Chiese evangeliche ed elezioni europee
Roma (NEV), 19 marzo 2014 – Il Consiglio della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei) ha fatto proprio un appello di quattro organizzazioni cristiane continentali in vista delle elezioni europee del prossimo maggio. Il testo – che ha per titolo “Si tratta dell'Europa. Si tratta di te”, insieme ad un altro testo prodotto dal Presidium della comunione di Chiese protestanti in Europa (Ccpe) – è stato elaborato congiuntamente dall'Aprodev (Associazione di 17 agenzie umanitarie continentali collegate al Consiglio ecumenico delle Chiese), dalla Conferenza delle Chiese europee (Kek), dalla Commissione delle Chiese per i migranti in Europa (Ccme) e da Eurodiaconia.
Sui motivi che hanno spinto il Consiglio della Fcei a far proprio l'appello e sull'importanza delle prossime elezioni del Parlamento europeo, abbiamo intervistato il pastore Massimo Aquilante, presidente della Fcei.
Qual è il senso di un appello di organizzazioni cristiane in vista delle elezioni europee del prossimo maggio, e perché la Fcei via ha aderito?
«Il Consiglio della Fcei ha deciso di far proprio l'appello lanciato da quattro organizzazioni ecumeniche e diaconali europee, condividendone la preoccupazione principale: che le prossime elezioni europee esprimano un voto contro qualcosa piuttosto che a favore di un progetto. C'è molta disillusione verso l'Europa, per le sue istituzioni distanti dai cittadini; per le politiche di rigore imposte per superare la crisi senza tener conto che colpiscono soprattutto gli strati più vulnerabili della popolazione.
«Non può stupire che oggi l'Unione sia percepita più come un problema e un ostacolo piuttosto che la fonte di possibili soluzioni. E che, di conseguenza, il prossimo voto esprimerà questa protesta, un “essere contro” potenzialmente disgregante, a favore delle rivendicazioni nazionali e a detrimento dell'Unione. Per gli evangelici italiani, l'Europa è un orizzonte irrinunciabile: lo è stato nel passato, quando in tempi di intolleranza e persecuzione, i contatti con le nazioni europee protestanti sono stati vitali per la nostra stessa sopravvivenza fisica in Italia. Lo è stato nel secondo dopoguerra, nell'aderire alla Conferenza delle chiese europee, un organismo ecumenico nato per gettare ponti tra l'est e l'ovest del continente durante la Guerra fredda. Lo è oggi ancora, quando la crisi ucraina mostra quanto poco ci voglia a strappare la trama della pace.
«Vogliamo che le prossime elezioni siano un'occasione per affermare un progetto piuttosto che una protesta, una visione dell'Europa proiettata verso un futuro di pace e giustizia».
Qual è dunque la visione di Europa che intendete sostenere?
«Innanzitutto, un'Europa più vicina ai cittadini e capace di dar forma e voce alle tante diversità che compongono le società del continente, ormai multiculturale, multietnico, multireligioso. I punti essenziali di questa visione sono ben definiti dall'appello delle organizzazioni europee, primo fra tutti la necessità di non far ricadere sui cittadini più vulnerabili i costi del risanamento economico. L'esclusione sociale, l'alto tasso di disoccupazione che arriva a percentuali inaudite per quel che riguarda i giovani, non possono essere considerati semplici effetti collaterali di politiche necessarie; rappresentano invece un costo sociale inaccettabile che l'Unione deve tener presente tanto quanto i deficit di bilancio. E poi, la difesa dei diritti umani, l'accoglienza di migranti e stranieri, la protezione dell'ambiente, la lotta alla povertà in un mondo globalizzato. Vorremmo che il voto europeo potesse dar concretezza a questa visione attorno alla quale, come cristiani, ci impegniamo ad aprire un dibattito e a interloquire con i candidati di ogni schieramento».
Tra i temi che ha appena indicato, ce ne sono alcuni rispetto ai quali le Chiese evangeliche italiane hanno un loro specifico punto di vista da esprimere?
«Credo che come evangelici italiani abbiamo alcuni punti specifici da far valere. Un'Europa dei diritti è anche un continente in cui la libertà religiosa viene affermata e garantita senza ombre, nel contesto di società ormai multireligiose. In Italia, per esempio, questo ancora non avviene, anche per la mancanza di una legge organica sulla materia che il Parlamento dal 1948 ad oggi non ha mai ritenuto di dover varare. Ma certamente di valenza europea è la questione delle politiche migratorie e di accoglienza per rifugiati e migranti. Come abbiamo visto nei drammatici giorni degli sbarchi a Lampedusa, con la morte di centinaia di persone a poca distanza dalle nostre coste, è solo con una politica europea coerente che si possono mettere in atto procedure che preservino vite umane, rispettino i diritti umani, combattano il traffico di esseri umani e regolino l'accoglienza nei diversi stati dell'Unione. Su questi due fronti le chiese evangeliche italiane sono in prima linea da anni e possono certamente contribuire al dibattito a livello europeo».