Chiesa, la speranza fiorisce nelle relazioni
Si è concluso domenica 10 novembre il convegno “Chiesa, volto di speranza”, organizzato dal Movimento dei Focolari, che da giovedì 7 ha radunato circa mille persone al centro internazionale dell’Opera di Maria a Castel Gandolfo.
Sono stati giorni in cui si è respirata la gioia di rivedersi di persona, numerosi, come in altri tempi. Persone appartenenti all’Opera e non si sono date appuntamento per approfondire il significato di essere Chiesa oggi, e tracciare nuovi cammini verso una realtà di Chiesa aperta e unita.
Dopo la calorosa accoglienza giovedì sera in un clima di festa per il tanto atteso rincontro, il programma è iniziato venerdì con il saluto dei corresponsabili del Movimento dei Focolari in Italia e Albania, Cristiana Formosa e Gabriele Bardo, al quale è seguito l’intervento del prof. don Vincenzo Di Pilato, che ha parlato del ruolo di Maria come madre dell’umanità, al centro della Chiesa e al servizio dei poveri.
Particolarmente rilevante è stata la riflessione del card. Giuseppe Petrocchi, che ha parlato del carisma dell’unità nell’oggi della Chiesa. Per capire come e quale Chiesa essere, il cardinale ha affermato che bisogna «rintracciare le linee dell’essenzialità». Secondo lui, «se viviamo male la Chiesa in uscita provochiamo l’uscita dalla Chiesa», per cui la chiave è non «di avere il cuore nel mondo, ma il mondo nel cuore». Inoltre, ha denunciato la “patologia dell’egologia“, che induce a comportamenti autolesivi, e ha assicurato che «chi fa del male si fa male e fa star male».
Il cardinal Petrocchi ha altresì sottolineato la vocazione dei cristiani a essere generativi e a vivere la “sinodalità domestica”, e ha posto l’attenzione sulla centralità delle relazioni umane. «Ogni carisma è una nota che deve accordarsi con tutti gli altri carismi nel grande pentagramma che si chiama Chiesa», ha concluso.
Nel pomeriggio, i partecipanti al convegno hanno ascoltato l’esperienza di vicinanza agli ultimi fatta dalle comunità nel portare Dio nelle strade della vita, come facevano i primi cristiani. Un altro momento fondamentale è stato quello della condivisione in piccoli gruppi, che ha permesso di ascoltare un maggior numero di testimonianze e di farsi dono comunicando agli altri quanto esperimentato in prima persona.
Sabato 9, la dottoressa Marina Castellitto e l’avvocato Carlo Fusco, entrambi impegnati nelle cause dei santi, hanno parlato della chiamata universale alla santità. Al fine di mettere in rilievo questa vocazione collettiva, questa “santità di popolo” a cui nel suo tempo richiamava anche la fondatrice del Movimento Chiara Lubich, hanno presentato le 29 cause di beatificazione e canonizzazione in corso nell’ambito dell’Opera di Maria.
In seguito, la sottosegretaria del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, dott.ssa Linda Ghisoni, ha approfondito la figura di Maria come esempio e fonte di speranza: così come Lei riceve ai piedi della Croce una chiamata nuova alla maternità e alla generatività, noi «siamo convocati da una promessa che ci raggiunge nei nostri spazi quotidiani», chiamati ad accogliere un invito sempre nuovo alla santità. La dottoressa ha voluto citare papa Francesco per ricordare a cosa sono chiamati i cristiani oggi: «Desidero una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza», e ha incoraggiato i partecipanti al dialogo e alla conversione vera, superando la tentazione di credere che ciò che facciamo come gruppo o movimento possa andare bene per tutti.
Durante il programma è stata messa in evidenza l’importanza di riscoprire la vita sociale e politica come trama di relazioni umane. In questa direzione, Argia Albanese, presidente del Movimento politico per l’unità, ha ricordato che la politica è uno strumento per portare l’unità nel mondo, e che la democrazia è un bene prezioso da custodire. Anche lei ha voluto concludere con le parole del Santo Padre, pronunciate durante la 50esima Settimana sociale dei cattolici in Italia: «Vi auguro di essere artigiani di democrazia e testimoni contagiosi di partecipazione».
Il resto della giornata è stato dedicato alla condivisione di esperienze e buone pratiche, da quella del Centro Evangeli Gaudium e il Movimento diocesano di Pesaro e Fermo, a quella della Consulta Nazionale delle Aggregazioni Laicali, alla dimensione familiare dell’accoglienza. In questo contesto, è stata messa in secondo piano l’appartenenza a un determinato carisma per dare passo alla fraternità.
Domenica 10 sono intervenuti la presidente del Movimento dei Focolari, Margaret Karram, e il co-presidente, Jesús Morán. Nella sua introduzione, Karram ha sottolineato la vocazione profondamente missionaria del Sinodo, al cui ha partecipato insieme a persone di altre 128 nazioni, e ha annunciato l’inizio di una nuova tappa, quella di «una sinodalità diffusa che raggiunge tutta l’umanità attraverso la testimonianza di coloro che abbiamo vissuto il cammino».
Da parte sua, Morán ha affermato che «la speranza è un atteggiamento spirituale: sperare significa dare credito alla realtà, ci fa credere nel futuro. Non è un ottimismo a buon mercato, nasce dalla tribolazione, anzi, dalla disperazione; più siamo vicino all’abisso più questo seme fiorisce». E ha aggiunto: «È una virtù comunitaria, ci lancia verso il noi, che diventa amore concreto verso il fratello».
Rispetto all’Opera di Maria, la presidente ha sottolineato: «Siamo un movimento laico, e questa laicità è essenziale. Il nostro carisma è l’unità, noi dovremmo vivere la Chiesa comunione». A sua volta, il co-presidente ha dichiarato: «Non dobbiamo essere né molti né pochi, ma quelli giusti per essere fermenti di unità».
A conclusione del convegno, i partecipanti hanno commentato che «la speranza si è riaccesa come fuoco», un’ulteriore conferma del fatto che puntare sulla dimensione comunitaria sia la strada da percorrere per essere la Chiesa ai giorni nostri.
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