagnola, è stato ucciso in un attacco armato contro i jihadisti a Nohao, nel Burkina Faso centro-orientale. A metà marzo, padre Joël Yougbaré, parroco di Djibo (Nord) era stato rapito da individui armati.
La rinascita drammatica di gruppi terroristici nella regione del Sahel e in particolare in Burkina Faso (il loro terreno di caccia preferito assieme a Mali e Niger) rimette sul tavolo la questione della presenza (o piuttosto dell’assenza) della forza Barkhane del G5 Sahel e del suo funzionamento. I jihadisti ora si muovono a loro agio su un territorio conquistato per la corrispettiva difficoltà delle forze di difesa africane, che sono surclassate dalla forza di fuoco, sorpassate dagli eventi, sorprese dagli attacchi e praticamente innocue.